Oggi voglio provare a mettermi un po’ in gioco lanciando Sorgenti Cremisi per il progetto Favole da Compagnia. Questo è un racconto lo scrissi molti anni fa per una gara letteraria su un forum. È passato molto tempo da quando scrissi questo racconto quindi il mio modo di scrivere credo sia de tutto cambiato. Credo che il mio modo di scrivere sia estremamente cambiato da allora, quindi il racconto ha dovuto subire una grande revisione. Oltretutto mi sono resa conto che parecchio lungo rispetto a quelli inviati fino ad ora e per tale ragione ho deciso di dividerlo nelle quattro parti in cui era stato concepito all’epoca. Vi chiedo scusa per il disagio.
Sorgenti Cremisi
1.
Sàrvàr, Ungheria, 1614.
Le voci si sparsero velocemente nella la piccola città. La contessa era morta. Il diavolo l’aveva ricacciata all’Inferno.
Dal processo erano passati quattro anni. Le streghe erano state messe al rogo, il nano decapitato. L’incubo era giunto al termine.
La parete che la teneva rinchiusa venne finalmente abbattuta. Il corpo della contessa era rannicchiato su se stesso, era ancora bella come quattro anni prima, il tempo non sembrava essere trascorso. Era nata nel 1560 e da allora erano trascorsi cinquantaquattro anni, eppure il suo viso non ne mostrava più di trenta.La porta in legno di una casupola si aprì per lasciare entrare una figura incappucciata.
Lazslo non era certo abituato a quel modo di vivere. Aveva origini nobili nonostante non appartenesse alla schiera dei più potenti. Tuttavia quella era la sola alternativa che aveva avuto alla morte. Lasciare che qualcun altro prendesse il suo posto e nascondersi fra il popolo meno ambiento fino al giorno in cui non avessero avuto la possibilità di riottenere gli antichi privilegi.La figura ammantata fece qualche passo verso di lui prima di liberarsi del cappuccio e rivelare un viso di donna.
-Ilona!- esclamò -È vero quello che si dice?- le chiese mentre le faceva cenno di accomodarsi -Erzsèbet è morta? Non è la prima volta che….- dovette arrestarsi quando vide il segno di assenso della donna.La guardò come in attesa di una risposta, di una spiegazione. -Quattro anni sono un tempo sufficiente.- gli disse lei, mantenendo un tono distaccato. -È meglio che tutti credano che le cose siano andate in questo modo.- concluse mentre prendeva posto accanto al tavolo. Lui la fece sedere, poi si avvicinò al camino per attizzare il fuoco che lanciava riflessi d’aurora sulle scure pareti della casa e sui loro volti chiari.
Il silenzio inondò la stanza, si udiva solo il crepitio del fuoco.
-Dubito che le concederanno un funerale cristiano.- Ilona riprese a parlare incurante delle reazioni dell’uomo che manteneva a sua volta un atteggiamento distante. -Non credo che l’avrebbe voluto.- le rispose con un sorriso ironico che lei ricambiò. -No, non l’avrebbe voluto.- confermò -Ma il problema fondamentale è che a noi serve quel corpo e che un funerale cristiano ci avrebbe suggerito un preciso luogo di sepoltura. In questo modo risulta tutto più difficile.-
Abbassò lo sguardo, la donna, concentrandosi nel disegnare con le dita tracce visibili sulla polvere che da tempo si era posata sulla superficie del tavolo. Per alcuni minuti nessuno dei due parlò. Lazslo si limitava a muovere l’attizzatoio con fare pensieroso fra le fiamme ravvivandole e sedandole prima con un gesto poi con l’altro. Pensava.
-Nádasdy….-
Ilona alzò il capo e guardò l’uomo. -C’erano dei sotterranei a Nádasdy, forse l’hanno portata lì. Forse le hanno scavato una tomba nello stesso castello.- le disse voltandosi verso di lei per vedere i suoi occhi spalancati fissi su se stesso. -Cosa?- le chiese notando quello sguardo -Neanche lei portava fuori i corpi, doveva sbarazzarsene rimanendo nel castello.-
Dal suo tono si capiva perfettamente che non aveva alcun dubbio sulla sua affermazione. Eppure l’espressione di lei sembrava dire il contrario.
-Era Fizcko a occuparsene…- gli spiegò la sua voce. L’uomo si girò di scatto verso di lei come se un fulmine l’avesse colpito in pieno petto. -Il nano.- precisò -Ma sappiamo bene entrambi che è morto quattro anni or sono. Fizcko conosceva ogni angolo di Nádasdy. Ma mi sembra chiaro che a questo punto non possiamo sperare sul suo aiuto.-
-Quindi dovremo occuparcene personalmente.- la interruppe riponendo l’attizzatoio che cadde in terra con un suono metallico. Si avvicinò lentamente alla donna -Sai bene che non possiamo fare molto senza Erzsèbet. Era lei la più potente, era lei quella che meglio conosceva quel genere di magia.- le sussurrò prima di sfiorarle la guancia con le dita. A quel gesto, tuttavia, non fu gradito a Ilona che reagì scostando la mano di lui con forza. -Lo so benissimo.- replicò -Ecco perché dobbiamo fare in fretta. Ecco perché non dobbiamo perdere altro tempo.- Il suo tono non voleva lasciare spazio a repliche. -In ogni caso, credo che iniziare dal castello possa essere una buona idea.-
Sapevano bene entrambi di non avere molto tempo, sapevano che nessuno di loro era in grado di difendersi qualora le loro identità fossero state svelate. Non avrebbero saputo come agire e nessuno dei due era realmente conscio del proprio potenziale.
Si guardarono. Quattro anni, un tempo che poteva sembrare tremendamente lungo, anche se raffrontato con l’eternità. Un tempo in cui entrambi attendevano, sotto una certa ottica, di essere salvati.
Un racconto di: Eleonora Carrano
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