A Monster Calls – Sette minuti dopo la mezzanotte esce nelle sale italiane nel 2017. Juan Antonio Bayona, regista noto per pellicole come The Orphanage, The Impossible e per il quinto capitolo di Jurassic World, mette in scena l’omonimo romanzo di Patrick Ness. Una storia che Jessica Bruder, penna del New York Times, descrive come “un potente pezzo di arte“. Sono d’accordo ed ecco perché.
Trama
Conor O’Malley (Lewis MacDougall) è un tredicenne difficile, cresciuto troppo velocemente a causa della dura realtà familiare. La mamma, Lizzie (Felicity Jones), è malata e visita a giorni alterni una clinica che sta cercando di trovare la terapia più adatta per il suo male incurabile.
Privo di una figura paterna, che lo ha messo da parte, e regolarmente bullizzato dai compagni di scuola, Conor si rifugia nel mondo dei suoi disegni. La sua casa si trova al confine con un tetro cimitero, al centro del quale sorge un maestoso albero di tasso. Una notte, l’albero si risveglia ed assume le fattezze di un gigantesco Mostro (Liam Neeson), in grado di distruggere qualunque cosa gli si ponga davanti.
La creatura inizia a fargli visita regolarmente per raccontagli tre storie, a patto che, al termine dell’ultima, il bambino sia disposto a rivelargli la sua “verità ”. Conor non capisce immediatamente che cosa intenda dirgli il Mostro, ma non ha molta scelta. In qualche modo è stato lui a risvegliare l’albero e non può fare altro che ascoltarlo.
Il Mostro sarà solo uno dei tanti aiuti che Conor riceverà senza averne fatto richiesta. A sostenerlo in questo momento difficile arriverà anche la nonna (Sigourney Weaver), una donna severa che gli impone ordine, disciplina e che sembra voler zittire il suo animo estroso.
“Lasciala stare, non ho paura dei mostri!”
Sin da subito capiamo la natura estremamente protettiva del rapporto esistente tra Conor e la sua mamma. La donna, gravemente malata, è molto affettuosa, e tuttavia a causa della malattia che la sta consumando, non è in grado di prendersi adeguatamente cura del figlio. Anche lei possiede un animo artistico, che però ha deciso di mettere da parte quando è diventata mamma.
Veniamo quindi a contatto con una realtà familiare in cui il sacrificio sembra essere all’ordine del giorno. Sacrifici che nascono dall’affetto reciproco dei personaggi, ma che, non vengono adeguatamente ricompensati da altrettanti momenti di gioia.
Il terreno su cui Conor si trova a camminare sin da piccolo è quindi sterile ed infruttuoso. Curioso che a scuotere la sua vita giunga proprio un albero. Conor mette subito in chiaro che non ha tempo per delle “stupide storie“, perché l’amara realtà che sta affrontando, non gli permette di dedicarsi al gioco come un normale bambino.
L’albero della morte e della vita
Il Mostro che va a trovare Conor sorge da un albero di tasso. Il tasso è un albero estremamente tossico. Quasi ogni parte di questa pianta è pervasa da una sostanza chiamata tassina, che la rende tremendamente velenosa. Per questo motivo, sin dall’antichità , il tasso era chiamato l’albero della morte e, non a caso, alberi di tasso sorgono vicino ai cimiteri e ai luoghi di sepoltura in Inghilterra ed in Francia.
Tuttavia, il tasso è anche un albero molto longevo. Quando il tronco viene danneggiato, nuovi rami nascono attorno ad esso, creando così un rivestimento che diventerà il nuovo fusto. Col tempo, la parte interna si decomporrà , mentre quella esterna “risorgerà ”. Tutto questo procedimento rende i tassi delle piante praticamente immortali e quindi se da una parte il tasso è simbolo di morte, dall’altra è anche simbolo di vita eterna.
Sembra tuttavia assurdo che la mamma di Conor, ad un certo punto, riveli che i dottori stanno cercando di curarla con una medicina che ha origine proprio da questa pianta. Ma anche questa contraddizione nasconde in sé un significato.
“Le storie sono delle creature selvagge”
Il grande Tasso, presentato come il Mostro che “chiama” e fa visita a Conor, racconterà tre storie. A ben vedere, i protagonisti di questi racconti ricordano molto parenti ed amici che fanno parte della vita reale del bambino. Si tratta di fiabe che vogliono trasmettergli degli insegnamenti, per aiutarlo ad affrontare i problemi che incontra lungo la strada verso una vita più serena.
Attraverso questi racconti, il ragazzo impara che talvolta la realtà può ingannare, che quello che sembra può non essere e che tutto dipende dalla prospettiva da cui si guardano le cose. Per questo motivo, a volte, colui che deve essere salvato non è il principe, affascinante e bello, ma la vecchia strega messa al rogo.
Il bambino imparerà a guardare al di là delle apparenze e a cercare le verità nascoste. Queste favole permetteranno a Conor di aprire, simbolicamente, delle porte che lo condurranno alla conoscenza più profonda di se stesso, verso la scoperta della quarta ed ultima storia, quella che il mostro chiama la “verità dell’incubo“. Si tratta di una storia che metterà Conor di fronte alla sua più grande paura. Una consapevolezza che lo divora dall’interno e che dovrà affrontare per stare meglio.
La magia di Headless Studio e Glassworks
Le storie raccontate dal Mostro vengono narrate attraverso delle scene animate che ricordano molto il Racconto dei Tre Fratelli in Harry Potter e i Doni della Morte. Questi piccoli capolavori animati, centrali per la riuscita del film, nascono dalla collaborazione di Headless Studio (storyboard e studio dei personaggi) e Glassworks (animazione).
L’intento, dice Glassworks, era di creare qualcosa di unico che richiamasse i disegni di Conor. Inizialmente, l’animazione rievoca la tecnica dell’acquerello e le forme sono più stilizzate. Poi, piano piano, emergono volumi e texture, in modo da rendere più fluida la transizione dall’animazione al mondo reale. Questo passaggio è essenziale per creare la giusta illusione agli occhi dello spettatore che, proprio come il protagonista del film, arriva a chiedersi se stia assistendo ad un sogno o alla realtà .
“Se hai bisogno di rompere le cose, spaccale, rompile
e io sarò lì con te”
Uno dei temi centrali di questo film è la distruzione creativa, ovvero la distruzione quale fase preliminare all’atto creativo.
Quando il Mostro si reca da Conor la prima notte, il bambino è convito che l’albero sia giunto a lui per aiutarlo a realizzare il suo sogno di guarire la mamma. Tuttavia, ciò che il bambino ignora è che dentro di sé esiste un bisogno ancora più prezioso e vitale del suo desiderio di sottrarre Lizzie alla morte. Il Mostro, infatti, non è apparso per guarire la donna, ma per guarire Conor, un bambino che, a causa di condizioni avverse, sta rischiando di appassire prima del tempo. Un bambino che ha dovuto rinunciare all’infanzia e alla spensieratezza per prendersi cura della propria mamma.
Nella quarta ed ultima storia, l’incubo di Conor nasconde una verità che dovrà accettare: “Non voler soffrire è il desiderio più umano che c’è” dice il Mostro. Quando la madre sarà andata via, il bambino potrà riconquistare una parte importante di se stesso e non dovrà sentirsi in colpa per questo. Ecco spiegato perché la medicina che Lizzie assume deriva da un albero mortale. La sua morte, per quanto dolorosa, servirà a guarirlo.
L’uomo invisibile vuole essere visto
In linea con le contraddizioni ed i paradossi svelati dal Mostro nelle storie che racconta, anche gli atti di bullismo che Conor subisce dai compagni di scuola rivelano essere più controversi di ciò che appaiono. Non si tratta, ovviamente, di un invito a riconsiderare in termini psicologici il fenomeno del bullismo in generale, ma solo in questo caso specifico in cui, la vittima, più che opporsi, sembra accettare la violenza subita.
Abituato ad ignorare i propri bisogni, Conor pensa che anche tutti gli altri lo ignorino e si sente invisibile. Per cui, non solo accetta queste prepotenze, ma le incita, perché in quel contesto qualcuno si rende conto che anche lui esiste.
Al termine della storia, il bambino a capo della banda di ragazzini che lo tormenta, comprende questo paradosso e decide di lasciarlo in pace. È giunta l’ora per Conor di imparare delle modalità più sane per affermarsi ed emergere nel contesto sociale.
Sette minuti dopo…
Siamo tutti abbastanza consapevoli delle distorsioni che i titoli dei film tendono a subire quando vengono “tradotti” in italiano. In questo caso, però, il titolo in italiano è proprio sbagliato. L’espressione “sette minuti dopo la mezzanotte” si riferisce all’orario che appare sugli orologi ogni volta che il Mostro compare. Tuttavia, anche se di solito appare di notte, il Mostro non appare solo di notte. Anzi, l’incontro più significativo avviene proprio a mezzogiorno. Si tratta, dunque, di un errore o di una semplice leggerezza?
A proposito di titoli in lingua originale e non, permettetemi un piccolo momento nerd. Mi piacerebbe sottolineare la bellezza del titolo in lingua spagnola: Un mostro viene a verme. Il verbo “verme” (ver, vedere), infatti, racchiude in sé tutta una serie di significati semantici che rendono questo titolo molto evocativo. Alcuni di questi significati sono ovviamente vedermi, incontrarmi, ma anche guardarmi, parlarmi e cercarmi. Ricordiamo che i paesi di produzione di questo film sono molteplici: Stati Uniti, Regno Unito e Spagna.
Recensione
Sette minuti dopo la mezzanotte racconta la sofferenza e le difficoltà che vivono le persone che si trovano ad accudire un parente ammalato. In particolare, racconta dei difficili sentimenti che rimangono una volta che la suddetta persona ci lascia e, in maniera forse controversa, descrive la morte come un evento sì doloroso, ma talvolta necessario. La morte, presentata come una fase di passaggio verso la rinascita, è un concetto, in effetti, vecchio quasi quanto il mondo. Questo film, tuttavia, lo esprime attraverso una storia molto delicata, visto che il personaggio in balia della tempesta è un bambino di appena tredici anni. Un bambino che, per amore, ha volontariamente rinunciato a molto e che, infine, dovrà accettare che la morte della madre possa essere, per lui, fonte di benessere.
Personalmente credo che presentare questo concetto in maniera così estrema (con il coinvolgimento di un bambino, in primis) renda più facile l’assimilazione dell’idea che, anche nelle tragedie più terribili, è possibile trovare un significato positivo. Non è un caso che il Mostro chiami questo insegnamento “la verità dell’incubo“. Conor dovrà capire che il lutto, come ogni sentimento della vita, non può essere eterno. Non solo. Come ogni sentimento di sofferenza può addirittura essere costruttivo.
Sette minuti dopo la mezzanotte parla anche del dolore che inevitabilmente va affrontato e superato per crescere. Attraverso un racconto fantastico e suggestivo, questo film offre i giusti input per uscire non solo indenni, ma addirittura più forti, dal dolore di una perdita. Il Mostro, potente, distruttivo, eppure malinconico, è una perfetta rappresentazione visiva della lotta interiore che Conor sta vivendo in questa fase così complicata della sua esistenza.
Per concludere, Sette minuti dopo la mezzanotte è un film solido. Visivamente eccellente, emotivamente toccante, ma anche in grado di mettere alla prova le personali convinzioni filosofiche in tema di vita e di morte. Devo veramente darvi ulteriori motivi per convincervi a guardare questo film?
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