Un uomo, caso unico nella storia della criminologia, la cui follia ha generato 16 incomprensibili e atroci delitti. Un maniaco omicida, forse mai arrestato o individuato, che viene definito dalla cronaca: mostro.
Mostro di Firenze è la denominazione utilizzata dai media italiani per riferirsi all’autore di una serie di sette duplici omicidi avvenuti fra il 1974 e il 1985 nella provincia di Firenze collegati a un ottavo delitto di attribuzione incerta commesso nel 1968.
Una scia di Sangue lunga 17 anni
Per anni la città di Firenze visse in un incubo che pareva uscito da un racconto horror. Invece era lo schema d’azione del più famoso e misterioso serial killer italiano: il mostro di Firenze.
La prima apparizione del mostro avvenne il 21 agosto del 1968, gli amanti Antonio Lo Bianco e Barbara Locci erano appartati in auto, il figlio della Locci era sul sedile posteriore e dormiva, vennero avvicinati da un uomo che li uccise con 8 colpi di pistola. Un calibro 22.
Questo delitto venne però confuso con un delitto di gelosia e a finire in carcere fu il marito della Locci, Stefano Mele. L’arma del delitto non venne rinvenuta e la testimonianza del figlio di 6 anni non era affidabile e non utilizzabile.
L’arma del delitto venne utilizzata sei anni dopo nell’omicidio di un’atra coppia appartata in auto nelle campagne fiorentine, Mele è ancora in carcere.
Il 19 settembre 1974 Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini sono appartati nella loro auto all’ombra di un vigneto. Furono uccisi da 8 colpi di pistola, sempre calibro 22. Stefania ancora viva venne accoltellata 96 volte e violentata con un tralcio di vite.
Per sette anni non accadde nulla, ma da ora il mostro colpirà a distanze ravvicinate mettendo il panico nella popolazione.
Il 6 giugno 1981 vennero uccisi Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi. Il corpo di Carmela venne martoriato e le fu asportato il pube.
Il 22 ottobre 1981, dopo soli 4 mesi dall’ultimo delitto, furono aggrediti e uccisi Stefano Baldi e Susanna Cambi. Anche lei fu rimossa dall’auto e poi mutilata.
La notte del 19 giugno 1982, a Baccaiano di Montespertoli, vengono uccisi Paolo Mainardi e Antonella Migliorini. Erano appartati a bordo di una piccola Fiat 147. In questo delitto il Mostro rischierà di essere scoperto. L’auto non è infatti parcheggiata in un luogo molto appartato e Paolo ferito ma non morto tenterà di fuggire ma andrà a sbandare con l’auto e finire in un fosso. Gli investigatori ritengono che il mostro sia riuscito a fuggire per un solo minuto.
Da questo momento gli investigatori collegheranno tutti i casi sopra riportati a un unico criminale dato che i bossoli coincidono, Le cartucce sono di marca Winchester con la lettera “H” sul fondello e scagionano definitivamente Stefano Mele dal delitto del 68.
Non si ha nessuna idea su chi stia uccidendo le coppiette che si appartano. Venne emanata un’ ordine: Nessuno doveva uscire in campagna nei fine settimana soprattutto con la luna nuova. Erano quelle le notti preferite dal mostro per agire.
Il 9 settembre 1983 a Giogoli di Scandicci, in un furgone fermo per la notte in uno spiazzo, vengono assassinati due turisti tedeschi, Jens-Uwe Rüsch e Horst Wilhelm Meyer, entrambi di 24 anni. Rusch venne probabilmente confuso per una ragazza per la sua carnagione, questo spiegherebbe il perché’ in questa occasione le vittime siano state due uomini.
Claudio Stefanacci e Pia Gilda Rontini furono uccisi il 29 luglio 1984. Nonostante gli avvisi e gli allarmi si erano appartati vicino a Vicchio di Mugello. Pia subì una doppia mutilazione, altre al pube le venne asportato anche il seno sinistro.
L’ultimo omicidio avvenne il 7 o l’8 settembre 1985 La coppia questa volta è composta da due turisti francesi che campeggiano nelle campagne toscane.
Jean Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot vennero attaccati nella tenda in cui dormivano. Jean Michel provò a fuggire ma venne raggiunto e ucciso con 4 colpi di pistola, Nadine venne uccisa e mutilata. Anche a lei oltre al pube venne asportato il seno sinistro. I corpi vennero nascosti nella tenta per ritardare il ritrovamento.
I corpi vennero trovati qualche ora prima della ricezione di un pacco indirizzato alla Procura della Repubblica di Firenze, all’interno vi era una parte del seno sinistro di Nadine.
Dopo questo delitto il mostro scomparve. La catena s’interrompe dopo 17 anni di sangue e sedici morti.
Una lettera anonima e il caso Pacciani
Poche settimane dopo l’ultimo delitto, il 2 ottobre, giunsero in Procura tre buste anonime indirizzate ai tre sostituti procuratori Pier Luigi Vigna, Paolo Canessa e Francesco Fleury. Le tre buste contenevano la fotocopia di un articolo ritagliato dalla “Nazione”, una cartuccia marca Winchester calibro 22 serie “H”, e un foglietto di carta bianco piegato in due con scritto: “Uno a testa vi basta“.
Nella lettera si consiglia di indagare su un abitante di Mercatale che diventerà il protagonista principale dell’inchiesta, ma che non viene inizialmente presa in considerazione.
Nel corso degli anni le indagini imboccheranno strade diverse, ma nessuna porta alla risoluzione definitiva del caso, anche quando sembra il contrario.
Diverse persone verranno sospettate, incriminate e arrestate, ma gli omicidi non si fermeranno
Solo nel 1991 si decide di concentrare le indagini su quel contadino segnalato anni prima nella lettera anonima. Pietro Pacciani, già in carcere con l’accusa di violenza sessuale sulle sue due figlie, diventa quindi il principale indiziato.
Pacciani, descrive sé stesso come un povero agnelluccio innocente, ma è in realtà un uomo violento e perverso, che si è già macchiato di omicidio e ha più volte molestato moglie e figlie. Tra i vari indizi più o meno forzati, quelli su cui l’accusa preme di più sono l’omicidio compiuto in gioventù ai danni di un uomo che aveva palpeggiato il seno sinistro della sua fidanzata dell’epoca e i bossoli della celebre Beretta ritrovati nel suo orto di casa.
Dopo vari processi che lo vedono prima colpevole e poi assolto, il 22 febbraio 1998, alla vigilia dell’inizio del secondo processo d’appello Pacciani viene ritrovato morto con i pantaloni abbassati, il maglione tirato in alto fino al collo e con tracce nel sangue di un farmaco antiasmatico fortemente controindicato per lui. Pacciani infatti non soffriva di asma ed era invece affetto da una malattia cardiaca.
Certamente parliamo di una persona spregevole dal punto di vista morale ed etico, ma per quanto riguarda i delitti che dal 1968 al 1985 sconvolsero le campagne fiorentine, possiamo ritenerlo colpevole? Oppure l’intera vicenda necessita di una chiave di lettura diversa?
L’unica cosa certa è che Pacciani muore da innocente, in attesa di un nuovo processo, mentre i suoi “compagni di merenda”, gli amici con cui era solito accompagnarsi, entrano in scena e sono condannati in via definitiva.
La storia più tormentata della giustizia italiana, continua a restare insoluta.
I Compagni di Merende: Vanni, Lotti e Pucci
Mario Vanni
Mario Vanni, portalettere in pensione, detto Torsolo per il suo fisico esile, è rimasto particolarmente famoso come inventore involontario della locuzione compagni di merende, che i media ricavarono dalla caricatura di una sua espressione. Sentito infatti come testimone al processo contro Pacciani, il postino, alla domanda «Signor Vanni, che lavoro fa lei?», rispose incominciando la sua deposizione in modo inatteso e illogico dicendo «Io sono stato a fa’ delle merende co’ i’ Pacciani no?», suscitando così l’ilarità generale e facendo supporre al PM che l’interrogato fosse stato istruito a dare precise risposte. Più verosimilmente, Vanni fu tratto in inganno dall’espressione “che lavoro fai?“, che nel dialetto toscano equivale all’italiano “ma cosa hai combinato?“. Il suo continuo, goffo e reticente riferimento a tali merende, oltre a determinarne l’incriminazione, produsse l’ironico modo di dire, usato per indicare persone legate da un rapporto losco o comunque poco onesto.
Vanni viene arrestato in concomitanza con l’assoluzione, poi annullata, di Pietro Pacciani, per concorso in duplice omicidio e vilipendio di cadavere, messo in atto secondo l’accusa proprio assieme a Pacciani. Vanni fu condannato al carcere a vita. La condanna, per soli quattro degli otto duplici omicidi, è stata resa definitiva nel 2000 dalla Corte di Cassazione. Nel 2004 la pena gli venne sospesa per motivi di salute, in quanto affetto da demenza senile. Vanni trascorse i suoi ultimi cinque anni di vita in una casa di riposo per anziani non autosufficienti a Pelago, in provincia di Firenze. Ricoverato il 12 aprile 2009 nell’ospedale di Ponte a Niccheri morì il giorno dopo, all’età di 81 anni. Le esequie si tennero il 15 aprile nel cimitero di San Casciano in Val di Pesa dove fu poi sepolto, alla presenza della sorella, dei nipoti e di alcuni amici.
In realtà su Vanni non vi erano accuse valide L’uomo frequentava solo prostitute, accompagnato da Lorenzo Nesi. L’unico elemento che lo collega ai delitti del Mostro di Firenze sono le dichiarazioni di Lotti e la conoscenza di Pietro Pacciani.
Ma l’opinione pubblica aveva ormai deciso che Mario Vanni doveva essere una persona losca. Opinione pubblica alimentata anche dal libro “Compagni di Sangue“, di Michele Giuttari e Carlo Lucarelli che uscì nel 1998, ancor prima della sentenza del processo d’Appello.
Lo stesso Vanni continuava a ripetere all’Avvocato e alla famiglia che il processo glielo stavano facendo perché era fascista. Credeva che la sua carcerazione fosse dovuta dal fatto che lui fosse di fede fascista e che dunque, secondo una mentalità da “toghe rosse”, doveva essere eliminato dalla società
Giancarlo Lotti
Giancarlo Lotti, detto Katanga, fu condannato a 30 anni di reclusione per i delitti del Mostro di Firenze.
A differenza di Vanni e Pacciani, che protestarono sempre la loro innocenza, Lotti rese confessione, e accusò in maniera precisa Pacciani e Vanni fornendo particolari di alcuni omicidi cui aveva assistito e autoaccusandosi dell’omicidio dei due ragazzi tedeschi. Per giustificare la sua partecipazione ai delitti, Lotti asserì di esservi stato costretto da Pacciani e Vanni, i quali lo avrebbero minacciato di rivelare in paese la sua omosessualità. Giancarlo Lotti era infatti omosessuale (o perlomeno bisessuale) ed una sera Pacciani e Vanni lo avrebbero scoperto in atteggiamenti intimi con un altro uomo. Addirittura Lotti rivelò che in un’occasione lo stesso Pacciani gli avrebbe fatto delle avances sessuali.
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p style=”text-align: justify;”> Le testimonianze di Lotti si rivelano decisive nel chiarire molti aspetti della vicenda, nonostante il legale dello stesso Lotti e alcuni periti lo indichino come un teste poco attendibile. Va detto che nel corso del dibattimento processuale ai cosiddetti “compagni di merende” e nei controinterrogatori fatti al Lotti dalla difesa di Mario Vanni (Avv. Nino Filastò) si evidenziarono infatti numerose incongruenze in ciò che riportava lo stesso Lotti. In pratica il Lotti riferì alcuni fatti e particolari dei delitti che oggettivamente non potevano essere considerati attendibili. Giancarlo Lotti viene scarcerato il 15 marzo 2002 per gravi motivi di salute e il 30 marzo successivo, muore all’ospedale San Paolo di Milano a causa di un tumore al fegato.
Fernando Pucci
Fernando Pucci, amico dei tre compagni, invalido al 100% in quanto affetto da oligofrenia, pur non subendo condanne per i delitti, depose contro Pacciani e Vanni come testimone oculare degli ultimi due omicidi (quello del 1984 a Vicchio e quello del 1985 agli Scopeti) rischiando l’incriminazione a causa delle dichiarazioni spesso reticenti e contraddittorie.
Il Mostro di Firenze: Serial Killer o Setta?
Le indagini sui delitti del Mostro e sui compagni di merende hanno successivamente condotto gli inquirenti a ipotizzare l’esistenza di mandanti dei delitti. Tale ipotesi si basa su alcune dichiarazioni del teste e imputato Giancarlo Lotti, il quale dichiarò nel processo che i feticci escissi dai corpi femminili sarebbero stati comprati da un ignoto “dottore”.
Giuliano Mignini fu il procuratore che collegò Pacciani a un delitto del 13 ottobre del 1985 del medico Francesco Narducci. Per il procuratore, Narducci faceva parte di una setta satanica che commissionavano ai Compagni di Merende i delitti per avere componenti per i loro oscuri riti.
In queste indagini furono convolti anche il farmacista Calamandrei. L’uomo, secondo l’accusa, è il “mandante” degli omicidi, il cui scopo è quello di prelevare parti anatomiche dai cadaveri per usarle durante riti satanici. La principale ma non unica testimone dell’accusa è la sua ex moglie, affetta da una malattia mentale. Il 21 maggio 2008, al termine di un processo con rito abbreviato iniziato nel settembre 2007 viene assolto con formula piena dalle accuse in quanto il fatto non sussiste.
Altre Bizzarre teorie sul Mostro di Firenze
L’impatto culturale e mediatico della vicenda dell’assassino seriale di Firenze, durata oltre quarant’anni, fu notevole e causò un vasto interessamento dell’opinione pubblica e un’ampia produzione saggistica che ha analizzato vari aspetti del caso proponendo anche varie ipotesi alternative a quanto accertato in sede giudiziaria.
Lo scrittore americano Douglas Preston e il giornalista Mario Spezi che il serial killer avesse ereditato per caso la pistola con cui Stefano Miele uccise la moglie e l’amante e per questo si sviluppò la Teoria della Pista Sarda, in quanto furono loro ad aiutare Miele nell’omicidio. Il serial killer, identificato nella figura di Carlo Vinci, avrebbe iniziato nel 1974 con la stessa pistola con cui era stato commesso il delitto passionale. Questa pista venne scartate e le accuse su Vinci decaddero. Douglas Preston e il giornalista Mario Spezi vennero accusati di inquinare le prove e per un breve periodo spezi fu accusato di complicità in omicidio.
L’avvocato fiorentino Nino Filastò sosteneva che il Mostro fosse un uomo in divisa in quanto si avvicinava con troppa facilità alle vetture delle vittime.
La tesi dell’Avvocato Filastò si basa anche su altri particolari. Nel delitto del 1981 a Calenzano, nell’auto delle due vittime vi era la carta di identità di Stefano Baldi a terra. Lo stesso accadde nel 1984 a Vicchio. Il portafoglio di Claudio Stefanacci fu ritrovato forato da parte a parte come se lo avesse mostrato verso lo sparatore. Pia Rontini invece aveva il reggiseno stretto nella mano, come se l’avesse preso rapidamente per ricomporsi, ciò fa coppia appunto con il portafoglio dello Stefanacci di cui sopra.
Anche il particolare dei finestrini frantumati, non da colpi di pistola, fa pensare che essi fossero abbassati come per parlare a un poliziotto che ha fermato per dei controlli.
Curiosità
Una teoria sostiene che il Serial Killer sia Zodiac.
In un’inchiesta condotta dal giornalista Francesco Amicone, il serial killer sarebbe Giuseppe “Joe” Bevilacqua, nato a Totowa, in New Jersey, il 20 dicembre 1935. Bevilacqua, testimone del processo Pacciani, ha abitato e lavorato presso il cimitero americano di Firenze a San Casciano dal luglio 1974 alla fine del 1988, a poche centinaia di metri dal luogo dell’ultimo crimine attribuito al Mostro.
Il 1 marzo 2018 riportò alcune conversazioni secondo le quali Bevilacqua ammetteva di essere Zodiac e di aver commesso i delitti a Firenze.
Bevilacqua, secondo l’inchiesta, sarebbe lo stesso individuo che Mario Vanni in un colloquio con Lorenzo Nesi del giugno 2003 identificava con il nome di Ulisse, l’americano. Vanni avrebbe ricevuto questa informazione da una terza persona, probabilmente Pacciani stesso, che lo avrebbe definito “nero”. Nero non riferito al colore della pelle, ma a fascista, e potrebbe riferirsi al fatto che Zodiac si firmasse con una croce celtica.
In un articolo pubblicato il 23 aprile 2021 su il quotidiano Libero, Amicone dettaglia i particolari della conversazione telefonica avvenuta con l’americano, l’11 settembre 2017. Dopo le ammissioni, Bevilacqua sarebbe stato in procinto di costituirsi e di portare la pistola utilizzata nei delitti del Mostro di Firenze, prima di cambiare idea dopo aver sentito un avvocato.
I delitti negli Stati Uniti sarebbero avvenuti mentre Bevilacqua era nell’esercito americano e lavorava come infiltrato per la Criminal Investigation Division. Dopo il congedo dall’esercito e il trasferimento al cimitero americano, l’ex agente del CID avrebbe iniziato a perpetrare i suoi delitti anche nei dintorni di Firenze, guadagnandosi il soprannome di Mostro.
Gli omicidi, il processo a Pacciani prima ed ai suoi “compagni di merende” poi, li ricordo bene, colonizzarono tg e opinione pubblica a lungo! Ho sempre pensato che ci fosse molto di più dietro una piccola combriccola di guardoni malati e rozzi perchè quello sicuramente sono stati Pacciani & friends, sicuramente al corrente di qualcosa che forse hanno visto non volendo o esecutori per conto terzi (non me li immagino a tagliare parti del corpo, a sparare a bruciapelo si). Anche se io non affiderei segreti scottanti ed incarichi così particolari ad un gruppetto di gretti contadini, piuttosto mi affiderei ad una sola persona, che e’ molto più gestibile! Il dubbio resta…