Nel 1978, Ralph Bakshi lavora alla prima trasposizione cinematografica de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien. Questo film d’animazione ha conquistato un posto nel cuore di molti bambini fino alla metà degli anni ’90, per poi svanire nell’etere. Oggi vogliamo offrirvi un breve resoconto di quest’opera che può entrare di diritto nella nostra rubrica Memorie dimenticate.

Trama

Il film ci racconta della partenza di Frodo Baggins dalla Contea, dell’incontro degli Hobbit con Aragorn, del viaggio fino a Gran Burrone e della nascita della celebre Compagnia. Segue poi la spedizione verso Mordor, il passaggio nelle Miniere di Moria, dove Gandalf morirà, e la breve visita presso i Boschi di Lórien. Quindi, dopo lo scontro con gli Uruk-hai in cui Boromir perirà, la Compagnia si divide. Frodo procede con Sam verso il Monte Fato, mentre Aragorn, Legolas e Gimli partono per salvare Merry e Pipino, rapiti dagli Orchi. Questo viaggio li porterà nelle Terre di Roan, dove decideranno di aiutare Re Theoden, costretto a fronteggiare l’esercito di Saruman. Le forze oscure verranno sconfitte durante la Battaglia del Fosso di Helm ed il sipario si chiude su un popolo in festa. Il film si conclude e la narrazione degli eventi rimane interrotta. Alcun seguito verrà mai realizzato.

 

In principio, il racconto di Tolkien doveva essere diviso in due adattamenti. Tuttavia, dal momento che il primo capitolo non riuscirà a conseguire un successo soddisfacente, la seconda parte non verrà mai realizzata. Le ragioni di tale debacle vanno ricercate nei diversi alti e bassi che la creazione di quest’opera ha dovuto fronteggiare. Un po’ prevedibili considerato il budget disponibile. Troppo irrisorio se paragonato agli obiettivi fissati dalla produzione.

Boorman vs. Bakshi

john boorman

John Boorman

Uno dei primi ostacoli da superare fu la scelta della regia. Inizialmente la supervisione venne affidata a John Boorman. Boorman, incaricato di scrivere la sceneggiatura, creò un prodotto che la United Arts ritenne talmente insoddisfacente da decidere di licenziarlo. E giustamente, diremmo noi. Per coloro che reputano il lavoro di Tolkien sacro, il lavoro di Boorman risulta essere quantomeno ai limiti dell’offensivo. Secondo l’immaginazione del regista, il consiglio di Elrond avrebbe dovuto essere uno spettacolo kabuki con sottofondo di musica rock. Gimli avrebbe dovuto essere pestato in modo da ricordare la parola chiave per aprire le porte di Moria. Ed infine, Frodo avrebbe dovuto addirittura avere un rapporto sessuale con Galadriel per ricevere la lettura profetica. Verrebbe da chiedersi su quale pietra abbia sbattuto la testa Boorman.

Per fortuna, il progetto sarà poi affidato a Ralph Bakshi che deciderà di tornare ad una versione più rispettosa del racconto di Tolkien. Al di là delle visioni e delle interpretazioni personali, il lavoro di Boorman era, con molta probabilità, destinato ad essere cestinato. Il motivo di tale scelta deriva dal fatto che, quando il film era in produzione, Tolkien era morto da pochi anni. Pertanto, una versione più fedele al testo originale sarebbe risultata più commemorativa e dunque più appropriata.

Bakshi versus Tolkien

Nonostante ciò, esistono comunque vari elementi discordanti tra il romanzo ed il film d’animazione. Molti tagli furono resi necessari dal budget messo a disposizione. Troppo basso per creare un prodotto adeguatamente lungo e soprattutto graficamente di qualità. In particolare, la parte iniziale della narrazione, quando ci vengono presentati gli Hobbit e la Contea, risulta essere eccessivamente sintetica. Sembra quasi che questo film sia, nelle intenzioni, destinato ad un pubblico che in linea generale conosca già la Terra di Mezzo ed i suoi personaggi. In alternativa mi sembra molto difficile poter apprezzare questo film.

Differenze, talvolta minime, a volte no, sono presenti persino nei nomi dei personaggi. Keleborn diventa Seleborn, Eowyn diventa Eokin. Siamo di fronte a delle vere e proprie modifiche, oppure a dei superficialissimi errori di pronuncia? Difficile a dirsi se consideriamo che anche i nomi, apparentemente immutati, subiscono comunque delle variazioni: Gollum è irrimediabilmente pronunciato /gollam/, come anche il cognome Baggins pronunciato sempre e comunque /baggin/. Inizialmente Saruman era stato addirittura mutato in Aruman, poiché si riteneva che il nome dello stregone fosse troppo simile al nome del maligno Sauron. Tale modifica venne successivamente eliminata, ma qui e lì è ancora possibile sentire Aruman invece di Saruman.

Infine, ciliegina sulla torta, questa pellicola non accenna minimamente al potere rinvigorente dell’Unico e alla sua capacità di rallentare il processo di invecchiamento di chi lo possiede. Il Bilbo che conosciamo prima di lasciare la Contea è lo stesso Bilbo che poi incontreremo nelle dimore di Elrond.

Esperimenti grafici

Uno degli elementi più caratteristici di questa pellicola è sicuramente l’uso del rotoscopio. Si tratta di una tecnica che all’epoca era molto adoperata nel mondo dell’animazione. È stata utilizzata anche in pellicole più famose come Cenerentola e La carica dei 101. Dopo aver registrato una versione del film con attori in carne ed ossa, la pellicola viene ricalcata  a mano per realizzare la versione animata. Questa tecnica, non solo aiuta a velocizzare il processo di creazione, ma permette di creare personaggi dalle anatomie e dai movimenti molto più realistici. Senza contare che, trattandosi di un fantasy in cui le battaglie sono molto frequenti, questo procedimento aiuta molto nella creazione di scene ricche di personaggi.

Il rotoscopio risulta essere un’ottima scelta anche in termini grafici per rappresentare orchi, nazgul e creature del male. In questo modo, la resa finale è molto più terribile e spaventosa. Personalmente credo che sia per merito di questa peculiarità che questo film risulta coinvolgente ed accattivante anche agli occhi di un pubblico giovanissimo. A distanza di anni, ricordo perfettamente la sensazione di inquietudine che provavo quando, da bambina, guardavo i nazgul di Bakshi inseguire Frodo nel tentativo di catturarlo.

Un finale epico

Alessandro Nevskij

Alessandro Nevskij, Sergej Michajlovič Ėjzenštejn

Per realizzare i ricalchi delle scene finali della Battaglia del Fosso di Helm vennero addirittura utilizzate alcune scene tratte dal film Alessandro Nevsky di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Si tratta di una pellicola sovietica del ’38 che celebra la figura di questo eroe nazionale che ha contribuito a liberare le terre russe dai Cavalieri Teutonici e dalla Chiesa di Roma.

Un altro elemento curioso sono le canzoni che è possibile ascoltare durante la battaglia. Per aumentare il misticismo della scena, Leonard Rosenman decise di comporre delle melodie dai testi incomprensibili. Si tratta di una di tante composizioni musicali che risultano essere sostanziali per la riuscita della pellicola. Infatti, le musiche giocano spesso un ruolo fondamentale ai fini narrativi. Tumulti, sospensioni, evoluzioni, stati d’animo, tutto ciò ci viene spesso comunicato attraverso l’uso esclusivo di suoni e musiche.

Recensione

Esprimere la mia opinione su questa pellicola è per me un atto decisamente controverso. Per anni Il Signore degli Anelli di Bakshi ha serbato un posto d’onore nel mio cuore. È proprio da questo film che è nata la mia passione per Tolkien ed il romanzo da cui esso è tratto. Per questo motivo non posso negarne l’importanza che ricopre per me. Eppure a distanza di anni, non posso neppure fare a meno di notare, con occhio critico e probabilmente più maturo, tutte le pecche che accompagnano quest’opera.

Se da un lato comprendo e apprezzo l’uso del rotoscopio e di tutte le sensazioni che solamente l’uso di questa tecnica riesce a trasmettere, dall’altro non posso non ammettere che la sua presenza è per me una fonte di immenso fastidio. Il disturbo nasce principalmente dalla combinazione di rotoscopio, appunto, tecniche di posterizzazione e animazione tradizionale. Una mescolanza di metodologie la cui fusione trova difficoltà a realizzarsi. Lo scarto che si percepisce dal passaggio da una forma all’altra è troppo netto e più volte mi fa storcere il naso.

Un altro elemento che risulta abbastanza inconsistente è lo studio dell’estetica dei personaggi. Aragorn sembra un nativo americano, Boromir un vichingo, Elrond ricorda un senatore romano ai tempi dell’impero che vive in un ambiente che rievoca le architetture giapponesi. Ne viene fuori un miscuglio di appropriazioni culturali che fa poco onore ad uno dei più grandi capolavori del fantasy.

Un buon punto di partenza

Va riconosciuto che, nonostante i difetti, questa pellicola resta comunque un buon esperimento del mondo dell’animazione. La visione di questo film, che per la prima volta tenta di rappresentare un’opera complessa come Il Signore degli Anelli, non lascia con la bocca asciutta. Bakshi offre molti spunti di riflessione e lo sa bene anche Peter Jackson, che nella creazione della sua trilogia, si è ampiamente ispirato a quest’opera. L’introduzione sintetica del viaggio dell’anello, dalla sua creazione all’arrivo nella Contea, svariate inquadrature e la stessa rappresentazione degli hobbit e di Gollum, sono tutti elementi ripresi nel suo colossal. Jackson è in grado di riconoscere e servirsi di alcune delle migliori intuizioni di Bakshi. E anche solo per questo ne va riconosciuto il valore.

Quindi che dirvi? Guardarlo? Non guardarlo? Personalmente penso che, anche solo per soddisfare un senso di completezza, i fan di Tolkien potrebbe dedicare un paio d’ore ad un cartone che, in fin dei conti, racconta sempre la storia di un mondo fantastico che continua a farci sognare.

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