Non ti presento i miei (Happiest Season) è la primissima commedia natalizia con protagoniste due donne lesbiche. Una storia firmata Clea DuVall, distribuita da Hulu e disponibile su Sky, che ha le caratteristiche perfette per entrare a giusto titolo nei classici di Natale.

Non ti presento i miei – Trama

Abby Holland (Kristen Stewart) e Harper Caldwell (Mackenzie Davis) sono una felice coppia, pronta a trascorrere le festività natalizie a casa dei Cadwell. O forse no. Abby non vede l’ora di conoscere i genitori della propria fidanzata, ma dovrà fare i conti con un imprevisto: Harper non ha ancora fatto coming out. Per questo motivo accetterà, controvoglia, di essere presentata come l’amica orfana che non ha nessuno con cui trascorrere le vacanze.

Già così, le cose sembrano destinate a fallire. E come ogni commedia che si rispetti, nuovi imprevisti le attendono, rendendo la situazione ancora più complessa. Uno di questi: l’ex fidanzato di Harper che i Cadwell hanno invitato con l’intento di ricongiungerli.

 

“Tua madre sta diventando virale!”

La famiglia di Harper è una tradizionale famiglia statunitense di ceto medio-alto. Ted Cadwell (Victor Garber) è un ex consigliere comunale impegnato in un’intensa campagna elettorale per diventare sindaco. Sua moglie, Tipper (Mary Steenburgen), è una donna elegante e raffinata, che dà molto credito alle apparenze e all’opinione della gente.

Harper ha poi due sorelle, Jane (Mary Holland), la pecora “nera”, che in qualche modo è riuscita a sfuggire al modello familiare, e Sloane (Alison Brie), mamma e moglie impeccabile, che ha messo da parte la propria carriera da avvocata per dedicarsi alla famiglia. Una scelta che, palesemente, non è accettata di buon grado dai genitori, ma che, attraverso una dialettica ben studiata, fanno passare come il più grande dei traguardi.

Sin da subito si percepisce la forte rivalità esistente tra Harper e Sloane. Entrambe, a modo loro, cercano di conquistare un ideale primo posto per il titolo di “miglior figlia”. Sono letteralmente terrorizzate dall’idea di perdere l’affetto dei propri genitori qualora non riescano a raggiungere i loro standard. Di conseguenza, molte delle loro scelte di vita vengono condizionate da questa fobia.

Il clima elettorale, che mette i Cadwell sotto i riflettori e li espone completamente al giudizio esterno, renderà gli equilibri familiari ancora più complicati. E la sfida che Harper ed Abby dovranno affrontare, ovvero presentarsi come coppia ad una famiglia poco propensa a stili di vita “alternativi”, si dimostrerà molto più faticosa.

“Abby, che ci fai nello stanzino?”

Nella parte introduttiva del film, conosciamo Harper ed Abby immerse nella loro quotidianità. A Pittsburgh sono una coppia dichiaratamente omosessuale e i loro amici le conoscono così. Harper è allegra, disinvolta ed invitando Abby ad arrampicarsi sul tetto di una casa per ammirare le luci della città, appare come la più estroversa delle due. La sua spontaneità è tale che, presa dalla gioia del momento, invita Abby a trascorrere il Natale a casa della propria famiglia. Invito di cui poi si pentirà per ovvi motivi.

Nel momento esatto in cui mette piede nella casa in cui ha vissuta la propria infanzia, Harper diventa una persona completamente diversa. In men che non si dica torna ad essere una ragazzina spaventata ed insicura. La sua condotta cambia a tal punto che Abby dirà di non essere davvero sicura di conoscerla.

Vivere celando la propria identità, soprattutto all’interno del contesto familiare, è un atto talmente lacerante da spingere Harper a dubitare addirittura di se stessa e dei propri sentimenti per Abby. Quest’ultima, a sua volta, non potrà fare a meno di pensare che Harper non l’ami davvero, rivelando le paure e le insicurezze che tormentano i partner che vivono una relazione che non può essere espressa alla luce del sole.

“Quindi, cosa, i suoi genitori credono che la loro figlia etero abbia portato a casa la sua amica lesbica per Natale?”

Non ti presento i miei è pubblicizzato come il primo film di Natale la cui trama verte attorno le vicende di due donne lesbiche. Una rapida ricerca mostra che svariati film di Natale, incentrati su personaggi queer, verranno rilasciati a breve.

Una tale produzione di pellicole indica che l’industria cinematografica sta cominciando a comprendere il valore della rappresentazione di storie e personaggi lgbt. Per gli appassionati di cinema, è abbastanza evidente l’esistenza di un vuoto narrativo riguardante una comunità che non è una “minoranza”, nonostante si continui ad utilizzare questo termine per descriverla. E tuttavia, va riconosciuto il tentativo in atto di colmare tale vuoto (evviva!).

D’altro canto, il pubblico è evidentemente interessato a queste storie. Dopo appena venti giorni, NTPIM conta un milione di incassi e, se non fosse stato per il Covid, questo film sarebbe stato, con molta probabilità, il primo film di Natale lgbt ad alto budget.

Sfortunatamente, dobbiamo prepararci anche a quel sotto strato di lagne che tale rappresentazione porta inevitabilmente con sé. Personaggi lgbt cominciano ad apparire un po’ ovunque, creando un fenomeno che, nonostante sia appena agli inizi, pare già stancare una parte del pubblico che non riesce a carpirne l’importanza.

“La storia di tutti è diversa. Esiste la tua storia, e la mia storia, e tutto il resto”

Qualcuno potrebbe addirittura essere stanco di assistere ad un’altra storia di coming out. Eppure, finché il coming out rimarrà un atto tanto inevitabile quanto temuto, credo sia importante continuare a promuovere storie che possano aiutare a trovare un po’ di coraggio per farlo.

Non ti presento i miei può vantare una troupe arcobaleno che lascia poco spazio all’errore. Infatti, anche se la rappresentazione è importante, lo è altrettanto il modo in cui essa viene fatta. La scelta di un cast lgbt ci porta con più semplicità sulla giusta strada.

E’ fondamentale che i creatori di queste storie siano membri appartenenti alla comunità queer, in modo da evitare descrizioni della realtà banali e fuorvianti, costruite su pregiudizi e convinzioni errate.

Inoltre, le storie che raccontano di coming out non sono utili esclusivamente a chi il coming out lo deve fare, ma anche alle persone che le circondano. NTPIM, in particolare, mostra chiaramente come celare la propria identità sia deleterio in termini di autostima, crescita personale e sociale e quanti sacrifici è necessario fare quando non puoi esprimere te stesso. Questa consapevolezza potrebbe aiutare ad accogliere un coming out con più umanità anche nella vita reale.

“Lo sapevi che sei in un country club che non permetteva alle donne di registrarsi fino ai primi anni 2000?”

Considerando che questa recensione vuole evitare ogni forma di spoiler, non esistono ragioni abbastanza valide per parlare di John (Dan Levy), il miglior amico di Abby. Tuttavia, considerando che si tratta, in assoluto, mano sul fuoco, del personaggio preferito di chiunque abbia già visto questo film, non posso non parlarne.

John è un uomo gay che lavora come editore per giovani scrittori inediti. Un uomo estremamente acculturato e, sempre e comunque, estremamente gay (è un complimento!). Il suo compito, nel corso del film, consiste nell’aiutare Abby ad affrontare la complicata situazione che sta vivendo. Nonostante sia una persona piena di opinioni, molte delle quali contrarie al patriarcato, è anche abbastanza sensibile da capire quando è il momento di tacere ed ascoltare. John si trova nella posizione più adatta per comprendere le dinamiche in atto e calzare sia le scarpe di Abby che di Harper.

Con John, le storie di coming out raccontate nel film diventano addirittura tre, indicando che ognuna di esse è unica ed irripetibile.

Attraverso John, il pubblico verrà anche a conoscenza del concetto di eteronormatività e di come questo influenzi perfino le relazioni queer. L’eteronormatività è la convinzione che l’eterosessualità sia l’unico orientamento sessuale giusto. Sono considerati eteronormativi le regole ed i comportamenti che in linea generale segue una coppia eterosessuale. Regole che, spesso, si fondano su principi patriarcali e maschilisti. Viste queste come la norma, capita che anche le coppie lgbt vogliano, alla ricerca di una qualche forma di normalità accettata più universalmente, sottostare a queste stesse regole. Un esempio di ciò è il desiderio di Abby, non solo di sposare Harper, ma soprattutto di chiederne la mano al padre.

“Non sto nascondendo te! Sto nascondendo me!”

Il piano di Harper è di rivelare la propria relazione con Abby al termine delle celebrazioni natalizie, quando anche tutti gli eventi legati alla campagna elettorale del padre saranno conclusi.

Tuttavia, le bugie ed i sotterfugi che dovrà ideare per mantenere il suo segreto per tutto il tempo, la metteranno in una posizione molto complicata. Al punto da spingere Abby, e forse anche parte del pubblico, a chiedersi perché non si decida a dire la verità e basta.

Il motivo per cui fare coming out è così spaventoso (descritto impeccabilmente da John) consiste nel fatto che rivelare il proprio orientamento sessuale significa, in sintesi, iniziare una nuova vita. Vuol dire attraversare una porta che, una volta richiusa, scomparirà, portando via con sé aspetti del tuo mondo che non torneranno mai più. Fare coming out potrebbe voler dire perdere i propri genitori, i propri amici, potrebbe voler dire essere licenziati e perfino ritrovarsi senza una casa. Per cui è importante che quando una persona decida di fare coming out, sia pronta ad affrontare tutti i rischi che questo atto porta con sé.

Ecco perché, subire outing è sempre un atto di violenza. Sia perché, spesso, chi compie outing lo fa con un intento denigratorio, sia perché priva l’individuo della libertà di affrontare l’annuncio nella condizione più confortevole.

Tuttavia, in questo film non esiste solo il segreto di Harper, ma anche un altro, che riguarda una delle sue sorelle. L’esistenza di questo secondo mistero, che si muove parallelamente al primo ed ignoto a tutti fino alla fine, è indicativo del fatto che non sentirsi al sicuro, nel contesto familiare, potrebbe essere una delle ragioni che ostacola il desiderio di fare coming out.

Come reagiranno i Cadwell quando scopriranno che le loro figlie hanno talmente paura di perdere il loro affetto da mentire loro?

Conclusioni

Non ti presento i miei mette in scena le dinamiche che una coppia gay non dichiarata deve affrontare durante le festività natalizie nel contesto familiare. E lo fa nel modo giusto. L’esistenza di un segreto e la necessità di nasconderlo è un ottimo punto di partenza per creare una storia divertente. Tuttavia, Clea DuVall ci parla di vicende che lei stessa, come quasi ogni persona omosessuale, ha vissuto almeno una volta nella propria vita, rendendo questo film più di una semplice commedia romantica che cerca di far ridere.

Tra una risata e l’altra, infatti, i temi scelti sono forse tra i più cari alla comunità lgbt e molti lontani dall’essere leggeri e spensierati. Ridiamo, fino alle lacrime, ma al tempo stesso percepiamo chiaramente l’insofferenza che una persona omosessuale prova all’interno di un contesto eteronormativo in cui deve nascondersi. Un mondo in cui, nonostante tutto, non è l’unica persona ad indossare una maschera, considerata l’ipocrisia con cui è condito.

Viene quasi da chiedersi se sia possibile creare un film lgbt senza dover versare lacrime amare.

Sono dell’opinione che NTPIM sia un ottimo film sia per le persone queer, che finalmente possono intrattenersi con un film natalizio che le rappresenta, sia per chi queer non è e conosce poco di questo mondo. Sicuramente imparerà qualcosa.

Non ti presento i miei è certamente un film spiritoso e ben fatto. E tuttavia ci avrebbe fatto piacere poter guardare una commedia romantica di Natale lgbt spensierata, tanto per cambiare. Sarà per la prossima volta.

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