Lo so, lo so. Ho molto lavoro arretrato con questo blog e chiunque passi di qui abitualmente potrebbe sentirsi nel pieno diritto di dirmi “Che senso ha aprire una nuova rubrica quando ne hai tante altre ‘in pending’?”
Non so come mi sia saltata in testa questa idea, fatto sta che spesso le cose si accumulano e poi a un certo punto si finisce per dire basta.
Non tutti sanno che io ho smesso di mangiare carne da almeno due anni, questo in seguito a una serie di eventi che non so quanto si possano definire fortunati o sfortunati e che in ogni caso non starò comunque qui ad enarrare in quanto penso che nessuna delle persone che sia qui a leggere abbia interesse a conoscere e in ogni caso non sono l’argomento chiave di questo articolo, quindi procediamo per capi.
L’antefatto.
Al giorno d’oggi non esiste una persona che non frequenti un noto social network, conosciuto con il nome di Facebook, e all’interno del quale la cosiddetta realtà virtuale prende vita. Facebook, oltre al condividere gli affari proprio ha anche una funzione più utile che è quella dello scambio di opinioni che può risultare più o meno costruttiva a seconda degli individui che intervengono all’interno di esso. A tal proposito nascono i famosi gruppi Facebook, dove, persone con gli stessi interessi (e badate bene a questo concetto chiave) si scambiano opinioni su determinati argomenti.
Frequento, come tutti, diversi di questi gruppi, alcuni dei quali riguardano appunto la scelta di vita vegetariana/vegana. Oggi uno di questi gruppi è stato preso d’assalto dal fan-club della braciola, o forse doveva essere la giornata internazionale del “rompi le scatole a un vegano e cerca di farti insultare” e io non le sapevo niente. Ora premettendo che sono contraria all’offesa da qualunque parte questa provenga c’è da passare al punto fondamentale che ha dato origine a questo post e che ha fatto nascere questa rubrica che poi tratterà anche di altri argomenti: la veganphobia.
Veganphobia.
Partendo da presupposto che ognuno a casa sua fa quel che gli pare e che:
- nel proprio piatto ognuno può mettere ciò che vuole e non sarò io a fare cambiare idea a chicchessia (e sinceramente nemmeno mi interessa farlo)
- ho amici che mangiano carne e certo non vado lì ad offenderli e nemmeno ho problemi a sedermi a tavola con loro
- non impongo la mia alimentazione a nessuno, tuttalpiù offro se qualcuno vuole assaggiare, ma alla fine non mi offendo se non lo volete o non vi piace.
Non capisco cosa spinga molti onnivori ad entrare in pagine e gruppi dichiaratamente vegani e postare immagini di braciole, arrosti, salsiccia e animali martoriati come se questo li rendesse grandi uomini o grandi donne, quasi si fosse tornati ai tempi delle scuole dove offendere il ragazzino un po’ diverso, quello cicciottello, quello con gli occhiali, o quello che semplicemente segue le lezioni in classe.
O forse sì, forse lo capisco, perché il meccanismo di fondo non è poi così diverso da quello che c’era dietro il bullismo a scuola o quando eravamo tutti piccini, peccato solo che dietro questi schermi e dietro quelle tastiere si presuppone che ci siano persone adulte con un cervello funzionante.
Ah, ma cosa dico, il problema non è solo dei vegani, dopotutto quante sono le persone che, come leoni da tastiera, non fanno altro che slutshaming, bodyshaming e bullismo, sì, vero e proprio, dietro quella macchina che consente, in buona parte l’anonimato? Insomma, chiunque potrebbe dire che mi sto lamentando dei “problemi” dei vegani, quando, di fondo ce ne sono di più gravi che andrebbero presi in considerazione.
Hey, cavolo, devo pure dirvi che avete ragione, ma da qualche parte bisogna sempre cominciare, no?
Ora, se volessimo parlare del fenomeno, in generale del bullismo, a parte non averne le competenze perché qui davvero bisognerebbe ricorrere all’aiuto di uno psicologo e definire la figura del bullo e come nasce un bullo, se per aggregazione a un branco (e qui immagino possa esserci una solitudine di fondo, o quel concetto dove il soggetto preferisce trovarsi fra i carnefici che fra le vittime) o per un senso di mostrare una forze che in realtà non si possiede (come il gallo cedrone che gonfia il petto e le penne per sembrare più grosso così da spaventare i suoi rivali); ci sarebbe così tanto da dire, e così tanto da analizzare che perderemo il principio di quello che è il concetto che da origine a questa rubrica walk in my shoes ovvero cammina con le mie scarpe, riconducibile all’italiano mettiti nei miei panni.
E sicché stiamo parlando di vegani e vegetariani proviamo a capire chi sono i vegani o i vegetariani, perché fanno quello che fanno e perché tali comportamenti nei loro confronti possono considerarsi offensivi e, per giunta, maleducati.
Il vegano, il vegetariano è una persona che ha scelto di non mangiare carne e nel primo caso nemmeno i derivati di origine animale uova, latte, miele (surprise surprise).
Le ragioni che possono portare una persona a fare questa scelta possono essere:
- di tipo salutista: la persona sceglie di non mangiare cibi che ritiene insalubri per il proprio organismo, per gli ormoni di cui è imbottita la carne, per il contenuto di grassi, colesterolo, quello che volete all’interno di tali alimenti;
- di tipo etico: e cioè non vuole avere sulla coscienza la morte e la sofferenza di altri animali (non tutti nascono vegetariani o vegani per cui è presumibile che alcuni di loro abbiano mangiato carne in passato) perché ha rispetto per la vita in tutte le sue forme.
Prendiamo adesso in esame il secondo caso, perché è quello che più ci riguarda da vicino. Sappiamo che il mondo è bello perché è vario, sappiamo che per cultura, formazione, esperienze, personalità, le persone fanno diverse scelte di vita o si ritrovano anche con un modus pensanti(?) che non le accomuna sempre le une alle altre.
Dunque ora facciamoci un paio di domande.
- Sappiamo che una persona di origine musulmana non può bere alcolici e non può mangiare maiale, lo invitereste mai a mangiare la porchetta?
- Sappiamo che nella religione induista le mucche sono considerate sacre, gli offrireste mai a mangiare del vitello?
- Come vi sentireste se vi invitassero a mangiare il vostro cane o il vostro gatto?
A questo punto del discorso, se siete persone intelligenti dovreste già aver capito perché scrivere sotto la foto del coniglio del vostro amico “Sai che buono al forno con le patate” no, non lo farà ridere, e postare in una pagina vegani delle costolette di agnello nel periodo di Pasqua non renderà il vostro pene più grosso o le vostre tette più sode (ironia) farà di voi delle persone simpatiche, intelligenti o quel che credete di essere*¹.
Detto ciò, abbiamo detto e abbiamo ripetuto che il vegano/vegetariano considera allo stesso livello ogni forma di vita, quindi sì, anche il vostro pollo, il coniglio, il capretto, il vitello e via dicendo. Per un vegano/vegetatiano sono tutti cuccioli e un cucciolo è in qualche modo un bambino. Così, come, spero tutti, si indignano quando leggono di un bambino maltrattato, ucciso, abusato, così ad altre persone può dare fastidio sapere che c’è un cucciolo, da qualche parte sta soffrendo perché lui debba mettersi della carne nel piatto.
E lo ripeto, ancora una volta, non sto parlando del vostro piatto, ma del suo, di quella persona che ha un tale affetto verso tali creature da detestare questo tipo di pensiero. E ribadiamo ancora, qui non sta parlando di un mondo utopico, dove tutti sono vegani, dove non c’è la guerra, dove non c’è fame, non c’è malattia e dove tutti sono felici e saltellano per i campi, si sta parlando semplicemente di rispetto e del fatto che prima di dire qualcosa a qualcuno, chiunque esso sia e qualunque tipo di scelta abbia fatto, e di qualunque argomento si stia parlando, forse, e dico forse, sarebbe il caso di mettersi a contare fino a dieci e pensare, quanto, quelle nostre parole possano ferire l’altro, quanto quel nostro comportamento possa andare a toccare delle corde nell’animo dell’altro e nella sua sensibilità.
Un principio, che ripeto può essere applicato a diverse situazioni e diverse condizioni e oggi ha avuto origine da questa riflessione, ma che ripetiamo ancora, possiamo vedere in altri campi della vita. Camminiamo nelle scarpe degli altri. Pensiamo agli effetti delle nostre parole, proviamo a guardare il mondo da una prospettiva diversa, prima di dire qualunque cose. E impariamo, per una volta anche a chiedere scusa, quando, effettivamente, ci rendiamo conto di essere stati un po’ indelicati.
*1: ovviamente si specifica che il voi in senso generico e non è certo riferito a chi non ha comportamenti di questo genere
Postilla
Alla fine mi rendo conto che volevo impostare l’articolo in maniera diversa e che il titolo potrebbe ora, agli effetti, risultare fuorviante, ma ho deciso comunque di lasciarlo perché forse può generare una riflessione. Volevo essere più polemica, lo ammetto, ma poi ho preferito mettere maggiormente in luce l’aspetto del “mettersi nei panni altrui” che mi sembrava, forse, più importante di eventuali critiche che avrei potuto fare.
Non mi piace offendere, non mi piace di dover prendere parte a discussione polemiche e non mi piace dover motivare delle scelte personali perché penso che nessuno dovrebbe sentirsi in dovere di spiegare quello che decidono di fare, ma credo anche che invece di andare avanti e imparare un po’ ad accettarsi tutti per quanto diversi stiamo invece rischiando di volerci sempre più imporre a forza sugli altri e sul loro modo di pensare. Siamo nel 2016, siamo in una società multietnica, multirazziale, siamo nel mondo dell’internet dove le distanze spariscono con pochi click, cerchiamo di arricchirci un po’ del contatto con gli altri invece di barricarci nel nostro angolo di pensiero.
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