All’inizio dell’autunno, i fan di Euphoria hanno ricevuto una splendida notizia. A causa della pandemia da Covid-19, che vede gli Stati Uniti al primissimo posto per numero sia di decessi che di contagi, le riprese per la seconda stagione erano state rimandate a data da destinarsi.

HBO ha poi annunciato il rilascio di due episodi speciali a partire dal 6 dicembre 2020. Il primo episodio, intitolato Trouble don’t last always, è andato in onda ieri sera sul canale statunitense. L’uscita del prossimo episodio è prevista per il 2021, ma nessuna data precisa è stata ancora comunicata.

Ad ogni modo, i possessori di un abbonamento HBO Max hanno potuto assistere alla première dell’episodio già il 3 dicembre (lucky b*stards!).

ALLARME SPOILER
La trama e l’analisi di questa puntata contengono anticipazioni
non adatte a chi non ha ancora guardato l’episodio!

 

EUPHORIA – Trouble Don’t Last Always – Trama

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Ci eravamo lasciati con la scena finale in cui Jules (Hunter Schafer) voleva partire e lasciare la città, mentre Rue (Zendaya) decide di non seguirla. Eppure, questo episodio speciale si apre con una sequenza che ci mostra un breve stralcio di vita delle due ragazze. Evidentemente Rue ha deciso di seguire Jules e ora vivono insieme. Jules si prepara a sostenere un colloquio, con molta probabilità per essere ammessa in una scuola di moda. Le ragazze sembrano molto felici e tutto sembra procedere per il meglio.

Tuttavia, quando Jules esce, Rue si fionda immediatamente in bagno per drogarsi. Le cose non sono così felici come sembrano. Rue è ricaduta nella sua dipendenza.

Un rapido cambio di scena ci porta in una tavola calda in cui Rue chiacchiera con Ali (Colman Domingo), l’uomo che ha conosciuto presso gli incontri dei Narcotici Anonimi (NA) e che ha deciso volontariamente di offrirle il suo supporto nella lotta contro la dipendenza. Rue dice di essere pulita, di condurre una vita felice e di aver capito perché, in passato, non fosse in grado di vivere in maniera equilibrata. Ma Ali non crede a nulla di ciò che la ragazza le dice, anche perché è visivamente in uno stato di alterazione.
Assistiamo quindi ad una lunga conversazione il cui tema principale è l’abuso di sostanze.

“Nessuno al mondo la vede come una malattia”

Ad eccezione dei primi 4 minuti, il resto dell’episodio mette in scena un inteso dialogo in cui Rue espone in maniera pungente e schietta ciò che turba il suo animo ed i motivi per cui, in un modo o non l’altro, non pensa di essere in grado di superare la dipendenza dalle droghe.

Ali, dall’alto della sua esperienza, cerca di aiutarla e le spiega che la dipendenza dalle droghe è una malattia, mortale ed incurabile, non molto diversa dal cancro. Sfortunatamente, però, la maggior parte delle persone non la vede come tale. Al contrario, preferiscono credere che i tossicodipendenti siano persone egoiste e distruttive. Persone deboli che per questo motivo spesso vengono abbandonate dalle persone che le circondano. Il principio di base è: se tu non vuoi prenderti cura di te stesso, perché dovrei farlo io?

Abbandonati da tutti, anche i tossicodipendenti iniziano a credere che la dipendenza non sia una malattia, ma una debolezza insita nel loro carattere. Per cui, invece di dedicarsi al percorso di cura, accettano l’idea di essere cattive persone. Accettano il fatto di non poter cambiare e continuano a drogarsi.

“Questa punizione è troppo dura ed è anche troppo facile”

Secondo Ali, invece, ognuno è in grado di migliorare. Chiunque può diventare una brava persona se si sforza abbastanza. Qualunque sia la colpa commessa, non puoi continuare a punirti in eterno. Anzi, credere nella redenzione e nella capacità di cambiare in meglio è fondamentale affinché un tossicodipendente riesca a guarire. Altrimenti è inevitabile scegliere la strada più semplice: continuare a commettere lo stesso errore ancora ed ancora.

I tossicodipendenti non sono fallaci di natura, è la società che li spinge a credere di non poter essere persone migliori.

“Ali, cosa hai fatto di così terribile?”

Questo episodio ci offre, per la prima volta, alcuni chiarimenti sul passato di Ali. Scopriamo che in principio, prima di convertirsi all’Islam, il suo nome era Martin e che, per gran parte della sua vita, ha cercato di combattere un orribile eredità lasciatagli dal padre. L’uomo, infatti, è nato in una casa in cui la violenza era all’ordine del giorno ed il padre aveva l’abitudine di picchiare la madre. Crescendo, il desiderio di essere diverso dal padre è diventato il suo unico obiettivo. Tuttavia, poiché i suoi genitori non sono stati in grado di trasmettergli gli strumenti più adatti per diventare una persona diversa, anche lui ha finito per perdere la moglie e le due figlie, Imani e Marie.

Di conseguenza, non possiamo dire che, superata la dipendenza, Ali sia riuscito a costruire una vita tutta rose e fiori. Non ha smesso di drogarsi perché, improvvisamente, è riuscito a pescare le giuste carte dal mazzo della vita. Ma il punto è proprio questo.

Ali è una persona tanto debole quanto Rue. Entrambi sono stati serviti con circostanze di vita complicate. La differenza principale, tra i due, è che Ali è un uomo che col tempo è riuscito a conquistare gli strumenti necessari per combattere la tristezza, la depressione e le difficoltà della vita senza dover assumere droghe.

Lui sa che, a volte, bisogna trovare la forza per sorridere anche quando le cose sembrano andare per il verso sbagliato. Nella sua visione religiosa della vita, essa stessa è un miracolo e tanto basta per essere felici. Le droghe, invece, offrono una strada più veloce e semplice per il raggiungimento della felicità, anche quando si è tristi. Ma è una felicità fasulla, che nasce dalla loro capacità di alterare e raggirare il sistema nervoso.

“Sono nata con qualche cavo intrecciato”

Rue Bennet è una diciassettenne che sta cercando di superare la propria dipendenza dalle droghe. Nella puntata pilota della serie scopriamo che, sin dall’infanzia, Rue è stata diagnosticata con disturbi di varia natura (OCD, ADD, bipolarismo e disturbo d’ansia generalizzato). Di conseguenza, anche l’azione più semplice del mondo, come respirare, può risultarle difficile.

A 11 anni, dopo un attacco d’ansia molto intenso, viene ricoverata e per la prima volta le viene somministrato il Valium endovena per aiutarla a calmarsi. La medicina riesce a zittire in pochi secondi paranoie, ansie e pensieri maniacali di cui soffre, creando in lei il desiderio di rinnovare quella sensazione di tranquillità.

La situazione le sfugge di mano quando, a 13 anni, suo padre muore a causa del cancro ed inizia ad utilizzare ogni tipo di droga come uno strumento per affrontare la vita. È così che ha inizio la sua dipendenza che la porterà a trovarsi nella prima overdose a soli 16 anni. Viene quindi ricoverata in una clinica per disintossicarsi, ma una volta terminato il percorso, ricadrà nel vortice delle droghe.

“…la droga è forse l’unica ragione per cui ancora non mi sono uccisa”

Allora come oggi, Rue ammette che forse non ha mai avuto intenzione di rimanere sobria veramente. In primis, ha molta difficoltà ad accettare la natura spirituale del programma proposto dall’associazione Narcotici Anonimi.

Questo programma promuove con fermezza l’idea di superare gli ostacoli della riabilitazione credendo nell’esistenza di un “potere superiore“, che li guidi e li aiuti. Ogni membro del gruppo è libero di definire in maniera propria e personale la natura di questo potere. Ed è abbastanza essenziale accettare questa idea per poter superare in maniera efficace la dipendenza. Il problema è che Rue, per ovvie ragioni, non ci riesce. Riconoscere che ogni cosa avviene per un buon motivo, vorrebbe dire che anche la morte del padre sia avvenuta per una ragione valida.

In questa parte della conversazione, sembra quasi che Ali fatichi a trovare un modo per aiutarla a riemergere dal marasma dei suoi pensieri negativi. Lui è un uomo religioso, lei al contrario è molto scettica. Eppure riesce comunque a trovare le giuste parole per esserle di sostegno: la vita è un grande mistero e non sappiamo sempre perché avviene qualunque cosa; ciò nonostante, anche da una persona aggravata da un passato apparentemente orribile possono nascere grandi cose. La storia di Malcolm X ne è un esempio.

Rue è anche convinta di aver bisogno delle droghe per affrontare la depressione e tutti i vari disturbi di cui soffre. Non comprende, come le spiegherà Ali, che non le droghe, ma l’astinenza da esse è la sua forza. Sono le droghe a renderla una persona debole e non viceversa. Come ha potuto sperimentare sulla sua stessa pelle, lui sa bene che le droghe cambiano le persone, le cose in cui credono, i loro sogni e persino l’amore per le persone a cui tengono.

Infine, un’altra delle ragioni che rende la disintossicazione difficile (probabilmente quella più cruciale) è il fatto che Rue non pensa al futuro e non pensa di “rimanere in giro” per molto tempo ancora. Il desiderio di porre fine alla sua vita trasforma la rinuncia alle droghe in uno sforzo abbastanza inutile. Ma la domanda che Ali gli pone è “come vuoi essere ricordata dalle persone che resteranno dopo di te?” riuscendo a colpire un punto caro alla giovane Rue.

“Devi credere nella poesia”

L’ultimo consiglio che Ali condivide con Rue resta, in linea con la filosofia dei NA, l’importanza di riuscire a trovare qualcosa di più grande di se stessa in cui credere. Qualcosa che chiama “la poesia della vita“. La vita non sarà mai perfetta, non sarà sempre felice e, volente o nolente, Rue continuerà a commettere sbagli, continuerà a ferire le persone a cui vuole bene e continuerà a fare scelte di cui poi si pentirà. Per cui deve imparare a vedere la bellezza in ogni cosa.

La sua speranza di successo risiede in una rivoluzione. Una rivoluzione che non deve essere rumorosa e pubblica, ma intima e privata. Una rivoluzione personale, in cui deve credere fortemente e a cui deve dedicarsi ogni singolo giorno della sua vita, senza aver paura di fallire.

“Tutto quello che ti sembra ti faccia bene, non sempre è un bene per te”

Questa rivoluzione, importante per la sua guarigione, le richiederà uno sforzo immenso, al punto tale da non poter sprecare le proprie energie in nient’altro, amore incluso. Il suo obiettivo, come dichiara Ali sin dal principio, deve essere la “sobrietà“. Sobrietà che potrà ottenere solo concentrandosi esclusivamente su se stessa.

Per alcuni, questa dichiarazione potrebbe sembrare sorprendente, considerando che la relazione amorosa tra Rue e Jules è uno dei temi focali della serie. E tuttavia, se facciamo marcia indietro e ripensiamo ad alcune cose che Ali ha già detto a Rue nella serie principale, si tratta di qualcosa che tutto sommato sapevamo già.

L’amore non è molto diverso da una droga, in quanto genera una serie di scompensi chimici che possono creare un meccanismo di dipendenza. Rue ha incontrato Jules nel momento esatto in cui, terminata la riabilitazione, stava per affondare nuovamente nella dipendenza. Grazie a Jules, Rue è riuscita, per un po’, a stare lontano dalle droghe, sostituendole con le emozioni e le sensazioni che l’amore produce. Ma cosa succederà quando l’eccitazione iniziale dell’innamoramento svanirà? È quello che le chiede Ali quando Rue le parla di Jules per la prima volta.

Rue non è pronta per dedicarsi ad una relazione che sia sana e utile per la sua situazione attuale. Prima di poter amare qualcun altro, dovrà trovare il proprio equilibrio personale ed imparare a stare bene con se stessa.

Conclusioni

Ho apprezzato molto la natura dialogica di questa puntata, in parte dovuta ad una serie di necessità imposte dal Covid-19. Attraverso una conversazione lunga ed intensa, comprendiamo meglio la delicata natura del percorso che Rue affronta dentro e fuori dalla dipendenza. Una puntata concentrata molto meno sull’estetica e molto più sull’esperienza umana.

Secondo alcuni, Euphoria pecca di “analisi”. Veniamo chiaramente esposti ad una realtà giovanile in cui fenomeni come droga e traumi psicologici di varia natura convivono nell’eccesso.
Lungi dal dichiarare che Euphoria incentivi e promuova atteggiamenti dannosi per la salute dei ragazzi. Eppure qualcuno ha condannato la serie proprio per questo motivo.

Questo episodio fa luce, in maniera chiara ed inequivocabile, sulla posizione che la serie prende nei confronti dell’uso di sostanze. Anzi, offre anche più di uno spunto di riflessione per aiutare non solo chi sta affrontando il difficile percorso della riabilitazione, ma anche le persone a loro congiunte. In più, cerca di liberare la tossicodipendenza da un inutile retaggio culturale che continua a fare danni. L’idea che chi assuma droghe sia una persona malata di natura e pertanto irrecuperabile.

Se posso condividere con voi la mia più sincera opinione, questo episodio potrebbe addirittura funzionare come un perfetto finale di serie.

In attesa del prossimo episodio speciale, che dovrebbe essere un approfondimento sul personaggio di Jules, fateci sapere che cose ne pensate di questa puntata e che cosa vi aspettate di vedere nella prossima che verrà trasmessa non prima del 2021!

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