Fin dalla sua uscita, Train to Busan si è guadagnato una fama e un apprezzamento totalmente meritati. Si è cementificato quasi subito come uno dei film migliori del rinascimento horror degli ultimi anni e ha trascinato con sé la possibilità di espandere il suo universo narrativo con altri due lavori, uno precedente e uno successivo: Seoul Station e Peninsula. Tuttavia, il successo immediato di Train to Busan potrebbe non essere stato abbastanza per assicurarsi che anche il suo prequel e il suo sequel mantenessero lo stesso livello di qualità.

Nel corso di questa settimana cercheremo di esaminare uno per uno – a cominciare da Seoul Station, creato prima di Train to Busan ma rilasciato nei cinema solo dopo il successo di quest’ultimo – gli elementi di questo universo narrativo e di trovare cosa li accomuna e cosa li distingue.

Trama

Film di animazione che ci racconta degli avvenimenti precedenti a quelli narrati da Train to Busan, Seoul Station ci trasporta in una Seul dove un uomo cerca disperatamente sua figlia scappata di casa mentre sullo sfondo della città il governo fatica a contenere le conseguenze di un’infezione zombie.

Recensione

Se c’è una cosa che accomuna Seoul Station, Train to Busan e Peninsula – a parte il regista – è l’universo narrativo in cui si svolgono.

Tutti e tre i film ci trasportano non solo in una Corea del Sud vittima di un’improvvisa epidemia zombie, ma anche in una Corea dove questa stessa epidemia è aiutata da un clima di classismo e di egoismo che pervade le storie dei personaggi protagonisti di ognuno.

Seoul Station e le relazioni di classe

Nonostante l’argomento sia trattato e ricorrente in tutti e tre i film, Seoul Station è sicuramente quello in cui è più evidente e in cui la disparità tra le persone che inabitano la città diventa un vero e proprio punto portante dell’intera storia.

La prima vittima dell'epidemia zombie di Seoul Station

© IMDb

Questo film di animazione è stato prodotto in precedenza rispetto a Train to Busan e, a differenza di quest’ultimo che è un vero e proprio action-horror, Seoul Station è molto più improntato a fornire una cronaca sociale del trattamento delle persone ai margini nella Corea del Sud.

Si percepisce fin dai primi momenti e dalla scelta dei protagonisti che l’intento del film sia questo. La storia, infatti, segue principalmente le vicende di una ragazza che scopriamo essere stata costretta alla prostituzione per sopravvivere dopo essere fuggita di casa, e di suo padre che cerca di ritrovarla.

I protagonisti sono ideali per guidarci in questa Seul dove l’epidemia zombie peggiora anche a causa di pregiudizi e del classismo pervasivo che li circonda.

La prima vittima dell’epidemia del film è un uomo senzatetto i cui improvvisi e violenti sintomi vengono presi sul serio soltanto da un amico che si trova nella stessa situazione di povertà ed è immediatamente chiaro che se la malattia non si rivelasse poi essere un pericolo per la società nella sua interezza, la morte di quest’uomo non farebbe batter ciglio a nessuno al di fuori di questa sfera sociale.

La protagonista

Uno dei personaggi principali di Seoul Station, Hye-Sun.

© IMDb

Se quest’uomo dà inizio al conflitto della storia, la persona che ci guida invece nel resto della narrazione è principalmente Hye-Sun (doppiata da Shim Eun-kyun), una ragazza che, come abbiamo già detto, si ritrova in povertà e senza rifugio per le strade di Seul dopo aver rotto con il suo findanzato che vuole spingerla di nuovo a prostituirsi.

Nonostante Seoul Station sia improntato a parlarci di un problema molto più grande dei suoi singoli protagonisti, la narrazione tenta comunque di farci tifare per Hye-Sun mentre cerca di salvarsi dall’epidemia. E ci riesce.

Per tutto il film cresce il desiderio di vedere Hye-Sun e suo padre riuniti e si fa il tifo per la sua sopravvivenza e per il successo di suo padre fino al finale inaspettato.

Il padre e il fidanzato di Hye-Sun in Seoul Station.

© IMDb

Nonostante prima di scoprire l’ultimo colpo di scena si arrivi a provare un certo affetto per la protagonista, c’è un senso di passività che Hye-Sun non riesce a scrollarsi di dosso per l’intero film. La ragazza continua, scena dopo scena, a fare scelte sempre più stupide e a dimostrare un’inattività che molto spesso la porta al confine più estremo del rischio. Il tutto culmina in una frustrazione dello spettatore che rende difficile mantenere quel senso di solidarietà che il film tenta così fortmente di instraurare.

Stile e finale

Se c’è sicuramente una cosa che redime Seoul Station è il finale. Sinceramente inaspettato, ma non in maniera insensata come spesso succede con alcuni colpi di scena, il finale di Seoul Station riesce a darci una piccola vittoria seppure molto diversa da quella che durante la visione lo spettatore si era arreso all’idea di non ottenere.

Gli zombie di Seoul Station.

© IMDb

Hye-Sun riesce a rifarsi anche se solo in modo minimale su alcune delle ingiustizie della sua vita. Tutto ciò, però, non prima di provocare con la sua inattività conseguenze negative per le persone che la circondano.

Mi piacerebbe poter dire che, nonostante una storia che non mi ha appassionata, lo stile del film sia stato abbastanza da tenermi attaccata allo schermo, ma purtroppo non è questo il caso.

Nonostante io riconosca che, abituata a un tipo di animazione occidentale, lo stile di disegno mi risulta sgradevole anche per questo, c’è poi da dire che l’animazione stessa non è altro che visivamente fastidiosa. I movimenti sono esagerati ed incostanti, le azioni sembrano artificiali e robotiche, e tutto ciò è accompagnado da uno stile artistico che non riesco a definire null’altro che brutto e una storia che alla fin fine ti fa pensare di aver sprecato un’ora e quaranta della tua vita diventano una ricetta per un senso di frustrazione ed amarezza che sono tutto ciò che finisce per lasciarti il film.

Train to Busan

Nel prossimo articolo, daremo un’occhiata al secondo film di questo trio, Train to Busan, e ad alcune delle cose che lo differenziano da Seoul Station.

Autore