La Torre di Marghanita Laski è il primo racconto che andiamo ad analizzare per la rubrica che abbiamo deciso di dedicare a Il Giglio Nero de La Biblioteca di Lovecraft.
Il più recente, cronologicamente parlando, apre così la raccolta in una Firenze meno lontana di quanto possiamo immaginare. E sono alcuni indizi a farcelo presente se ci si ricorda di guardare fra le righe. Il fatto che non venga definito un tempo, infatti, ci permette di poterci immedesimare in un personaggio che potrebbe avere vita perfino ai giorni nostri.
Ma procediamo con ordine così come siamo abituati a fare.
La Torre – Trama
La giovane Caroline, in visita a Firenze a seguito del marito Neville, si reca in visita della città. La sua attenzione è in particolare rivolta alla Torre del Sacrificio. Questa, costruita da Niccolò di Ferramano, fa cadere su se stessa diverse leggende, tanto che quando il borgo circostante fu distrutto, la paura e la superstizione fecero sì che restasse intatta.
Spinta dalla curiosità, ma anche dalla volontà di impressionare l’uomo che ama, Caroline si avventura lungo la tortuosa scala che conduce alla sua sommità.
Recensione
Il racconto, molto breve in verità, potrebbe essere cronologicamente parlando posizionato in qualunque tempo a seguito della sua data di stesura e sicuramente questo ci permette di sentirlo molto vicino.
La leggenda della bella Giovanna, la moglie del nobile di Ferramano, fa certamente da apertura a quella che in apparenza potrebbe sembrare un racconto di fantasmi. In realtà, fantasmi o meno, quello che poi prende il sopravvento è l’atmosfera di suspence. Questa scaturisce, prima dal timore di Caroline nel dirigersi verso la torre, come se qualcosa inconsciamente le suggerisse pericolo, poi nel salire la lunga scalinata.
La protagonista conta i gradini uno ad uno, in questa lunga e folle risalita che cinematograficamente parlando ci potrebbe ricondare la celebre scena di Alfred Hitchcock in Vertigo (La Donna che Visse due Volte). Il senso vertigine, la paura di cadere e, allo stesso tempo, l’attrazione verso lo spazio vuoto sottostante è esattamente la stessa a cui il maestro del brivido si appella in uno dei suoi più celebri lavori alcuni anni dopo. In un certo senso, la Laski ne sarebbe stata una precorritrice, sulla carta quantomeno.
La narrazione in terza persona nulla toglie alla narrazione. Il lettore prova quelle stesse sensazioni della protagonista. E con lei sente il respiro venire meno, le pareti chiudersi e la fronte imperlata di sudore. Con lei inizia a contare quelle scale che sembrano, ad un tratto, quasi diventare infinite….
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