Il vincitore dell’edizione di Marzo de Sull’Orlo del Foglio è Nina e il Drago dal Naso rosso inviato da Fabio Carrella.

 Vi ricordiamo che siete ancora in tempo per prendere parte all’edizione di Aprile quindi non mancate di inviare i vostri racconti.

Nina e il Drago dal naso rosso

Nelle terre lontane a nord-ovest di Illunia, incastrato tra le cime dei monti Sogliascura e le rapide del fiume Sottovento, giaceva il piccolo villaggio di Malagrotta. I suoi pochi abitanti si conoscevano l’un l’altro e condividevano tra loro, talvolta controvoglia, il poco cibo duro e secco che i campi riuscivano a generare. Le acque del fiume erano troppo rigonfie e violente per essere domate, le piogge erano alle volte copiose, altre esigue, gli inverni erano bui e gelidi, le estati lunghe e afose.

Insomma, a Malagrotta non si viveva granché bene, penserete voi. E avreste ragione, ma provate a dirlo ad uno degli abitanti del villaggio.

“Noi qui stiamo benissimo, pensate agli affaracci vostri” vi risponderanno.

Perdonate il loro tono un po’ brusco, è che non amano gli estranei ficcanaso. E poi vanno compresi, nascere a Malagrotta non è come farlo a Granderocca. 

Ad ogni modo, c’è un’altra particolarità che rende questo villaggio così interessante e ancor meno ospitale. Da centinaia di primavere a questa parte, gli abitanti di Malagrotta erano costretti a lasciare le loro abitazioni e a dirigersi verso il bosco di Ombrafitta, dove avrebbero vivacchiato per qualche mese fino a che la stagione calda non gli avrebbe permesso di tornare a casa. Quest’ulteriore scocciatura era dovuta alla presenza infausta del drago della grotta vicina che, ogni primavera, si risvegliava sputando fuoco e fiamme sulle teste dei Malagrottesi. 

Se ci pensate bene, ci doveva pur essere un motivo se il villaggio si chiamava così. 

E come ogni primavera, anche Nina e la sua famiglia si preparavano ad emigrare per qualche mese.

“Mamma, hai visto Macchia?”

Macchia era il cane di Nina. Assomigliava ad un piccolo lupo in miniatura, ed aveva il pelo completamente bianco. No, non aveva alcuna macchia, ma a Nina quel nome piaceva comunque. 

“Prova a chiedere a qualcun altro, non vedi che sto sistemando la sacca per il viaggio?”

Nina andò nell’altra stanza, d’altronde ce n’erano soltanto due in tutta la casa, trovandoci il nonno seduto su una sedia di legno vecchia quanto lui. Nina sospirò.

“Nonno, hai per caso visto Macchia?” chiese scoraggiata in partenza.

“Quando avevamo le lacrime, era tutta un’altra cosa qui” rispose agitando il bastone.

Da tempo quelle erano le uniche parole che il nonno riuscisse a dire.

In quel preciso istante, si spalancò la porta di casa. 

“Papà! Hai trovato Macchia!”

Nina corse ad abbracciare il padre che stringeva una palla di pelo bianca tra le braccia.

“Stava di nuovo risalendo la collina verso la grotta, vuole proprio farsi abbrustolire”

“Sam, vuoi dire a tua figlia di prepararsi per il viaggio? Metà villaggio è già partita”

Sam si chinò per guardare Nina negli occhi.

“Su, Nina, sbrigati, altrimenti gli altri occuperanno i posti migliori nel bosco”

“Papà, ma io sono stanca di andare avanti e indietro. Perché non ce ne andiamo altrove?”

“Perché dovremmo attraversare le montagne, qualcosa di più pericoloso del drago stesso”

“E se restassimo nel bosco?”

“A mangiare radici bollite? Non credo ti faccia così tanto piacere. Dai, ora vai a preparare le tue cose”

Nina si diresse controvoglia nell’angolo della casa che le spettava. Infilò un mantello di pelle logora, una borraccia e una piccola spada di legno nella borsa che la mamma le aveva cucito anni addietro.

“Ho fatto. Posso andare fuori a giocare con Macchia?” 

“Assolutamente no. Il drago potrebbe svegliarsi a momenti” sentenziò la madre.

Di lì a poco uscirono di casa, Sam si caricò nonno Geralt sulle spalle e finalmente si misero in viaggio. Il sole era tiepido, l’aria silenziosa, e i bombi volavano già sui primi fiori schiusi. Un panorama terrificante per i poveri abitanti di Malagrotta. Dopo mezz’ora di cammino, Sam si fermò di colpo. 

“Sento una strana sensazione di calore sulla schiena. Ho come l’impressione che il nonno se la sia fatta sotto”

“Quando avevamo le lacrime, era tutta un’altra cosa qui” rispose il nonno, sentendosi preso in causa. 

Sam poggiò con cautela il vecchio sul selciato e si tolse il mantello, notando un alone circolare di colore scuro. 

“Mi sa che dovremmo fermarci per qualche minuto”

Nina gioì come se fosse finito un giorno di scuola. Afferrò un ramo dal terreno e lo lanciò lontano. 

“Corri, Macchia!”

Il cucciolo sfrecciò in direzione del bersaglio, riportandolo dopo pochi secondi. Nina lo accarezzò, per poi lanciare nuovamente il ramo in un’altra direzione. Macchia inseguì il bastone, stavolta sparendo dietro alcuni cespugli. 

“Macchia? Vieni qui!”

Nina osservò i cespugli con agitazione, sperando che da questi potesse spuntare il musetto bianco del suo cucciolo. Ma il tempo passava, e Macchia non faceva ritorno. Nina si guardò intorno, vedendo il nonno seduto su una roccia piatta. La madre rovistava nella sacca alla ricerca di un po’ di cibo, mentre il padre si era diretto nei pressi del fiume che scorreva lì vicino. Sapeva che non avrebbe dovuto allontanarsi dal sentiero, ma ci avrebbe messo un attimo, giusto il tempo di trovare il suo cucciolo e tornare indietro. Si incamminò con cautela eppure, ad ogni passo oltre i cespugli, crescevano in lei l’ansia e la paura. 

“Dov’è Nina?” disse nel frattempo il padre, tornando dalla riva.

I due genitori si guardarono intorno spaventati.

“Era qui un attimo fa che giocava col cane”

“Sarà tornata a casa, avrà dimenticato qualcosa come l’anno scorso” disse Sam nel tentativo di sedare il panico.

“Resta qui col nonno, io ritorno al villaggio. Non preoccuparti, starò attento al drago” aggiunse, intuendo le paure della moglie.

Intanto Nina proseguiva il suo cammino alla ricerca del cane.

“Macchiaaa dove sei?” gridava con la sua voce flebile, mentre risaliva la china della collina. 

Sentì un guaito provenire oltre alcuni alberi bruciacchiati, e si diresse in quella direzione. Senza farci troppo caso, anche a causa di alcune piante che ne coprivano l’entrata, si ritrovò in una grotta. Ovviamente, quella non era una grotta qualsiasi, ma questo Nina non lo sapeva, non ancora, perlomeno. Riuscì a trovare Macchia che, con la schiena contro la parete rocciosa, ringhiava verso qualcosa. Nina cercò di calmarlo, poi alzò lo sguardo e poiché i suoi occhi ancora non si erano abituati alla penombra della grotta, ci mise un po’ per capire cosa avesse davanti. 

Due sfere ambrate, grandi quanto Nina e Macchia messi insieme, fissavano i due poveri malcapitati. Il drago si mosse sinuoso, innalzandosi fino al tetto della grotta e facendosi alto quanto una cattedrale. Nina scavò in fretta e furia nella sacca di pelle, senza togliere gli occhi dall’immensa bestia, e ne tirò fuori la spada di legno con cui giocava a guardie e ladri nel cortile di casa.

“Non mi fai paura, brutto coso!” urlò coraggiosa, nonostante la punta della spada tremasse come il rametto di un rabdomante. 

Il drago esplose in una grossa risata. 

“Vorresti uccidermi con quello stuzzicadenti, piccola umana?”

“M-ma tu parli?” chiese Nina alquanto stupita.

“Certo che parlo. Per chi mi hai preso, per un Goblin per caso?”

“Scusi, signor drago. Non volevo disturbarla, è che mi ha fatto paura” disse Nina, abbassando la spada.

“Vero? Dopo tanti secoli, non ho ancora perso il mio smalto. Comunque non disturbi, piccola umana, nessuno viene a farmi mai compagnia. A tal proposito, perché non mi segui? Potremmo andare nella sala grande della grotta. Gradiresti una tazza di tè?”

Nina si ricordò di tutte le volte in cui sua madre le aveva detto di non accettare nulla dagli sconosciuti, e si chiedeva se in quella definizione rientrassero anche i draghi apparentemente gentili.

“Preferisco di no, signor drago. Stavo solo cercando Macchia e, ora che l’ho trovato, vorrei tornare dai miei genitori giù a valle”

Il drago, che nel frattempo aveva cominciato a incamminarsi verso la sala grande, si voltò.

“Non ti fidi di me? Beh, non ti biasimo. Ma non pensi che se avessi voluto mangiarvi, lo avrei forse già fatto?” disse, riprendendo a camminare.

Nina, incantata dai modi cortesi della bestia, la seguì non senza timore. 

Arrivarono in un largo spiazzo, illuminato da un fascio di luce proveniente da un buco sul soffitto di pietra. Nel mezzo, al di sopra di un cumulo di terra, si stagliava un albero che Nina, esperta arrampicatrice, mai aveva visto prima. Il tronco era talmente doppio che la sua famiglia, nonno compreso, non avrebbero potuto abbracciarlo. Le foglie erano verdi come smeraldi e dai rami, lunghi e nodosi, pendevano degli strani frutti dorati a forma di goccia. 

“Quanto zucchero ci metto?” chiese il drago che, con sorprendente delicatezza, maneggiava il suo servizio da tè. 

“Un cucchiaino soltanto” rispose Nina. 

La luce le permise di osservare meglio l’enorme creatura. Aveva la pelle bianca, spessa come una corazza e ricoperta da vecchie cicatrici. La coda era rivestita di scaglie appuntite, proprio come raccontavano le leggende del villaggio. Ma c’era un particolare che attirò l’attenzione di Nina. Il naso del drago sembrava arrossato, come se si fosse grattato per giorni interi. 

“Signor drago, perché ha il naso arrossato?”

Il drago sollevò un piccolo pentolino pieno d’acqua, ci soffiò leggermente su per pochi secondi e versò il tè bollente nelle tazze.

“Colpa dello stillice – disse indicando con l’artiglio l’albero illuminato – in primavera libera polline come se nevicasse. Ne sono tremendamente allergico e, credimi, non vuoi starmi intorno quando inizio a starnutire”

“Quindi è colpa sua se ogni primavera siamo costretti ad emigrare” disse Nina stizzita.

“Davvero? Non era mia intenzione. È che non posso mica starnutire dentro casa?”

“Ma potrebbe cambiare casa” suggerì Nina

“Ci ho provato, sai – disse porgendo la tazza alla bambina – ma purtroppo tutte le grotte sono state già occupate da altri draghi, e sono un po’ vecchio per appropriarmene con la forza. Sono in lista d’attesa per una grotta a largo delle isole Sparpagliate, sembra che l’attuale inquilino non si trovi molto bene. Troppa umidità, dice. Mi spiace, ma di più non posso fare”

“Allora perché non brucia l’albero?”

“Sei matta? Senza di esso sarei costretto a procacciarmi il cibo in giro per il mondo, e vista la mia forma fisica non proprio smagliante, morirei praticamente di fame”

“A me lei sembra in gran forma. E comunque ci sono centinaia di animali nelle foreste oltre le montagne, potrebbe riempirsene la pancia per un anno intero”

Il drago sorbì il tè, facendo schioccare la lingua con soddisfazione. 

“Ti ringrazio per il complimento. Se mi vedi in forma, è proprio grazie alla mia dieta. Ho smesso di mangiare animali secoli fa, non li digerisco e mi gonfiano come un otre. Sono diventato vegetariano, e quest’albero dà frutti squisiti praticamente tutto l’anno. Guarda qui – disse il drago aprendo una credenza di pietra – spremute di stille, marmellate di stille, stille sciroppate, dì qualcosa e io ce l’ho”

“E non si stanca di mangiare sempre la stessa cosa?” chiese Nina, pensando in particolare alla zuppa di cipolle che la madre le propinava una sera sì e l’altra pure.

Senza scomporsi, il drago aprì un barattolo di marmellata e lo porse a Nina.

“Serviti pure”

Nina affondò il dito all’interno del barattolo, lo leccò e si convinse in pochi secondi che quella era la cosa più buona che avesse mai mangiato. Non che ne avesse mangiate molte, ma questa non era certo colpa sua. Pensò a quanto quella marmellata sarebbe piaciuta a suo padre, a sua madre, persino al nonno e, perché no, a tutto il villaggio. Se avessero potuto fare amicizia col drago e raccogliere quei frutti, nessuno avrebbe più girovagato nei boschi a primavera, e la mamma avrebbe potuto finalmente cucinarle qualcosa di diverso dalla zuppa di cipolle.

“Signor drago, questa marmellata è la cosa più buona del mondo! Ne ha altri barattoli, per caso?”

“Ne ho la grotta piena, e non solo di marmellate. Gradisci un cicchetto di stidka?”

“No, grazie, è troppo presto per me”

“Hai ragione, sono solo le undici del mattino. Te lo offrirò più tardi”

“Signor drago, ho un’idea. Perché non viene a vivere con noi al villaggio?”

Al sentir quella proposta, il drago sputò via tutto il tè che aveva appena sorseggiato.

“E ritrovarmi con un forcone nel petto? No, grazie, non ci tengo. E poi qui mi trovo bene” aggiunse con malcelata convinzione.

“Beh, mica tanto. Mangia sempre la stessa cosa, la grotta le va stretta, si sente spesso solo e annoiato. E non parliamo di quella tremenda allergia – disse Nina agitando il dito – Ci parlerò io con mio padre, è una persona buona e ci aiuterà a convincere il resto del villaggio, vedrà” 

“Non capisco né cosa ci guadagniate voi, né cosa di guadagno io, ad essere sincero”

“Lei? Avrebbe tante cose da fare! D’estate, ci darebbe sollievo dal caldo con l’ombra delle sue ali. D’autunno, potrebbe spazzare i viali dalle foglie con la sua coda. D’inverno, potrebbe riscaldarci a dovere con un solo fiato”

“E in primavera?”

Nina ci pensò su.

“In primavera potrà sgranchirsi le ali, respirare aria pulita e andare in giro per Illunia a spaventare qualche città, come ai vecchi tempi. A Malagrotta, nel frattempo, non saremo più costretti a girovagare per le foreste. Avremo tanto cibo a disposizione e un grosso drago gentile a proteggerci”

Il drago poggiò la tazzina sul vassoio e, pensando alla proposta, cominciò a grattarsi la testa. Forse non avrebbe dovuto accettare ma, in fondo, cosa aveva da perdere?

“Il servizio da tè!”

Nina lo guardò stralunata.

“Ecco cosa ho da perdere. Mi permetterete di tenerlo?”

“Non solo! Ma anche di usarlo ogni volta che qualche ospite verrà a farle visita”

Quella fu la goccia che convinse il drago. Preparò i bagagli in fretta e, quando fu pronto, si voltò verso Nina.

“Sei mai stata sul dorso di un drago?”

“Mai”

“È come andare a cavallo, devi solo tenerti più stretta”

I due volarono alla volta del villaggio che, nonostante il possibile pericolo primaverile, si era nel frattempo riempito di gente alla ricerca di Nina. Quando videro spuntare la sagoma di un drago in controluce, alcuni gridarono e scapparono nei boschi vicini, altri si rinchiusero nelle case, altri ancora imbracciarono forconi e archi. Questi ultimi, forse stanchi di una vita grama, mirarono le punte delle frecce verso il cielo.

“Fermi! C’è Nina con il drago!”

Troppe le urla di paura che coprirono le parole di Sam. Decine di frecce sibilarono verso l’alto, colpendo la bestia che, nonostante gli sforzi, stramazzò al suolo a poche centinaia di metri dagli uomini. 

Il villaggio rimase immobile, ad eccezione di Sam, sua moglie e suo padre che, senza paura, si diressero verso il drago, disteso su un fianco. Questi, sentendosi minacciato, cominciò ad emettere inquietanti sbuffi di fumo dalla bocca. 

“Sono disarmato – disse Sam alzando le mani – Dov’è Nina? Ho visto che era con te. Ti prego, liberala così che possa tornare dalla sua famiglia” 

Il drago si calmò.

“Sei tu il padre di Nina?”

Sam annuì. Il drago sollevò un’ala, rivelando la bambina che, con gli occhi chiusi, giaceva sull’erba sgualcita. Accanto a lei vi era il barattolo di marmellata, la borraccia, e la spada di legno con cui amava giocare. Il padre corse verso il drago senza pensarci due volte, e si distese a terra accanto alla figlia, afferrandola tra le braccia. La madre, poco distante, era resa immobile dal dolore. Tutto il villaggio, compresi coloro che si erano rinchiusi nelle case, erano lì ad osservare la scena con le lacrime agli occhi e il fiato sospeso.

Il nonno, invece, si diresse con calma verso la nipote, aiutandosi col bastone. Si chinò a terra poggiando una mano sulla spalla del figlio, un po’ per consolarlo, un po’ per abbassarsi più comodamente. Prese il barattolo, riconoscendone subito il contenuto. Era marmellata di stille, o lacrime, come erano soliti chiamarle gli umani, da sempre meno acculturati dei draghi. Lo aprì, e come fosse un unguento magico, ne spalmò un po’ sulle labbra di Nina.

“Quando avevamo le lacrime, era tutta un’altra cosa qui” disse Geralt con quell’espressione mista di gioia e tristezza propria degli anziani.

La bambina riaprì gli occhi e leccò con piacere il resto della marmellata che aveva sulla bocca. Abbracciò con forza il padre e, guardando il drago lì vicino, anch’esso sollevato, disse:

“Papà, ho un nuovo amico, possiamo tenerlo?”

“Mi sa che non abbiamo abbastanza spazio in casa” rispose sciogliendo il nodo che aveva alla gola.

“In casa no, ma nel giardino sì”

Mentre la famiglia si stringeva forte all’ombra di un drago dal naso un po’ meno rosso, Nina ebbe un sussulto.

“Macchia! Signor drago, lo abbiamo dimenticato nella grotta!”

I due volarono in fretta e furia, stavolta accompagnati da nonno Geralt che, a modo suo, aveva fatto capire di voler cavalcare un drago prima di morire.

Trovarono Macchia steso sul pavimento di pietra, con la pancia gonfia come un melone e la bocca di color arancione.

“Ha trovato i biscotti di zenzero e stilla, lo capisco, nemmeno io so resistervi” commentò il drago. 

Il nonno, con gli occhi lucidi, si prese un attimo per abbracciare l’albero illuminato al centro della sala grande, prima di tornare al villaggio insieme ad alcune scorte del frutto e a Macchia, ovviamente.

Credo sia fuori luogo terminare un racconto di draghi con troppe sdolcinatezze. Vi basterà sapere che, come sapientemente predetto da Nina, il drago restò a veglia del villaggio per lunghi secoli, convivendo in pace con i suoi abitanti. Questi riuscirono non solo a sfamarsi con i frutti dello stillice, ma anche a piantarne altri esemplari, dando vita a un commercio così florido da triplicare la grandezza del villaggio che, abbracciando il suo nuovo destino, ebbe bisogno di cambiar nome. Nonostante i tentativi da parte di un abitante in particolare di battezzarlo Ninopoli, tutti concordarono su Bellagrotta, e fu con questo nome che la città e i suoi abitanti leggendari, drago incluso, furono conosciuti in tutta Illunia per il resto dei tempi.

 
Un racconto di:
Fabio Carrella
Grazie di cuore per aver partecipato all'iniziativa.

Se vi è piaciuto il racconto di Fabio, lasciate un commento così che possa saperlo. Detto questo vi aspettiamo l’ultimo giovedì del mese con il pdf con la raccolta completa.

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