John Wayne Gacy (1942-1994) è stato un aspirante politico americano con un buon potenziale, un imprenditore apprezzato, un marito, un padre e un clown per beneficenza alle feste di volontariato, ma anche un serial killer responsabile dell’omicidio di 33 giovani uomini tra il 1972 e il 1978.

Molti di questi furono trovati sepolti sotto la sua casa, nella tranquilla periferia a nord-ovest di Chicago.

Cinquant’anni dopo, gli esperti di DNA non hanno ancora identificato tutte le vittime.

Anche se non l’ha mai ammesso apertamente, a lui si è ispirato per il suo celebre Pennywise il re del brivido Stephen King nel romanzo IT.

Una vita solo all’apparenza normale

John Gacy era un bambino sovrappeso alla costante ricerca di approvazione da parte dei suoi coetanei, dai quali veniva bullizzato e da suo padre che sotto l’effetto dell’alcol lo picchiava e lo definiva “grasso ed effeminato”.

John Wayne Gacy

White House photographer, Public domain, via Wikimedia Commons

Nonostante ciò a diciotto anni si candidò alle elezioni comunali con il partito democratico.

A ventidue sposò Marlynn Myers. Nonostante ciò, nello stesso anno ebbe la prima esperienza omosessuale, un rapporto orale consensuale con un collega di lavoro.

Quando suo suocero gli propose di dirigere i tre ristoranti della catena Kentucky Fried Chicken di sua proprietà a Waterloo nello stato dell’Iowa, accettò e si rivelò un ottimo responsabile.

Nel ’67 e nel ’68 nacquero Michael e Christine Gacy. Nel frattempo arrivarono i primi guai con la giustizia. Il quindicenne Donald Voorhees confessò ai genitori di essere stato pesantemente molestato da John.

Fu denunciato e mentre era in attesa di giudizio, convinse uno dei suoi impiegati ad assalire Donald per intimidirlo e scoraggiarlo a testimoniare al processo.

Il fatto fu scoperto e a Gacy furono attribuite anche le aggravanti. Giudicato colpevole di sodomia nei confronti del ragazzo, fu condannato a 10 anni.

Il giorno stesso della condanna, sua moglie chiese il divorzio e naturalmente perse anche il posto come direttore dei ristoranti del suocero.

Pogo the clown

Pogo the clown

John Gacy Pogo December 1976 Martin Zielinski Martin Zielinski, Public domain, via Wikimedia Commons

In prigione, John Wayne Gacy fu un detenuto modello e questo gli valse una forte riduzione della pena.

Scarcerato nel 1971, tornò a vivere a Chicago con sua madre che gli finanziò l’acquisto di una nuova casa dove l’anno dopo andò a vivere con la sua seconda moglie, Carole Hoff.

Sempre nel 1972 fondò la PDM Contractors, un’impresa edile che in breve tempo lo portò ad essere in grado di sostenere non solo riparazioni ma progetti ed opere di costruzioni.

In questo periodo, la doppia vita di John, diventa la normalità. Mentre le sue morbose pulsioni da omosessuale represso diventano più pressanti e violente, decide di creare un’immagine pubblica rispettabile entrando a far parte di un “Jolly Joker Clown Club“. I membri erano volontari volontari che, mascherati da pagliacci, si esibivano regolarmente senza scopo di lucro in varie manifestazioni di beneficenza e negli ospedali dove davano spettacoli per i bambini malati.

A tal fine Gacy creò il suo personaggio: Pogo the clown. Da cittadino attivo per la comunità di Chicago, nel 1978 John incontrò e si fece fotografare con l’allora First Lady Rosalynn Carter che gli firmò la foto con la seguente dedica: “To John Gacy. Best wishes. Rosalynn Carter”.

Gli omicidi seriali

Per John Wayne Gacy la resa verso i suoi istinti più oscuri era cominciata già nel 1972 quando attirò nella sua casa il quindicenne Timoty McCoy, la sua prima vittima.

Timothy McCoy prima vittima di Gacy

Timothy McCoyJohnGacy1972 Beverly Billings. December 1971, Public domain, via Wikimedia Commons

Il ragazzo era diretto in Nebraska e Gacy lo prelevò ad una fermata dell’autobus con la promessa di fargli fare un giro turistico di Chicago e riposare per la notte.

Al processo dichiarò di essersi svegliato con il ragazzo in camera da letto che brandiva un coltello, di averlo attaccato per difendersi e di avere avuto la meglio nella colluttazione.

In seguito testimoniò di aver trovato in cucina una confezione di uova aperta e del bacon, deducendo che il ragazzo volesse preparare la colazione a entrambi, ma aveva fatto l’errore di entrare in camera per svegliare John con il coltello da cucina.

Il corpo di Timoty fu ritrovato sei anni dopo, nell’intercapedine della casa di Gacy, assieme ad almeno 27 altri corpi.

Nel corso di un’intervista dopo l’arresto, affermò che, immediatamente dopo quel primo omicidio, si era sentito “totalmente prosciugato“, rendendosi conto di aver avuto un orgasmo nell’atto di uccidere il giovane, e aggiunse:

“fu allora che mi resi conto che la morte era l’emozione più grande”.

Il modus operandi

Da allora e per i successivi sei anni l’attività di predatore seriale di John si intensificò. Quando divorziò dalla seconda moglie restando solo a casa, gli omicidi aumentarono a dismisura.

Il suo terreno di caccia divenne la sua stessa azienda, le vittime designate i giovani in cerca di lavoro come operai edili. Il suo modus operandi era il sequestro, gli abusi sessuali e dopo svariate sevizie, morte per strangolamento.

Solo tra settembre e dicembre 1977, Gacy assassinò sei giovani uomini di età compresa tra i 16 e i 21 anni, inclusi due marines e il figlio di un sergente della polizia di Chicago.

L’anno dopo, stranamente, il killer lasciò andare due sue vittime dopo averne a lungo abusato crudelmente. Le loro testimonianze, tuttavia, non saranno prese sul serio dalla polizia che preferì credere a Gacy che aveva sostenuto di aver praticato con loro del sesso sadomaso consenziente.

L’arresto e la condanna

Fu la scomparsa del quindicenne Robert Piest avvenuta l’11 dicembre 1978, a determinare la cattura di Gacy.

Robert Piest ultima vittima accertata di Gacy

Robert Piest (1963-1978) as a high school freshman SconosciutoUnknown author, Public domain, attraverso Wikimedia Commons

Il ragazzo, nella farmacia dove lavorava, aveva confidato di aver conosciuto il gioviale proprietario della PDM Contractors e che avrebbe dovuto incontrarlo la sera della sua scomparsa per discutere un’offerta di lavoro.

I poliziotti che si presentarono a casa di John per chiedere informazioni notarono subito l’odore nauseabondo della putrefazione. Questa volta non si fecero ingannare dalla scusa del sistema fognario mal funzionante.

Almeno 27 corpi giacevano in vari stadi di decomposizione in una intercapedine sotto il pavimento di casa Gacy, nella cantina e nel calcestruzzo sotto la zona barbecue del giardino.

Le ultime cinque vittime, confesserà il killer, erano state gettate dal ponte sul fiume Des Plaines facendo salire a 33 il numero ufficiale degli omicidi.

John Wayne Gacy foto segnaletica

Booking photo of Gacy taken by the Des Plaines Police Department, December 1978 Des Plaines Police Department, Public domain, via Wikimedia Commons

Ad oggi, cinque cadaveri non hanno ancora un’identità. Durante il processo, la difesa tentò la linea dell’infermità mentale sostenendo che Gacy avrebbe agito per “conto di Jack”, il suo alter ego cattivo. Tuttavia le perizie psichiatriche evinsero la piena capacità di intendere e volere al momento dei fatti, aggravati da una particolare propensione al sadismo ed un’assenza totale di empatia.

Durante un controinterrogatorio specifico relativo alla tortura, Jeffrey Rignall, rilasciato inspiegabilmente da Gacy dopo indicibili ore di abusi, ripensando a ciò che aveva subito, vomitò in aula e fu dispensato da ulteriori testimonianze.

Le dichiarazioni

Quando gli investigatori chiesero a John se ci fossero più vittime, lui rispose:

“Spetta a voi ragazzi scoprirlo”.

La giuria non ebbe dubbi nel decidere all’unanimità la pena capitale per omicidio plurimo, sequestro di persona, tortura, sodomia, occultamento di cadaveri.

Gacy rimase nel braccio della morte del Menard Correctional Center di Chester ben quattordici anni durante i quali scrisse numerosi appelli per commutare la pena di morte in ergastolo. Richieste sempre respinte.

La sentenza fu eseguita il 10 maggio 1994 mediante iniezione letale endovenosa.

L’ultima dichiarazione al suo avvocato prima dell’esecuzione fu:

“prendervi la mia vita, non compenserà la perdita di quelle altre”.

Le sue ultime parole prima della morte, invece, furono semplicemente:

“kiss my ass!”
“baciatemi il culo”.

La strana ipotesi di potenziali complici

Gacy non ha mai mostrato segni di pentimento nei riguardi delle brutalità da lui commesse, anzi ha sempre cercato scappatoie alla sua condanna.

La casa degli orrori

Site of John Wayne Gacy, Jr.’s House Stephen Hogan, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Una delle prime cose che egli chiese agli investigatori dopo il suo arresto fu se i suoi “soci” fossero stati arrestati lasciando intuire che non avesse agito da solo nel momento degli omicidi.

Alcuni avvocati e investigatori della difesa indagarono effettivamente sulla possibilità che avesse avuto dei complici ed arrivarono ad affermare:

“ci sono prove schiaccianti che Gacy ha lavorato con un complice”.

In effetti Jeffrey Rignall, aggredito, torturato e fortunatamente rilasciato da Gacy nel marzo 1978, era irremovibile sul fatto che a un certo punto durante il suo calvario, un giovane con i capelli castani si fosse inginocchiato davanti a lui e avesse assistito ai suoi abusi.

Sostenne inoltre di aver visto una luce accendersi in un’altra parte della casa.

Nonostante questa testimonianza inquietante, questa ipotesi non fu perseguita in tribunale per la scarsità di prove a sostegno.

Verosimilmente, Gacy provò ogni espediente per discolparsi almeno in parte così come riuscì a far slittare due volte la data della sua esecuzione.

Nella cultura di massa

Disegno realizzato da John Gacy

Drawing of a serial killer John Wayne Gacy
The Orchid Club, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

John Wayne Gacy è stato, in parte, il prodotto della società americana degli anni ‘50/’90, anni in cui la liberalizzazione sessuale è solo apparente, ben lontana dall’essere reale.

Appartenere ad una minoranza culturale, etnica e/o sessuale, in quell’arco temporale era davvero limitante e a volte, pericoloso.

Gacy è stato uno dei tanti omosessuali che cercarono di reprimere la loro natura in nome di una moralità tristemente sbagliata. E questo tipo di “moralità”, si sa, ha creato più danni dell’atomica.

Isolato nella sua cella in prigione, Gacy iniziò a dipingere traendo ispirazione da soggetti diversi: uccelli, teschi, la sua stessa casa, ma soprattutto dipingeva pagliacci e sé stesso nelle vesti del suo personaggio Pogo the clown.

Molte delle sue opere sono state esposte in varie mostre, altre sono stati vendute all’asta con prezzi individuali compresi tra $ 200 e $ 20.000 e fanno parte ad oggi, di collezioni private.

I media

Come altri serial killer anche Gacy ha pervaso la cultura di massa. Nella copertina del primo album del gruppo Acid Bath, intitolato When the Kite String Pops, viene raffigurato Gacy nelle vesti di Pogo the clown in cartone animato.

Nel 2003, il regista  Clive Saunders realizzò il film “Gacy”.

Uno dei membri del gruppo metal di Marilyn Manson adottò il nome d’arte “Madonna Wayne Gacy”, creato unendo il nome della popolare cantante pop con quello del serial killer.

Materiale per dipingere usato da Gacy

English: John Wayne Gacy’s art kit displayed at the National Museum of Crime and Punishment in Washington, D.C. Sarah Stierch from California, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Nella quinta stagione della popolare serie “American Horror Story”, il personaggio di John Wayne Gacy, interpretato da John Carroll Lynch, fa visita nell’Hotel Cortez in cui è ambientata la vicenda.

Non poteva mancare la piattaforma Netflix ricca di contenuti true crime che nel 2022 ha reso disponibile “Conversazioni con un killer: il caso Gacy” che racconta la biografia del killer attraverso testimonianze di persone che hanno avuto a che fare con lui direttamente o indirettamente.

Inoltre nella miniserie  “Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer” (Netflix 2022), Gacy interpretato da Dominic Burgess, appare nell’ultimo episodio che mette in luce una strana coincidenza. Nel momento stesso in cui Gacy veniva giustiziato il 10 maggio 1994, Jeffrey Dahmer riceveva il battesimo cristiano e mentre tutto ciò accadeva si verificò un eclisse totale di sole, fatto che fu interpretato da molti come “un segno mistico”, la luce che dopo essere stata oscurata dalle tenebre, torna inesorabilmente a splendere.

Autore

  • Roxanne Caracciolo

    Affascinata dal lato oscuro che c'è in ogni persona, mi piace approfondire misteri e leggende. Ho studiato negli anni, tutto ciò che riguarda il vampirismo, a livello letterario, storico e reale. Quando non sono al lavoro o in palestra, sono immersa nella lettura, i miei autori preferiti sono Poe, Lovecraft, Wilde e tra i contemporanei King ed Anne Rice.