I ricordi di un europeo tra il Mitteleuropa viennese e la Seconda Guerra Mondiale
Ciao a tutti, in occasione dell’ottantesimo anniversario della scomparsa di Stefan Zweig, scrittore, drammaturgo, giornalista, biografo (per gli appassionati di Lady Oscar, la maestra Ikeda si è basata anche su Maria Antonietta – Una vita involontariamente eroica scritto dallo stesso Zweig per l’omonimo personaggio), storico e poeta austriaco, ho deciso di dedicargli un articolo insieme alla sua opera più importante: Il mondo di ieri. Ringrazio immensamente l’onorevole professoressa di Storia e cultura tedesca Giovanna Neiger per avermi fatto scoprire questo tesoro.
Cresciuti in intima, raccolta quiete,
siamo gettati a un tratto nel mondo,
battuti da onde innumerevoli;
tutto ci invoglia, qualcosa ci piace,
qualcosa ci irrita, e di ora in ora
ondeggia il nostro animo eccitabile.
Siamo commossi, ma le nostre emozioni
sono travolte dal variopinto brulichio del mondo.
Johann Wolfgang von Goethe, “A Lottchen”
Breve biografia
!ATTENZIONE: IL SEGUENTE PARAGRAFO CONTIENE ELEMENTI CHE POTREBBERO URTARE LA VOSTRA SENSIBILITÀ. SE SIETE PERSONE FACILMENTE IMPRESSIONABILI, SALTATE ALLEGRAMENTE QUESTO PARAGRAFO!
Gli inizi
Stefan Zweig nasce a Vienna il 28 novembre 1881, in una famiglia agiata ebrea. È il secondogenito di due figli dell’industriale Moritz Zweig (1845-1926) e di Ida Brettauer (1854-1938), nata ad Ancona da una famiglia originaria di Hohenems, dov’era proprietaria di una banca. La sua gioventù fu influenzata dalla sicurezza economica della famiglia e dal clima artistico e intellettuale della Vienna di fine Ottocento. Come la maggior parte dei suoi coetanei si interessava poco dei problemi politici e sociali. Nel 1900 inizia gli studi universitari nella facoltà di filosofia, prima a Vienna per poi proseguirli a Berlino dal 1902 al 1904, anno della sua laurea.
La carriera
Dopo gli studi e con l’appoggio dei genitori, gira l’Europa e non solo poiché visiterà anche il continente asiatico e americano, diventando amico di, ad esempio, Lev Tolstoj, Rainer Maria Rilke, Benedetto Croce, James Joyce e Romain Rolland. Manterrà i contatti e terrà delle riunioni segrete a Ginevra e a Zurigo con queste personalità durante la Prima Guerra Mondiale, a cui si rifiuta assolutamente di partecipare in quanto pacifista e cosmopolita, e il primo dopoguerra. Nel frattempo, conosce e sposa nel 1920 Friderike Maria von Winternitz, colei che lo sosterrà fino all’ultimo e lo aiuterà a stendere il memoir.
Nel 1933 le opere di Zweig vengono bruciate dai nazisti. Zweig è fiero di condividere questa sorte con Sigmund Freud, Albert Einstein e molti altri. Nel 1934 lascia l’Austria per raggiungere Londra senza la sua famiglia. Nel 1938, dopo l’annessione dell’Austria al Terzo Reich, chiede e ottiene la cittadinanza britannica. Nello stesso anno divorzia da Friderike e nel 1939 sposa la giovane segretaria Lotte (Charlotte) Altmann (1908-1942), con la quale l’anno dopo si trasferisce a New York, ben sapendo che non avrebbe più rivisto l’Europa.
La morte
Nel 1941 si sposta a Petrópolis, in Brasile, dove si suicida con un’overdose di barbiturici insieme a Lotte il 23 febbraio 1942. Entrambi soffrivano di crisi depressive, dovute anche all’esilio e alla loro mancanza di speranza per il futuro dell’Europa, dominata da violenza e autoritarismo. I corpi dei coniugi Zweig vengono ritrovati vestiti e composti sul letto, vicini e come addormentati serenamente. Alcune incongruenze fanno inizialmente pensare alla polizia brasiliana all’omicidio per mano di simpatizzanti o agenti segreti della Germania nazista che lo ritiene “l’intellettuale ebreo più pericoloso”, ma in seguito si accetta la versione ufficiale. Vi invito a leggere un’interessantissima speculazione al riguardo (link: http://www.labottegadelbarbieri.org/stefan-zweig-e-il-mistero-del-gran-finale/).
Accanto al letto si trova un biglietto d’addio, autografo e riconosciuto autentico, intitolato Declaraçao (“Dichiarazione” in portoghese) che recita:
«Saluto tutti i miei amici! Che dopo questa lunga notte possano vedere l’alba! Io che sono troppo impaziente, li precedo. (…) Penso sia meglio concludere in tempo e in piedi una vita in cui il lavoro intellettuale significava la più pura gioia e la libertà personale il bene più alto sulla Terra.»
Il memoir
Per definizione, un memoir è una biografia o un resoconto storico, specialmente basato sulla conoscenza personale. Come si può dedurre, l’autore può omettere volontariamente delle informazioni ed è ciò che accade anche in questo caso. Infatti, Zweig non ha mai citato, ad esempio, i matrimoni che ha avuto. Si aggiunge che il memoir potrebbe riportare dei ricordi distorti, ma non è il suo caso.
Inoltre, Zweig si pone un obiettivo con questo scritto, a cui spera di adempiere: vuole parlare a una generazione futura, lontana a lui e alle situazioni di enormi cambiamenti, di ciò che lui ha vissuto in circa 58 anni di vita (almeno ciò che ricorda), evidenziando in primis la sua testimonianza del declino dei valori morali e culturali nel corso della sua esistenza.
L’opera è suddivisa in 16 capitoli legati tra loro e ciascuno con un tema diverso. Si riscontrano 3 fasi, chiamate “vite” dallo stesso autore:
- Infanzia e gioventù a Vienna
- Prima Guerra Mondiale e il primo dopoguerra in giro per il mondo
- Esilio a Londra, New York e Petrópolis
All’inizio, l’opera risulta molto lenta a livello narrativo a causa delle minuziose ma importanti descrizioni dell’autore, le quali aiutano a ricostruire la sua visione e le sue sensazioni in un preciso istante che racconta. Tuttavia, dopo l’infarinatura generale che dà, la lettura prosegue in modo rapido e scorrevole.
Il lavoro di stesura cominciò nel 1934 e terminò nel 1942, poco prima della sua morte. La sua ex moglie e l’editore ricevettero tutti i plichi di fogli con le istruzioni dell’autore per la pubblicazione del libro, pubblicato postumo.
Parere personale
Ritengo che debba essere assolutamente letta. Mi ha lasciata stupefatta e scioccata, pure con le lacrime agli occhi verso la fine della lettura, soprattutto per il paragrafo dedicato a Freud, grande amico di Zweig.
A parer mio, il capitolo 9 si aggiudica una menzione d’onore per un motivo: la spiegazione della differenza tra le due guerre mondiali e gli elementi-chiave di ciascuna, come la foga e la romanticizzazione eccessiva della guerra presenti nella Prima. Ciò che mi ha colpita di più è come molti scrittori e poeti dell’epoca esortassero i lettori a parteciparvi utilizzando termini come, per esempio, Krieg (guerra) che rimava con Sieg (vittoria) e Not (necessità) con Tod (morte). Aggiungo anche il taglio di rapporti di scrittori tedeschi e austriaci con quelli inglesi o francesi solo a causa della guerra, come se non fossero mai stati amici tra loro.
Concludo con le ultime righe dell’opera che rispecchiano anche i nostri tempi:
Il sole brillava fulgido e intenso. Mentre tornavo a casa mi accorsi d’un tratto della mia ombra che si allungava davanti a me, così come dietro la guerra presente scorgevo l’ombra del conflitto passato. Da allora, quell’ombra non mi ha più abbandonato, dominando ogni mio pensiero, di notte e di giorno, proiettando forse il suo oscuro profilo anche su molte pagine di questo libro. Ma in fondo ogni ombra è anche figlia della luce, e solo chi ha conosciuto luce e tenebra, guerra e pace, splendore e decadenza, può dire di aver vissuto davvero.
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