Torniamo a parlare di creature della notte con la nostra rubrica Passi nel buio spostandoci in Italia, almeno con la regia di Mario Bava. Il film in questione è La Maschera del Demonio , quello del 1960 ce ne sarà un altro nel 1990. L’ambientazione è tuttavia quella Moldava che, a dirla tutta, non ci sorprende troppo parlando di storie di vampiri.
La Maschera del Demonio – Trama
Nella Moldavia del ‘600 la strega Asa (Barbara Steele) è condannata a morte con il suo amante e sepolta nella tomba di famiglia. Due secoli dopo, due incauti viaggiatori la riportano in vita. Lei tenterà di impossessarsi del giovane corpo di Katja, una sua discendente che le somiglia in modo impressionante.
Recensione
Dopo Nosferatu torniamo a parlare di vampiri e lo facciamo nuovamente con un film in bianco e nero. Siamo questa volta in Moldavia, terra dove il vampirismo non è certo una novità. Lo abbiamo visto nelle Dissertazioni di Calmet tanto per fare un esempio.
Nel XVII secolo si scatenò, spietata e violenta, la lotta contro quegli esseri mostruosi e assetati di sangue che le cronache del tempo chiamavano vampiri.
I Fratelli trovarono la forza di accusare i fratelli e i padri i figli perché la terra fosse purificata da quell’orrenda razza di feroci assassini.
Ma, prima di metterli a morte, la giustizia umana anticipando il verdetto divino, bollò per sempre le carni maledette di quei mostri col segno rovente di Satana
Asa, la strega-vampiro
In questa storia, il vampiro, il mostro, veste i panni femminili. Ed i suoi poteri sono legati, come quelli della strega sono legati al Demonio in persona. I poteri di Asa sembrano infatti derivare direttamente da Satana e sebbene nel prologo possa sembrare che ella li abbia ricevuti per mezzo di Javutich più avanti ci rendiamo presto conto che fra i due è lei a dettare legge. Questo forse perché la stregoneria è pratica prettamente femminile e perché di fondo è proprio Asa a lanciare la maledizione che colpirà la dinastia di suo fratello: ella sarebbe tornata per annientare i suoi eredi e tornare alla vita.
Predestinata a questo sacrificio è Katja. A ben due secoli di distanza, quando la maschera del demonio viene rimossa e la croce a protezione della tomba distrutta Asa può lanciare nuovamente il suo incantesimo e tentare, proprio tramite quest’ultima di ritornare alla vita.
I Miti del Vampiro
Il vampiro presentato all’interno del film mantiene molte delle caratteristiche tipiche della letteratura precedente. Cade in un sonno profondo al sorgere del sole, teme le croci e i segni del sacro, dorme nella bara. È in grado, almeno per quanto riguarda Asa, di incantare le proprie vittime co lo sguardo e assoggettarle alla sua volontà. Tuttavia, di contro è incatenata nel suo corpo per via della sua stessa maledizione almeno fino a quando non riuscirà a attenere il corpo della sua erede. E per questo motivo ha bisogno di servirsi di altri per poter compiere la sua vendetta.
Quest’opera, inoltre diverge dalla tradizione che ci è più familiare in quanto il vampiro non ha bisogno di essere trafitto al cuore, piuttosto nell’occhio sinistro o in alternativa il corpo deve essere dato alle fiamme così che il demone non possa risvegliarsi.
Atmosfere e ambientazioni
Il primo film di Mario Bava probabilmente agli occhi di uno spettatore moderno, abituati alla computer grafica, molti degli effetti speciali usati all’interno di questo film potrebbero considerarsi superati. Tuttavia non si può certo negare che i giochi di luci e ombre, il ruggire del vento fra le vecchie pietre, la colonna sonora e le riprese stesse non abbiano già all’epoca avuto il loro effetto sul pubblico. Questi vecchi film sono, a parer mio, perfettamente in grado di gareggiare con le nuove pellicole.
Recitazione un po’ sopra le righe a parte soprattutto nelle scene che riguardano Katja e Andrej, comunque perfettamente coerenti coi canoni dell’epoca, il film riesce grazie alle sue atmosfere a suscitare qualche brivido. Il registaporta in scena una storia che cattura l’interesse dello spettatore sia con un plot che per quanto possa apparire semplice rimane comunque efficace. Del resto l’ispirazione gli viene da Il Vij di Gogol’ anche se la storia di quest’ultimo è un po’ diversa.
E quindi sì, Bava riesce e con questo film, capostipite dell’horror gotico italiano, prende il volo la carriere di quello che poi sarà considerato uno dei più grandi registi di genere. Del resto il film contiene alcune scene che vennero dalla critica ritenute molto cruente. Alla sua uscita fu messo al bando in Inghilterra dove vide la luce solo nel 1968 con il titolo The Mask of Satan tra l’altro con pesanti censure, mentre una versione un-cut prese il nome di Revenge of the Vampire. In America, invece, con il titolo di Black Sunday venne vietato ai minori di 12 anni.
In ogni caso, il film lascia sicuramente la sua traccia nella storia della cinematografia, i lavori di Bava furono di ispiriazione a molti registi moderni. Coppola, per il suo Dracula, si ispirò molto a La Maschera del Demonio e Burton lo cita esplicitamente nel suo Sleepy Hollow.
Insomma, se un minimo di pare giusto è quello di dare a Cesare quello che è di Cesare e a Bava quello che è di Bava.
Conosco Bava di nome per aver segnato il genere horror italiano, sono molto curiosa di recuperare le sue pellicole e conoscerlo meglio, Grazie che parlate di questi film di nicchia
Devi vederlo assolutamente allora, merita davvero 😘