Il vincitore dell’edizione di Febbraio de Sull’Orlo del Foglio è Kintsugi inviato da Fabio Carrella.

 Vi ricordiamo che siete ancora in tempo per prendere parte all’edizione di Marzo quindi non mancate di inviare i vostri racconti.

Kintsugi

Anna entrò in bagno in punta di piedi, cercando di evitare le parti in cui il pavimento era ancora bagnato.

Ebbe un gesto di stizza quando vide un paio di mutande accartocciate accanto al lavandino. Si sfilò l’asciugamano dai capelli, lo avvolse attorno agli slip e buttò il tutto nel cesto dei panni sporchi. Si spazzolò i capelli, li asciugò con cura e, quando mise a scaldare la piastra per lisciarli, si meravigliò di essere ancora arrabbiata per delle semplici mutande.

“Non è che chieda molto, il cesto è letteralmente a mezzo metro” disse tra sé e sé per giustificare la sua reazione.

La radio in cucina ricordava l’anniversario della scomparsa di un regista famoso, morto a seguito di un incidente in elicottero. Con la testa immersa nell’armadio della camera da letto, Charlie rovistava tra i cassetti alla ricerca di qualcosa che, visto il nervosismo, non riusciva a trovare.

“Hai visto il mio papillon?” chiese ad Anna affacciandosi nel corridoio.

“Hai un papillon?”

“Quello blu scuro che misi al matrimonio di mio fratello”

“Hai un fratello?”

“La smetti di scherzare? Sono serio” 

“No, non l’ho visto” rispose Anna, facendo attenzione a non scottarsi con la piastra.

“Che palle! E adesso come faccio?”

“Ma perché non hai preparato i vestiti ieri sera, quando ti ho detto di farlo?”

Charlie si infastidì per l’inutilità di quella domanda che di certo non lo avrebbe aiutato a trovare il papillon. Tornò in camera da letto, scostò alcune grucce e sfilò una cravatta da una di esse. Il colore era giusto, peccato non fosse capace di annodarsi da sola. 

Aprì il portatile di Anna e iniziò a cercare “nodi facili per cravatte” su YouTube. Con un occhio sullo schermo e l’altro sullo specchio, tentava di seguire le istruzioni di una tizia che, usando un manichino, spiegava come fare il nodo alla cravatta. Charlie non mancò di notare che la ragazza si guardava bene dal mettersene una. 

Il primo tentativo fu un disastro, il nodo era completamente storto. La seconda volta andò meglio, ma la cravatta gli arrivava ben sotto la cintura. Riprovò un’ultima volta, accontentandosi del risultato.

“Cosa vedono i miei occhi, Charlie Reed che indossa la cravatta che gli regalai, la fine del mondo si avvicina” 

Anna sorrideva mentre si infilava in un vestito crema scelto più di due settimane prima.

“Sarà una giornata di merda, me lo sento” disse bruscamente Charlie. 

Benché non gliel’avesse chiesto esplicitamente, si avvicinò alla moglie per tirarle su la zip sulla schiena, approfittandone per darle un bacio dietro al collo.

“Dici così a ogni cerimonia a cui siamo invitati. Poi andiamo lì, mangi tutto ciò che c’è di commestibile al buffet, un po’ di vino e ritorni a casa tranquillo. A volte aggiungi pure che è stato piacevole” 

“Quando lo dico mi riferisco al ritorno a casa, anzi, al momento esatto in cui mi tolgo le scarpe e metto il pigiama” precisò Charlie.

“Se lo dici tu. Stavo notando quelle brutte nuvole grigie laggiù. Colpa tua che ti sei messo la cravatta”

Anche Charlie sorrise.

*

Partirono in direzione della Chiesa di Santa Barbara, dove Lize, sorella di Anna, aveva già fatto battezzare i due figli avuti qualche anno addietro. Il viaggio non era breve, e Charlie ne approfittò per ascoltare “Con Todo el Mundo” dei Khruangbin, vantandosi per l’ennesima volta di quella recente scoperta musicale. A metà tragitto, Anna sentì il telefono vibrare nella minuscola borsa nera. Lize le aveva inoltrato una foto che la ritraeva con Garry, l’ultimo arrivato della famiglia. Lei indossava un tailleur rosso, adornato con un’enorme spilla dorata a forma di foglia, mentre il piccolo aveva un vestito bianco con una croce azzurra cucita sul petto. Dietro di loro Judie, madre delle due sorelle e nonna per la terza volta, li stringeva entrambi. Era avvolta da un foulard porpora che dava risalto ad un sorriso perfetto, quasi intimidatorio. 

Anna avrebbe voluto mostrare la foto del nipotino a Charlie, ma sapeva già che ciò avrebbe portato a un’inutile discussione. Tuttavia, qualcosa dentro di lei spingeva verso la rottura di quello stallo, come un pedone che si sacrifica pur di fare spazio al centro della scacchiera. Aspettò le ultime note di “Rules” e, con tiepido coraggio, gli allungò il telefono sotto gli occhi. In quel preciso istante, egli si girò per svoltare a un incrocio, mancando involontariamente il gesto della moglie. Anna ritirò il braccio e, mordendosi il labbro, pensò che forse era meglio così. La stessa forza che le aveva dato coraggio adesso le si rivoltò contro, accusandola che non c’era nulla di male nel voler mostrare quella foto. Mentre ospitava dentro di sé quella battaglia invisibile, Anna aggrottò inavvertitamente le sopracciglia. 

“Cos’hai?” chiese Charlie notando quell’espressione.

Anna arrossì. Ecco l’occasione per fargli vedere la foto, e se si fosse incazzato sarebbero stati fatti suoi. E se si fosse discusso di un figlio, avrebbe potuto rinfacciargli il diritto di desiderarne uno. Aveva affrontato la questione altre volte senza successo, ma forse questa volta sarebbe stato diverso. Adesso avrebbe potuto muovere quel dannato pedone al centro della scacchiera. 

“Sono un po’ preoccupata per il tempo, oramai il cielo è totalmente coperto di nuvole” fu tutto quello che Anna riuscì a dire. 

“Spero abbiano preparato qualcosa anche all’interno” rispose Charlie, riprendendo poi a canticchiare.

Anna diede di nascosto un ultimo sguardo alla foto, limitandosi a rispondere al messaggio con un cuoricino. 

“Lo spero anche io” 

*

La cerimonia durò poco, e per fortuna Garry non fece storie quando gli bagnarono il capo con dell’acqua troppo calda. Gli invitati, presi alla sprovvista dal vento, si diressero di corsa verso le auto parcheggiate a lato della chiesa. La casa di Lize era poco distante e facilmente riconoscibile dalla mole di palloncini colorati legati al balcone della veranda. Nonostante i tentativi del marito, Lize non cambiò idea e fece tenere il buffet all’esterno, nel giardino sul retro della casa. A sua difesa, il vento sembrava essersi calmato e all’orizzonte si scorgeva qualche scorcio azzurro. Gli ospiti gradirono molto gli stuzzichini, meno la torta, per alcuni troppo asciutta. 

Charlie entrò in cucina stringendo tra le mani un piatto di tramezzini e bignè salati.

“Ho visto che non hai toccato quasi nulla e ti ho portato quello che sono riuscito a prendere. Purtroppo i cocktail di gamberi erano finiti, i parenti di Andie a momenti mangiavano anche i bambini” 

“Grazie amore. Lize mi ha chiesto di aiutarla a tagliare la torta e non ho avuto il tempo nemmeno di bere un bicchiere d’acqua” rispose Anna raccogliendo il piatto dalle mani di Charlie e stampandogli un bacio sulla fronte.

D’un tratto, la porta si spalancò. Lize stringeva a sé Garry ed era così agitata che Charlie per un attimo pensò che la casa stesse andando a fuoco. 

“Anna, tieni Garry per un po’, io devo portare tutto dentro, sta piovendo a dirotto” disse andandosene alla stessa velocità con cui era entrata.

Garry era stranamente tranquillo, sembrava stesse dormendo. Anna cominciò goffamente a cullarlo, prima simulando dei piccoli saltelli, poi muovendo le braccia da un lato all’altro. I suoi occhi erano fissi sul viso del bambino, non tanto perché ne fosse attratta, quanto perché le mancava la forza di guardare il marito. 

“Somiglia molto a sua madre, non trovi?”

“Già” rispose Charlie, versandosi un bicchiere di vino.

Anna carezzò con leggerezza la guancia del piccolo che, a sua volta, le afferrò il dito e lo strinse forte.

“Non è poi così male averne uno”

Quelle parole le scivolarono di bocca, ma fu quasi felice di averle pronunciate.

“Mmh-mmh” rispose Charlie, sorseggiando il vino. 

“Che risposta è ‘mmh-mmh’?”

“È una risposta. E poi la tua, che domanda è?” 

Anna finalmente alzò lo sguardo.

“Ma perché non vuoi avere un figlio?”

Il pedone si era mosso, rompendo già fragili equilibri. I pezzi si sarebbero mangiati a vicenda, fino a lasciare i due re da soli, uno di fronte all’altro.

“Ma perché vuoi averne per forza uno?! Ci sono tante coppie che vivono tranquillamente senza bambini in giro per la casa!”

“A me non frega nulla delle altre coppie, a me importa della nostra, e se fare un figlio potrebbe rendermi felice, allora è mio diritto desiderarne uno”

“Così come è un mio diritto non volerne!” gridò Charlie scaraventando il bicchiere nel lavandino.

“Tu non sei tuo padre, lo vuoi capire o no? Non ripeteresti i suoi stessi errori, perché sei una persona migliore di lui!”

“Sai perché sono migliore di lui? Perché conosco i miei limiti, e poi non ho bisogno di un figlio solo per riempire un vuoto o per accontentare chi mi sta intorno”

“È questo che pensi di me? Che voglia un figlio solo per compiacere mia madre?”

Tacendo, Charlie diede la sua risposta.

“Sei proprio un pezzo di merda, Charlie Reed. Se desidero un figlio è solo perché penso che potremmo essere una buona famiglia, dei buoni genitori”

“Se ci tenevi tanto, allora dovevi sposarti un altro”

Anche a Charlie quelle parole scivolarono di bocca, ma non fu affatto felice di averle pronunciate. 

Judie entrò nella cucina, dirigendosi subito verso il bambino.

“Ma siete matti, voi due? Vi si sente dal corridoio! E poi, guardate qua, avete spaventato a morte questa povera creatura. Dalla a me, la porto dalla madre” disse prendendosi il nipote dalle braccia della figlia.

Anna guardò Garry, accorgendosi soltanto in quel momento delle sue grida. Poi si coprì gli occhi e corse verso il bagno di servizio. Charlie si diresse lentamente verso il lavandino, raccogliendo con attenzione i pezzi di vetro sparsi al suo interno.

*

Sulla strada del ritorno, l’auto era piena di silenzio. Charlie aveva gli occhi fermi sull’asfalto e la testa ancora in quella cucina. Anna guardava fuori dal finestrino e, mentre si mordeva nervosamente le labbra, ricevette un messaggio di cui lesse solo l’anteprima. Era Lize, che le chiedeva come stava. Mise via il cellulare e prese a giochicchiare con la tracolla della borsa. 

Una volta fermi sul viale, Charlie scese per aprire la porta del garage e, quando tornò indietro, si accorse che Anna era già entrata in casa. Parcheggiò, attese che la porta si abbassasse da sola e nell’oscurità del garage si arrabbiò con sé stesso prendendo a pugni il volante. 

Quando salì in camera, notò che Anna era in bagno a struccarsi. Cominciò a spogliarsi meccanicamente, prima le scarpe, poi i pantaloni, infine la cravatta e la camicia. Rimase seduto per un po’ sul letto, poi iniziò a mettere i vestiti al loro posto, cercando le parole adatte a ricucire lo strappo con sua moglie. Ciò che trovò, invece, fu il papillon blu che aveva cercato a lungo. In quel momento, Anna uscì dal bagno. Aveva ancora indosso il vestito crema e adesso, scalza e struccata, sembrava persino più bella di quanto non fosse al mattino. Charlie era lì, in mutande e calzini, con il papillon in mano. Le scappò un mezzo sorriso che si posò sul viso di lui come una carezza.

“Alla fine l’ho ritrovato, era sul fondo dell’armadio”

“Che peccato, con la cravatta stai molto meglio”

Lei gli si avvicinò, lui buttò via il papillon e le poggiò le mani sui fianchi.

“Scusa, non avrei dovuto dirti quelle cose prima, a casa di tua sorella”

“Lo so, ma preferisco che tu me le abbia dette invece che tenermele nascoste”

A letto, con le luci spente, Anna ripensò a Garry che piangeva tra le sue braccia, poi alla foto che Lize le aveva inviato in mattinata, e solo allora comprese l’invidia che provava per quel quadretto familiare di cui voleva fortemente far parte. Charlie restò per un bel po’ a osservare la luce del lampione che, dalla strada, illuminava la cravatta poggiata sullo schienale della sedia, quella stessa cravatta regalatagli da Anna per il suo compleanno e che si era sempre rifiutato d’indossare. 

In fondo aveva ragione lei, pensò, non è poi così male. 

Entrambi si addormentarono di lì a poco, scivolando lentamente nell’anticamera di un altro giorno insieme.

 
Un racconto di:
Fabio Carrella
Grazie di cuore per aver partecipato all'iniziativa.

Se vi è piaciuto il racconto di Fabio, lasciate un commento così che possa saperlo. Detto questo vi aspettiamo l’ultimo giovedì del mese con il pdf con la raccolta completa.

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