Una nuova intervista arriva sul nostro portale, quella a Salvo Fuggiano autore di Una ferita aperta. Un giallo edito da Les Flâneurs Edizioni ambientato in Puglia.

Buongiorno Salvo,
siamo liete di averti come ospite sul nostro portare informativo. Qui di seguito ecco le domande che abbiamo pensato per te.
Salvo, so che fai parte degli autori della casa editrice Les Flâneurs Edizioni, con cui hai pubblicato Una ferita aperta, primo volume di una trilogia. Raccontaci qualcosa riguardo alla trama di questo libro.

Una ferita aperta (Les Flâneurs Edizioni) prende spunto da una storia realmente accaduta: la vicenda dei due fratellini di Gravina Di Puglia, Ciccio e Tore, scomparsi nel giugno 2006 e ritrovati mummificati nel 2008.

È un romanzo dove finzione e realtà si mescolano per raccontare un tema difficile ma attualissimo: la pedofilia. La storia, che cerca di riportare l’attenzione su quei fatti reali, parte come una sorta di flusso di coscienza innescato dal ritorno di Salvatore nella sua terra, per il funerale della mamma con cui non ha rapporti da anni.

Ritornare tra le mura della casa natale rende ancora più doloroso il ricordo della morte del fratello e Salvatore viene spinto a scoprire la verità su quanto accaduto tanti anni prima. Suo unico rifugio: la scrittura. Isola di salvezza in un periodo difficile della sua vita. E mentre completa i vari capitoli del romanzo-inchiesta sulla pedofilia, ricostruisce anche il doloroso puzzle del suo passato.

Un romanzo intrigante che tiene in suspense il lettore fino alle ultime pagine. E quando si pensa che ormai il mistero sia stato svelato, si scopre una terribile verità che ribalta tutta la storia.Un libro fortemente consigliato, per riflettere su un fenomeno che purtroppo è ancora una triste realtà.

Questo libro è anche candidato a diventare una serie tv. Un grande successo insomma! Come ti senti a riguardo? Deve essere una grande emozione.

Come mi sento? Emozionato, certo perché vuol dire che la storia trasmette qualcosa. Tutto è cominciato quando mi sono sentito con Dario Piana (regista di spot ma anche del film Le morti di Ian Stone) il quale si è subito interessato al libro quando era ancora un manoscritto non ancora pubblicato. Ne è rimasto affascinato e oggi stiamo pensando a farne un progetto televisivo.- sarebbe fantastico. Un sogno che diventa realtà.

In questa trilogia tratti delle tematiche piuttosto forti, come la pedofilia. È un male che ti sta particolarmente a cuore?

La pedofilia è un argomento che deve essere compreso bene da tutti, quindi è bene spiegarlo con semplicità: la pedofilia è un abuso sessuale perpetrato a danno di minori.

Per combattere la pedofilia prima di tutto bisogna conoscerla, parlarne e non solo nei mass-media, ma anche nelle scuole con i genitori per esempio, (pedofili sono spesso persone vicino al minore, più vicini di quanto si possa immaginare). Da qualsiasi punto arrivi la pedofilia è da condannare.

Le colpe di un uomo non lavano quelle di un altro.

C’è stato un momento, durante la stesura di Una ferita aperta, in cui hai avuto difficoltà a proseguire? In cui sei dovuto tornare sui tuoi passi?

No, o almeno non in maniera evidente. La storia è nata di getto, volevo dar voce alle vittime di pedofilia e far comprendere cosa significhi essere un violato, come si vive, come ci si sente e a quali conseguenze si arrivi. Cosa si può diventare, perché molto spesso la vittima poi diventa il carnefice. C’è tanta rabbia e angoscia in queste pagine, lo scopo era trasmettere sentimenti seppur contrastanti nel lettore ma arrivare a un obiettivo: la pedofilia esiste e bisogna parlarne sempre.

Hai dovuto condurre molte ricerche, reperire tante informazioni prima di iniziare il libro? È stato difficile documentarti?

Come ho già detto parte da fatti realmente accaduti, quindi è stato fondamentale far ricerche in proposito proprio per rendere la vicenda più vera possibile, il resto naturalmente è fiction… Ho fatto ricerche soprattutto nel modus operandi del serial killer. La rete è stata importante in questo caso perché ho rispolverato un rito tibetano ormai in disuso: la sepoltura celeste o a cielo aperto fatta dai monaci tibetani fino agli anni 60.

Parlaci un po’ di te. Cosa ti ha spinto a seguire il sentiero tortuoso della scrittura?

Sono una persona che ama mettersi sempre in gioco nella vita e non riesce proprio a star fermo. Insegno, ho una libreria da 15 anni, ho lavorato come guida turistica e poi è spuntata fuori dal mio io la scrittura. Ho vissuto un periodo non facile della mia vita e la scrittura è stata catartica, mi ha aiutato a superare alcune difficoltà e a sconfiggere alcuni mostri personali che prepotentemente, a quasi 50 anni, stavano cercando di risalire in superficie nonostante abbia sempre cercato di tenerli a bada, sotto la superficie.

Immagino che tu scriva prevalentemente generi thriller/gialli. Cosa consiglieresti a uno scrittore alle prime armi che avesse intenzione di cimentarsi in questi generi letterari?

Prima di tutto consiglio di leggere tanto e generi diversi. Poi tentare, cercare di assecondare la nostra natura, i sacrifici prima o poi ti ripagano e se si ha qualcosa da raccontare bisogna farlo.

Per concludere, quali sono i tuoi progetti futuri? Oltre a questa trilogia, hai qualche nuova idea in mente?

Progetti futuri: l’uscita del secondo capitolo della trilogia (Spasmo); riprendere le presentazioni in giro per l’Italia che tanta fortuna mi hanno portato. È già pronto il terzo capitolo conclusivo della trilogia, e in questi giorni sto scrivendo una nuova storia.

Per ora top secret: ma è sempre un thriller un po’ diverso dai tre precedenti. Il Salvatore di carta ha ancora tanto da raccontare. Perché il male non si presenta mai sotto la stessa forma, ci inganna, ci gira in torno… ci seduce.

 

Grazie infinite Salvo per aver partecipato alla nostra intervista, regalandoci un po’ del tuo tempo. Siamo felici di averti avuto qui con noi.

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