Una nuova intervista approda, è il caso di dirlo, sul nostro portale. Questa volta abbiamo con noi Paolo Andrico e Paolo Corbetta di cui abbiamo recensito qualche giorno fa il primo capitolo di The Drunk Fury.

Buongiorno Paolo,
Buongiorno Paolo M,
siamo liete di ospitare voi e il vostro libro The Drunk Fury. La nascita della fratellanza sul nostro portale informativo. Visto che siete in due, come i personaggi principali della vostra storia, vi chiediamo di porre il vostro nome davanti alle risposte, in modo da distinguervi, grazie. Qui di seguito, ecco le domande pensate apposta per voi.

La nascita della fratellanza è il primo volume di una trilogia. Lo potremmo definire la base su cui cresceranno le avventure dei vostri protagonisti. Da cosa è nata l’idea? Perché avete scelto la strada della pirateria?

Paolo Andrico: Come tutte le grandi avventure l’inizio del nostro viaggio ha a che fare con pochi semplici ingredienti: amicizia, passione e rum. Prima di decidere di scrivere insieme siamo stati infatti amici per tanti anni, sapevamo di avere entrambi la passione per la scrittura e la letteratura – in particolare romanzi classici, storici, gotici e fantasy – e infine abbiamo consumato abbondanti dosi di rum, perché per parlare di pirati bisogna innanzitutto essere pirati. Come mai proprio la pirateria? Perché permette di parlare di un mondo affascinante, ricco di ideali e avventure, storia e romanticismo, guerriglia e libertà.

Paolo M. Corbetta: Tutto è nato da un libro – Pirati. Dall’Olonese a Barbanera di Mario Monti – e da una foto che avevo inviato a Paolo nel luglio del 2017, con cui gli chiedevo se lo avesse letto. Ovviamente lo aveva in casa anche lui, e il giorno dopo mi propose di cimentarci in un racconto a quattro mani sulla pirateria. Al tempo io lavoravo a Ginevra, lui invece era a Milano. Il primo weekend libero l’ho raggiunto e in poche ore, tra un boccale e l’altro, la trama aveva già preso forma. Di lì a breve, la prima lettera fu spedita. Per quanto riguarda il tema, la pirateria nutre da sempre l’immaginario delle persone: i pirati erano certamente criminali feroci, ma parecchi lo diventarono a causa della colonizzazione e della brutale disciplina che vigeva sulle navi delle marine di molteplici Paesi. Ciò non giustifica i massacri e le razzie, ovviamente, ma penso che sia troppo semplice dividere il mondo in bianco e nero senza tener conto del contesto storico-sociale.

Cosa vi ha spinti a scegliere la corrispondenza epistolare come stile di scrittura? In questo modo avete avuto la possibilità di immergervi più a fondo nei personaggi, di dare loro maggior spazio?

Paolo Andrico: Vista la distanza, era fondamentale dividerci il lavoro in blocchi. Inoltre, ragionando sulla trama, il primo pensiero è stato capire come sfruttare al meglio la scrittura a quattro mani e come giustificarla. La risposta è stata quindi creare due alter ego – il pirata-baleniere Jack Tyler (il mio) e il pirata-rivoluzionario Paul Dragon (quello di Paolo) – che avessero la necessità di scriversi lettere per raccontare un’avventura lontana, che non doveva essere dimenticata. Da lì è seguita la suddivisione su due livelli temporali: il passato dei protagonisti (1702) e il loro presente (1718), che si scopre essere altrettanto ricco di pericoli e nuove avventure.

Paolo M. Corbetta: La corrispondenza epistolare è nata quasi in maniera naturale, seguendo il flusso della storia e ricalcando la nostra reale corrispondenza. Sull’immergersi nei personaggi, sicuramente sì: non puoi scrivere di qualcuno senza empatizzare con lui, calarti nella sua psicologia, nella sua storia personale e nel contesto. Per rimanere fedeli ai rispettivi alter ego abbiamo anche stilato le biografie di Jack e Paul, che poi sono finite nelle appendici del romanzo. Ci siamo chiesti: quante volte, da lettore, avresti voluto conoscere la storia dei personaggi prima delle vicende narrate?

Scrivere a quattro mani non deve essere semplice. Come avete fatto a gestire il lavoro? Ci sono stati momenti in cui le vostre idee si sono scontrate?

Paolo M. Corbetta: Quando scrivi da solo puoi lasciar veleggiare la fantasia e la creatività, senza limiti, ma in due è più complesso, devi coordinarti, perciò abbiamo escogitato un metodo molto semplice: in ogni capitolo o lettera, devono succedere determinati fatti decisi insieme, ma come ci si arriva è lasciato a chi scrive. In questo modo, ogni parte è una scoperta non solo per lettori e lettrici, ma innanzitutto per noi stessi, e vi assicuro che tutte le volte è un’emozione unica!

Paolo Andrico: Scrivere un romanzo a quattro mani può risultare strano in effetti, perché la scrittura è sempre vista come un atto individuale, come qualcosa di molto personale. Noi abbiamo voluto sfatare questo tabù, dimostrando che in due non ci si tarpa le ali, anzi, la potenza di fuoco raddoppia! E poi ci siamo divertiti tantissimo. Noi siamo sempre stati molto democratici, un po’ come i nostri pirati, e il fatto di essere amici da tanti anni sicuramente ci ha aiutati. Se abbiamo avuto qualche discussione? Ovvio, alla fine è un po’ come un rapporto di coppia! Ma in generale è andato tutto liscio, perché abbiamo uno stile di scrittura e un modo di vedere il mondo molto simili.

Una domanda per Paolo Andrico. C’è molto di Herman Melville in Jack Tyler, il tuo personaggio; possiamo considerarlo un omaggio al grande autore di Moby Dick?

Paolo Andrico: Questa domanda farà sicuramente sorridere il mio socio, dato che ho quasi un’ossessione per Melville: basti pensare che a casa ho una decina di edizioni di Moby Dick… Si tratta di un libro che ha cambiato il mio modo di scrivere e vedere il mondo, e mi sento quindi in un certo senso in debito con Melville, anche a distanza di oltre 150 anni. Questa trilogia, quindi, è anche un omaggio al grande autore americano: parte della trama è infatti incentrata, oltre che sulla pirateria, proprio sui balenieri e sulla caccia al Leviatano. Jack Tyler è una sorta di Ismaele, la voce del racconto (e alcuni tratti della sua biografia ricalcano quelli dello stesso Melville), mentre la figura del capitano John si avvicina di più a quella di Achab. Ah, un’ultima cosa: “Laggiù, soffia!”.

Una domanda per Paolo M Corbetta. Il passato del tuo protagonista, Paul Dragon, è molto travagliato. E nonostante se ne faccia un accenno poco approfondito, mi ha colpito molto il personaggio di sua madre, Lena Fleur, una gitana erborista. Qualcuno in particolare ha ispirato la sua figura?

Paolo M. Corbetta: Lena è una gitana, sì, figlia dei romaní. Da noi si sentono praticamente solo storie negative su di loro, vi è un razzismo esasperante, e certo esistono situazioni difficili, ma ciò non giustifica la generalizzazione. Neanche a noi piace quando all’estero ci identificano con la mafia, no? Sono popoli affascinanti, fieri, tenaci. Al contempo, Lena preserva alcune arti perdute, quelle che in altri secoli sono state definite stregonerie. Mi piaceva immaginare una donna libera, indipendente, anche selvaggia, legata a racconti che mi hanno sempre appassionato. In questo, le storie sulle persecuzioni dei romaní e delle streghe sono state di grande aiuto, oltre ad alcune persone particolari che hanno incrociato la mia vita.

Mi sono affezionata inspiegabilmente al Capitano Vince. Avete creato insieme questo personaggio?

Paolo Andrico: Vince è uno dei personaggi che anche a noi è piaciuto di più mettere in scena: severo, affascinante, spietato coi nemici ma leale con gli alleati. È un personaggio tormentato ma anche quello a cui tutti si affidano, come una sorta di sovrano reietto. Lo abbiamo creato insieme, pensando ai grandi pirati del passato, in primis Barbanera. E vedrete che i due avranno molte cose in comune…

The Pirate's Hand : a romance of heredity

“The Pirate’s Hand : a romance of heredity”British Library

Paolo M. Corbetta: Vince è il capitano pirata per eccellenza: spietato, totalizzante, una personalità magnetica devota alla guerra e al saccheggio, con un suo personale codice d’onore. Entrambi volevamo una figura del genere, e a poco a poco è emerso Vince, perché spesso i personaggi crescono da soli con lo sbrogliarsi della trama. In questo, ci ha aiutati tantissimo Camilla Guerra, la nostra amica che ha disegnato i personaggi più importanti della storia, i cui ritratti si trovano nelle appendici del libro.

Gli usi e i costumi pirateschi ricoprono una parte importante nella storia. Avete svolto tante ricerche per attenervi il più possibile alla realtà, o molti dettagli sono inventati?

Paolo Andrico: Abbiamo deciso di scrivere questo libro proprio perché siamo appassionati di saggi e romanzi storici. Quindi per prima cosa abbiamo studiato e ci siamo informati per rendere il tutto coerente con la Storia; a questa abbiamo poi aggiunto elementi di fantasia, ma inseriti sempre in un contesto attendibile. La cosa fondamentale in un romanzo è costruire un mondo credibile: fatto questo, non resta che far muovere i personaggi.

Paolo M. Corbetta: Lo studio è stato ed è ancora una parte fondamentale della nostra trilogia: leggiamo in continuazione sugli argomenti più disparati. Inoltre, le nostre tre editor – Giulia (di Bookabook), Giulia (fidanzata di Paolo) e Mariacristina (mia sorella) – sono sempre fenomenali e attente.

Una domanda per Paolo Andrico. Come definiresti l’esperienza di scrittura con Paolo M Corbetta?

Paolo Andrico: È come uscire con un amico a prendere una birra: parti con la prima e non sai mai a quante pinte ti fermerai. E così è la nostra scrittura. All’inizio doveva essere un unico romanzo, poi è diventata una trilogia. Tutta questa storia della Drunk Fury è un’avventura incredibile, e siamo solo all’inizio.

Una domanda per Paolo M Corbetta. Pensi che Paolo Andrico sarebbe un buon compagno con cui solcare i sette mari?

Paolo M. Corbetta: Paolo è più di un amico, è un fratello. Però non userei il condizionale: è un ottimo compagno di avventure, e abbiamo in programma dei viaggi. Quando tutto questo finirà, ovviamente.

Per concludere, c’è qualcuno in particolare a cui dedichereste questo libro?

Paolo Andrico: Dedichiamo questo libro a tutti coloro che sono saliti sulla nave con noi in questi anni, tra amici e familiari: c’è un po’ di ognuno di loro in questo folle viaggio. E poi anche a chi in questa fase si trova in difficoltà, con la speranza che la Drunk Fury possa infondere forza e coraggio per affrontare la vita con lo spirito dei pirati.

Paolo M. Corbetta: Se vuoi una dedica generale, questo libro è per chi sogna, per chi non si arrende davanti alla paura, alle ingiustizie, alle prepotenze. Il mondo viene cambiato da loro, anche nei piccoli gesti. E poi, è per tutte le persone che lavorano per il bene comune, perché possa essere di compagnia o magari offrire spunti di riflessione su alcuni dei temi che trattiamo all’interno.
Se ne vuoi una personale, però, questo libro è dedicato ai miei fratelli e sorelle. Non sarei ciò che sono senza di loro.

Vi ringrazio per averci dedicato un po’ del vostro tempo. In questo momento di preoccupazioni, lasciarsi cullare dalle ali selvagge della pirateria può essere il giusto modo per superare le paure.

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