Siamo felici di ospitare di nuovo sul nostro portale informativo Paolo Andrico e Paolo Corbetta, questa volta in occasione della pubblicazione del secondo volume della vostra trilogia The Drunk Fury. Ascension Island.  Abbiamo invitato gli autori nel nostro piccolo spazio e per porre loro alcune domande sulla nuova opera.

Paolo e Paolo, bentornati nel nostro spazio dedicato alle chiacchiere. Ascension Island è un’avventura dentro un’avventura, avete reso il viaggio parecchio movimentato. Com’è stato calarsi di nuovo nei panni di Paul e Jack?

Paolo M. C.: In una parola sola: eccezionale. Scrivere Ascension Island è stato un lungo viaggio, ricco di ricerche, divertimento, fatica e rum, e tornare a vestire i panni di Paul e Jack è stato come immergersi nuovamente in una seconda pelle. Ne avevamo un gran bisogno, in effetti, visto il periodo che abbiamo passato e ciò che viviamo oggi, e Ascension Island si porta sulle spalle anche questo carico emotivo: è un libro sicuramente più maturo di La nascita della Fratellanza e ci siamo messi molto più alla prova.

The Drunk Fury. Ascension Island di Paolo Andrico e Paolo M. Corbetta

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Avevamo concluso il primo romanzo “così, de botto”, per dirla alla Boris, e dovevamo riscattarci: pertanto, avevamo deciso che questo secondo libro dovesse tenere alta la tensione in ogni fase del libro, dagli scontri alle riflessioni, dai momenti di viaggio e avventura alle scene più intime o romantiche, passando per quelle oniriche o spaventose. Speriamo di esserci riusciti!

Paolo A.: Nel mio caso, all’inizio del libro Jack si trova imprigionato in una cella di Nassau, nei Caraibi, lontano dal sole, dalle avventure e dal rum. Un inizio non semplice, in effetti. Ma la storia di Ascension Island è, come hai anticipato, un turbinio di azioni ed emozioni, e quindi ho avuto modo di rifarmi e godere di avventure pazzesche. Soprattutto considerando che tutta la parte iniziale di questo libro è stata scritta durante la prima fase della pandemia.

In generale, tornare a vestire i panni di Jack Tyler è stato come tornare a dare voce a una parte di me, a renderla libera di muoversi e divertirsi. Nel primo libro abbiamo creato un universo e i personaggi, e questo secondo romanzo è stato come una rimpatriata tra vecchi amici, dando loro finalmente il giusto spazio (questo volume è lungo il doppio rispetto al primo!).

Tra le pagine di Ascension Island troviamo alcune tra le più famose creature soprannaturali, come le sirene e anche un vampiro. È inconsueto trovare la più celebre creatura della notte in un racconto piratesco. Cosa vi ha spinto a inserire questa figura leggendaria? Secondo la vostra esperienza da bucanieri, il soprannaturale esiste?

Paolo M. C.: È vero, è inconsueto, ma anche la Drunk Fury lo è: la nostra trilogia cerca di coniugare diversi generi, dando un ruolo principe alla letteratura storico-piratesca, e ci serviva una figura all’altezza delle necessità della trama. E chi meglio del vampiro, il più nobile e al contempo terribile fra i mostri classici del folklore, poteva ricoprire questo ruolo?

Detto ciò, proprio perché la prima dimensione è quella storico-piratesca, abbiamo lasciato una porta aperta, anzi un portone, sul fatto che questo personaggio sia effettivamente un vampiro e non solamente un uomo, mortale e malato nel fisico e nella psiche. Il libro è ambientato in un’epoca in cui magia, razionalità, superstizione, scienza e leggende ancora convivevano in pieno, e abbiamo cercato di ricreare quel contesto.

Comunque, limitiamoci a citare le parole di Paul Dragon nel suo primo incontro con Jack Tyler:

“Credo che questo mondo nasconda molti più segreti di quanto la scienza e la ragione vogliano darci a credere”.

Paolo A.: Siamo stati da sempre appassionati del soprannaturale, e amiamo generi che ne fanno un elemento imprescindibile, come il romanzo gotico o il fantasy. Siamo fan di “Dracula” di Bram Stoker ed era un sogno poter inserire un personaggio simile in un libro che non tratta in modo così esplicito l’argomento. In realtà, preferiamo non descrivere in maniera nitida questi personaggi, ma lasciamo attorno ad essi un alone di mistero. Saranno veramente mostri, o sono solo umani corrotti? Anche le sirene ci hanno da sempre affascinati ma, anche in questo caso, non sarà possibile capire fino in fondo se esse sono reali o meno. Lasciamo alla fantasia del lettore l’interpretazione corretta.

La rivoluzione è sempre più vicina, la compagnia è ormai pronta per partire alla ricerca del tesoro dell’Huascarán. In questa seconda parte avete introdotto molti punti di riflessione sul tema della libertà, dell’importanza di prendere posizione per ciò che è giusto. Quanto è indispensabile secondo voi, al giorno d’oggi, far sentire la propria voce e, cito dal vostro libro, “educare le persone a un altro modo di stare insieme”?

The Drunk Fury. Ascension Island di Paolo Andrico e Paolo M. Corbetta

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Paolo M. C.: Come dici tu, è proprio “indispensabile”. Viviamo nell’unico angolo di mondo parzialmente tranquillo e sereno, ma durerà solo se sapremo essere all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte, senza nascondere la testa sotto la sabbia: la nostra Unione è circondata da una cintura di fuoco e da Paesi a rischio implosione, la guerra è arrivata alle porte, i cambiamenti climatici colpiscono sempre più severamente, i nostri modelli di produzione e consumo sono parzialmente insostenibili (non in tutti i settori, ovviamente) e hanno ricadute pesanti sul nostro rapporto con l’ambiente e con la nostra salute; i nodi di diverse contraddizioni e questioni socio-economiche stanno venendo al pettine, aumentando la polarizzazione politica e la disaffezione verso le istituzioni repubblicane e democratiche, e spesso e volentieri la risposta è ideologica o gestita da persone senza arte né parte, mentre abbiamo un bisogno estremo di competenze e di assumere decisioni basate su dati assodati e pragmatismo.

Il mondo che c’era non c’è più, e tutti e tutte noi dovremmo capire che si può stare insieme in maniera differente, anche più responsabile e vicina alle persone, tenendo a bada estremismi, utopie irrealizzabili e ideologie basate sulla conflittualità o sul dare sempre la colpa “agli altri”.

Ci sono tante esperienze positive in giro per il nostro Paese e oltre, e persone più che valide che si impegnano per fare del bene; e poi ci siamo noi singoli, che abbiamo la responsabilità delle “piccole cose” di tolkeniana memoria, perché non è vero che solo gli eroi o le istituzioni possono fare la differenza. I singoli sono fondamentali, perché viviamo in democrazia, e ogni persona può apportare un contributo, con i propri limiti: alla fine, il mondo in cui viviamo è anche la somma delle azioni e dei comportamenti personali di tutti e tutte noi.

Paolo A.: Negli ultimi anni la parola “libertà” è tornata ad avere un valore quanto mai fondamentale e per nulla scontato. Come hai anticipato, nel nostro libro è un elemento cardine, così come il concetto di “rivoluzione”. I pirati, seppur in parte romanzati e idealizzati nel corso del tempo, sono stati un grande esempio di libertà, hanno tracciato una “rotta” e indicato una via a chi è più debole e sottomesso.

La storia ha insegnato che le rivoluzioni nascono dal basso e portano sempre un cambiamento, e ogni generazione ha qualcosa per cui combattere, ciclicamente, e in particolare in anni bui come questi. Ognuno di noi, nel proprio piccolo, dovrebbe essere un po’ pirata: combattere per ciò che ritiene giusto, per la propria dignità e la libertà individuale e, soprattutto, per il benessere della comunità, o meglio, della “ciurma”.

Una domanda per Paolo Corbetta. In questo nuovo capitolo della storia il rapporto tra Paul e Chepi viene approfondito, e la nativa si scopre essere una vera assassina sanguinaria. Come mai hai scelto di rappresentare una donna così forte e indipendente, temprata dal suo passato travagliato?

The Drunk Fury. Ascension Island di Paolo Andrico e Paolo M. Corbetta

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Paolo M. C.: In Italia e in Europa – e parzialmente in Occidente in senso ampio – viviamo una realtà che, spesso e volentieri, non combacia in alcun modo con l’esperienza quotidiana della maggior parte delle persone che camminano su questo pianeta. Il passato di Chepi è traumatico, sì, ma non è così lontano da ciò che può essere il vissuto di una ragazzina curda che si arruola nelle YPJ (Unità di Protezione delle Donne) o di una ragazzina ucraina che ha perso la famiglia durante l’invasione russa, o ancora di una ragazzina Tutsi durante il genocidio in Ruanda.

Potrei andare avanti a lungo, ma ci siamo intesi, credo. Durante la mia vita ho conosciuto tante donne forti, indipendenti, temprate da un passato travagliato, e durante l’epoca piratesca la vita delle donne non era certo più semplice. Ho ritenuto di dover dare loro voce, per quanto possibile per un uomo, e Chepi è venuta fuori naturalmente: durante la trama, la sua personalità è emersa in maniera più chiara, così come scrivendo la sua biografia.

Una domanda per Paolo Andrico. La ciurma del capitano John è formata da uomini che provengono da diverse parti dei Sette Mari. Perché hai scelto di porre un gruppo di vichinghi su una nave baleniera pirata? Sei affascinato dai popoli del Nord?

Paolo A.: Quando ero piccolo, mio nonno diceva sempre che la nostra famiglia un tempo apparteneva alla stirpe vichinga. Mio nonno è nato in provincia di Brescia, perché non credergli? Scherzi a parte, i popoli del nord mi hanno sempre affascinato: hanno una tempra lontana dai costumi caraibici o mediterranei, rappresentano un mare diverso, più freddo e ostile ma non meno ricco di misteri e fascino.

Inoltre, come per il discorso delle creature sovrannaturali, è stato bello poter fare un crossover tra pirati dei Caraibi e vichinghi. Un altro esempio? Nella ciurma di John e Jack Tyler ci sono anche inuit, indios e il medico di bordo è uno stregone strampalato.

Lo scontro finale si conclude nel sangue, con molte perdite valorose sia per il capitano John che per il capitano Vince. Quanto è difficile per un autore uccidere alcuni dei suoi personaggi?

The Drunk Fury. Ascension Island di Paolo Andrico e Paolo M. Corbetta

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Paolo A.: Ehi ehi ehi, niente spoiler! Alla fine del primo libro io e Paolo ci siamo guardati e abbiamo deciso una cosa: ora che abbiamo creato i personaggi, dobbiamo farli morire. Prima, però, facciamo sì che i lettori ci si affezionino. Se ci pensate, perché George R.R. Martin ha avuto così tanto successo con “Il Trono di Spade”? Perché la morte affascina quanto la vita, se non di più. Non dico che sia semplice, perché ogni personaggio è una parte di noi, in un certo senso; ma è necessario per rendere una storia avvincente e credibile.

D’altronde, stiamo parlando di pirati, no? Come dice il nostro motto: “Drink or die”. Non ci resta che berci su.

Paolo M. C.: Su questo, George R. R. Martin docet, però per me ogni uscita di scena è un colpo al cuore. A volte le persone pensano che gli autori e le autrici costruiscano ex ante i personaggi nel loro complesso ma non è sempre così, anzi, noi ci troviamo spesso a vederli crescere nel dipanarsi della trama. Ti ci affezioni, impari ad amarli, conoscerli e rispettarli, e poi le condizioni del racconto li portano alla morte.

Senza fare spoiler, io ancora mi commuovo nel leggere le varie perdite di Ascension Island, perché fino alla fine spero che determinati personaggi sopravvivano. Però i romanzi sono come la vita, nella vita le persone muoiono, e qui abbiamo un romanzo che intreccia pirateria, guerra e rivoluzione: che dei personaggi ci lascino, purtroppo, è fisiologico.

Al termine della storia, i lettori possono trovare le biografie della bella Marie Anne e della spietata Chepisooleawa. Per costruire il mondo alle spalle delle due protagoniste avete compiuto una lunga ricerca storica sugli usi e costumi del tempo?

Paolo A.: Fin dal primo libro – dove trovate quelle di Jack e Paul – le biografie dei protagonisti rappresentano un elemento importante della nostra storia. Un momento di riflessione retrospettiva sui personaggi, che rivela ciò che erano prima che la vicenda avesse inizio.

The Drunk Fury. Ascension Island di Paolo Andrico e Paolo M. Corbetta

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Questa volta le protagoniste sono principalmente femminili, raccontando una faccia diversa di un universo che era prettamente maschile. Ovviamente ci siamo informati sul background storico delle protagoniste, un’attività che facciamo in generale con la nostra storia e i personaggi che creiamo, ed è forse uno degli aspetti più belli. Abbiamo iniziato a scrivere questo libro perché avevamo entrambi la passione per i romanzi storici sulla pirateria, quindi non possiamo che continuare a seguire questo metodo.

Paolo M. C.: Qui sarò schietto: le biografie sono una figata. Nel primo libro erano nate per aiutarci nel costruire Jack e Paul e capire come muoverci quando dovevamo scrivere dell’alter ego dell’altro, nonché per rispondere a una domanda: “Quante volte, leggendo un libro, avresti voluto sapere il passato di un personaggio?”.

Ecco, in Ascension Island questa domanda è esplosa e le biografie sono diventate dei racconti a sé, in cui chiariamo una serie di punti che rinforzano la trama generale e ci permettono di scoprire quattro dei nostri protagonisti. Per forza di cose, quindi, abbiamo dovuto studiare parecchio per riuscire a strutturarle degnamente, ma ormai siamo abituati: entrambi i nostri romanzi poggiano su tanto, tantissimo studio e ricerche, dalle più classiche alle più specifiche.

Uno dei personaggi più misteriosi della storia è sicuramente Le Havrien. Avete in mente di scrivere una piccola biografia anche su di lui nel prossimo capitolo della storia? Mi incuriosisce molto.

Paolo M. C.: Le Havrien è davvero un personaggio pazzesco e molto misterioso, lo capiamo già dalla sua entrata in scena ne La nascita della Fratellanza. Durante Ascension Island, invece, riusciamo a ricostruire parte del suo passato e della sua personalità, ma sappiamo che ha ancora tanto da mostrare e da rivelare. Sulla biografia… la tentazione è tanta, vedremo se sarà possibile!

Paolo A.: Le Havrien è assolutamente uno dei personaggi più interessanti e allo stesso tempo misteriosi di tutta la trilogia. Meriterebbe un libro a parte. Di lui si conosce pochissimo, fin da quando appare mozzando la testa a un soldato spagnolo. Nel corso delle vicende, e in particolare in questo secondo capitolo, scopriamo, brano a brano, alcuni spunti sulla sua storia che effettivamente risulta quanto mai affascinante. Non possiamo sbilanciarci sulla biografia, ma sicuramente è uno dei nomi papabili. E poi, se ce lo chiedi tu, Charlie, sarà difficile dire di no.

Paolo M Corbetta, qual è il personaggio di Ascension Island che preferisci in assoluto, dopo Paul Dragon?

Paolo M. C.: Non ho una classifica particolare, in realtà i miei personaggi preferiti sono tre: Chepi, Le Havrien e Marcelo. Ognuno a suo modo, sono eccezionali, però non voglio rischiare di fare spoiler.

Paolo Andrico, quale autore consiglieresti per immergersi in atmosfere al sapore di rum sullo stesso stile della saga The Drunk Fury?

Paolo A.: Se parliamo di “atmosfere al sapore di rum”, il primo libro che mi viene in mente è “The rhum diares” di Hunter S. Thompson, seguito da “La Confraternita dell’uva” di John Fante, nonché dai romanzi di Charles Bukowski. Se leggete quei libri non vi consiglio di prendere la macchina, perché temo che non passereste indenni il test con l’etilometro. Se però vogliamo restare più vicini al genere del romanzo d’avventura – anche se appartenente al mondo fantasy – consiglio la saga dello strigo Geralt di Rivia, di Sapkowski.

Per concludere c’è qualcosa che vorreste confessare ai vostri lettori? Quali meraviglie dobbiamo aspettarci nell’ultimo capitolo della saga?

Paolo M. C.: Qui andiamo sulle domande tricky, Charlie! Siamo pronti a partire con l’ultimo romanzo, abbiamo ultimato la trama e ci prepariamo a chiudere il cerchio: senza spoiler, ci saranno molte cose che vi sorprenderanno e alcune, ne siamo quasi certi, vi lasceranno senza fiato. Ci siamo detti: “Nel secondo abbiamo tenuto alta la tensione? Allora nel terzo la facciamo saltare in aria”. Quindi preparatevi, perché la pirateria è scesa in guerra, e la rivoluzione si avvicina!

La confessione, invece, è facile: viviamo in un Paese dove, purtroppo, non si legge molto. Dico purtroppo perché la buona letteratura è essenziale, sia per lo sviluppo e la crescita delle persone sia per la cittadinanza di una democrazia, ne abbiamo bisogno come l’aria, e di questo ne sono convinto. Ecco, se i nostri romanzi – e in generale i romanzi di Bookabook – vi piacciono, allora consigliateli, parlatene, venite ai nostri eventi, e diffondiamo la Drunk Fury!

Paolo A.: La cosa che voglio confessare è che vorrei che questa saga non avesse una fine, ma potesse continuare finché ne avremo voglia. Ma tutte le cose belle prima o poi devono finire, e così dovrà essere per questa trilogia. Per questo motivo ci stiamo preparando per un ultimo capitolo che possa chiudere al meglio il cerchio. Non possiamo dire molto, se non che i nostri pirati si spingeranno fino in capo al mondo, fino alle terre di nessuno, dove regnano il ghiaccio e la eco di mondi remoti, per trovare il tesoro per dare infine vita alla rivoluzione. E noi saremo con loro per testimoniarlo e per portarvi con noi per un ultimo, grande viaggio.

Grazie Paolo e Paolo M per averci donato un po’ del vostro tempo. In attesa dell’ultimo capitolo della storia, yo-oh e una buona bottiglia di rum!

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