Eccoci tornati al nostro appuntamento con Pandemonium con la presentazione del racconto di Hoffmann, Non Andiamo a Far Altro Se Non a Combatter. È una storia questa che ha degli elementi quasi lontani, da selvaggio West, e che, come i capitoli precedenti si fa ancora una volta a uno dei comandamenti.
Non rubare
Non Andiamo a Far Altro Se Non a Combatter – Trama
Un viandante, un mulo e una treggia sbilenca. Stormi di corvi. Un qualcosa di sovrannaturale che affligge la patria del Friuli trasformandola in una desolazione deserta che ha il sapore della morte.
Recensione
Come abbiamo detto fin dalle prime battute di questa recensione, Non Andiamo a Far Altro Se Non a Combatter è una storia che per ambientazione ed elementi e paesaggistici ci ricorda un po’ le atmosfere di un film western. Il grande deserto che sembra espandersi per miglia e miglia, il viaggiatore solitario con il suo mulo e il carretto sbilenco, lo stormo di neri uccelli che volano sopra di esso quasi come una sorta di presagio di morte.
Il nostro eroe, o forse sarebbe più appropriato dire antieroe, vaga su questa desolazione pronto ad affrontare quello che è il demonio che ha portato il terribile Morbo sulla popolazione.
Come un moderno John Wayne, egli guarda quelle figure oscure che stampano croci nere contro il cielo. Quei demoni volanti che nascondono un mistero più grande di quello che appare. Corvi che sono voci. Corvi che sono come il nero presagio di eventi nefasti, dell’avidità di esseri umani o forse di qualcosa di più grande.
In Non Andiamo a Far Altro Se Non a Combatter la vanità la fa da padrone, i corvi, i demoni, ne sono il simbolo. Il loro gracchiare, loro puntare dall’alto la loro preda, modo in cui la osservano, e si avventano su di essa pronti a spolparla cavando gli occhi e strappando la carne.
Una perfetta allegoria
Senza svelarvi troppo della trama, possiamo dire, senza ombra di dubbio, ti racconto rappresenta una perfetta allegoria di quelle che sono le conseguenze dell’avidità umana.
D’innocenti, a essere onesti, non esistono. Ognuno in un certo qual modo nasconde una sua parte di colpe e di peccati. Tuttavia, qui il più grande male e quello di voler possedere qualunque cosa senza che essa davvero ci appartenga e senza curarsi di chi ne viene privato. Perché l’avidità di pochi può segnare il destino di molti. I demoni del racconto diventano così demoni reali, demoni palpabili, che possiamo incontrare nella vita di tutti giorni. Demoni che forse appartengono a ognuno di noi che in quantità maggiore che in quantità minore.
Ho davvero apprezzato questo racconto che unisce l’anima del fantastico a una serie d’insegnamenti e di prospettive alquanto reali. Lo stile riesce a far ben immedesimare il lettore con i personaggi e ambientazioni in cui si trova catapultata. L’uso dei dialetti, tuttavia, potrebbe risultare un po’ ostico a chi non ne comprende appieno le sfumature e devo ammettere di aver dovuto cercare alcuni dei termini usati poiché non ne conoscevo il significato. In ogni caso, a parte questo piccolo dettaglio, la trama scorre bene e in maniera fluida E forse da alcuni punti di vista è il racconto che finora, ha interpretato il tema scelto nella maniera più singolare di tutte.
mi piace l’ambientazione un po’ da film western (anche se non li vedo mai) perché è diversa dal solito e l’ambiente arido e inispitale può essere uno specchio perfetto delle vicende umane