Abbiamo parlato poco tempo fa delle uscite estive di Sebastiano Brocchi. oggi sul nostro portale pubblichiamo una breve intervista che abbiamo inviato all’autore per permettergli di presentare le sue opere personalmente.
Sei un’artista ricco di sfaccettature e hai creato davvero un mondo molto variegato. Quando e come è nata l’ispirazione che ti ha portato a scrivere o meglio creare la saga di Pirin e tutto ciò che è venuto dopo?
Penso sia difficile, oggi, tornare nella mente di quel ragazzino ancora adolescente nei momenti in cui prendevano forma le prime ispirazioni che avrebbero portato, anni dopo, alla nascita di questa saga.
Vi si trovavano amalgamati, sicuramente, l’entusiasmo per le grandi saghe cinematografiche uscite in quegli anni (i primi anni 2000 furono una fucina di meraviglie, basti pensare alla trilogia prequel di Star Wars o a quella de Il Signore degli Anelli, senza dimenticare Matrix) come pure il mio progressivo avvicinamento a letture e ricerche che spaziavano dalla mitologia alle fiabe, all’esoterismo, in particolare la tradizione ermetica con la sua ricchissima simbologia. Ci sarebbe davvero tanto da dire, perciò in questa sede preferisco concentrarmi su cosa mi abbia spinto, negli ultimi anni, a concentrarmi sull’espansione multimediale della trilogia Pirin originaria: trasmettere al lettore la visione di un universo narrativo profondo, sfaccettato, capace di esistere e prosperare su sentieri e livelli diversificati.
La trilogia originaria è già, di per sé, un contenitore di storie abbastanza vasto da potersi perdere in un dedalo di trame e sottotrame, ma non volevo che si pensasse alla saga dei Pirin come a qualcosa “contenuta” in quei tre volumi. Volevo spezzare in qualche modo l’idea del “limite” costituito dalle copertine dei libri, dare l’impressione che quei tomi iniziali fossero soltanto tre finestre aperte su un mondo capace di reggersi sulle proprie gambe anche al di fuori dello spazio – sempre troppo angusto – di singole trame.
Così se, ad esempio, nei romanzi originari avevo citato dei territori o evocato particolari vicende del passato che non avevo avuto modo di approfondire quanto bastasse ai miei occhi, ora colgo l’occasione per riprendere il filo di quei discorsi interrotti, scoprendo che ognuno di quei fili possa rivelarsi come il filo d’Arianna di un nuovo labirinto. Mi lascio sorprendere scoprendo dove condurrà quel nuovo labirinto e, quando lo faccio, scopro un potenziale arricchito, scopro di non conoscere abbastanza una saga che, in realtà, lungi dall’essere qualcosa di “già fatto”, prende forma di volta in volta sotto le mie dita.
Detta così potrebbe anche sembrare una trappola, quella dell’inseguire perennemente nuove possibilità senza mai avere il “coraggio” di porre la parola fine, ma ho posto a me stesso la conditio sine qua non della qualità soggettiva, ovvero la necessità che (almeno ai miei occhi) ogni nuova aggiunta apporti davvero qualcosa di qualitativamente significativo a questo percorso narrativo, nuovi messaggi che valgano la pena di essere messi nero su bianco. Se e quando non dovesse essere più così, ovviamente, riterrò chiuso il cerchio.
Ci sono mondi immaginari nella mente di ogni scrittore che possono venire alla luce grazie ai propri scritti. Quanto di quei mondi si è riversato nelle tue opere?
Tantissimi aspetti di quei mondi e, bien sûr, troppo pochi rispetto a quelli che popolano la mia mente. Quel che più conta, però, è che in questo compito non mi affido soltanto alla parola scritta e non mi affido soltanto alla mia visione personale. Si tratta di un processo creativo che definirei “inclusivo” da vari punti di vista. Perché accoglie diversi mezzi di comunicazione (dallo scritto all’illustrazione passando per le espressioni ludiche), e anche perché accoglie le visioni di altri creativi.
È chiaro che in tutto ciò sia sempre la mia visione a mantenere il timone sulla rotta di una percezione autoriale univoca e omogenea, a fare in qualche modo da direttrice d’orchestra per così dire, affinché non vi siano stonature nell’orchestra delle varie idee e delle loro trasposizioni rispetto a ciò che cerco di trasmettere. Tuttavia, le forme di interattività sono state e sono molteplici. Da quando esiste la saga essa ha accolto i contributi di programmatori informatici, musicisti, illustratori, doppiatori e altre figure professionali coinvolte nei vari progetti; ma anche di “semplici” lettori che, attraverso la condivisione di loro idee e punti di vista, hanno offerto piccoli quanto preziosi spunti di arricchimento.
Gli ultimi due romanzi spin-off (Il Mercante di Verità e La Fanciulla del Deserto), ad esempio, sfoggiano con fierezza un background fatto di condivisione socialmediatica: entrambi nascono come romanzi a puntate pubblicati a cadenza settimanale nel web dove, anche attraverso l’interazione con i lettori, sono stati determinati vari dettagli confluiti poi nella versione definitiva. Ho proposto sondaggi per permettere ai lettori di influenzare certi elementi, o rivolto domande puntuali ad alcuni lettori fissi per permettere loro di dare dei contributi alla creazione di queste storie. Si tratta quindi di esperienze corali, capaci di accogliere non soltanto ciò che la saga rappresenta per me, ma anche ciò che rappresenta per coloro che decidono d’incamminarsi nei suoi sentieri.
Anche gli artbook (come l’ultimo gioiello appena pubblicato, Pirin Cities artbook) sono un modo per dare voce al talento di vari artisti, mostrando al contempo come ognuno di essi abbia saputo “fare proprio” in qualche modo questo spazio creativo, questo mondo alternativo eppure in certa misura così reale attraverso le emozioni che è in grado di regalare.
Infine, come accennato in precedenza, le esperienze ludiche: il videogioco uscito nel 2018, ma anche la novità di quest’anno costituita dal card game Pirin – Border Realms, o il gioco di ruolo in corso di lavorazione Pirin – The Rulers of Gaimat, rappresentano altrettante conferme del desiderio di condividere l’esperienza della saga su altri piani che non siano unicamente di fruizione passiva, bensì di coinvolgimento in prima persona, affinché i personaggi e i luoghi di quei mondi possano in qualche modo accompagnarci nella nostra vita, costituire dei ricordi e dei momenti di condivisione.
Hai lavorato nel dettaglio per creare i tuoi figli letterari, quale di tutti i tuoi personaggi diresti che è quello meglio riuscito?
Non mi piace fare distinzioni in questo senso perché ovviamente sono legato a tutti per motivi diversi, ma posso parlarvi di Ahmir in quanto protagonista dell’ultimo romanzo pubblicato: La Fanciulla del Deserto.
Giovanissimo schiavo eunuco venduto per pochi spiccioli dai negrieri di un’oasi, verrà cresciuto come donna per farlo diventare un’odalisca e pregiata concubina. La sua bellezza le varrà un posto d’onore nell’harem di un facoltoso principe di Noghard, ma nell’animo di Ahmir arde la fiamma di un sogno proibito: diventare un’Amazzone e unirsi alle affascinanti donne guerriere per la riscossa del suo popolo oppresso.
Personaggio fatto di chiaroscuri quindi, animato da forti passioni e immerso in una società dagli esacerbati contrasti. Figura eroica ma anche pervasa da un altissimo senso di giustizia, che per certi versi potrebbe richiamare alla mente precedenti storici quali Mulan o Spartaco.
Portare questo personaggio su carta non era scontato, non foss’altro che in ragione della sua complessa identità sessuale, capace di trascendere ogni possibile dualismo: donna nell’animo e per “scelta sociale”, nata in un corpo maschile reso però femminile nell’apparenza, desiderosa al contempo di abbracciare una battaglia che agli occhi della nostra società potrebbe essere considerata questione virile.
Tuttavia, sostengo che l’archetipo della forza combattente sia un principio soprattutto femminile: già gli antichi sapevano ben distinguere tra la forza bruta rappresentata da Ares e la sua controparte “elevata” impersonata da Atena, la quale si lega a un concetto di forza svincolato dalla prestazione muscolare.
Mi piacerebbe chiederti chi ammiri dei grandi autori fantasy del passato e contemporanei e chi tra loro ha ispirato il tuo lavoro?
Tra tutti mi piacerebbe citare M. Ende, l’autore de La Storia Infinita, poiché con lui condivido la visione di un fantasy profondamente simbolico, dagli accenti mistici e metafisici. Non è certo l’unico: un simile approccio di matrice fortemente ermetica si ritrova tanto in J. R. R. Tolkien quanto in L. Frank Baum. Per quanto riguarda gli aspetti artistici, invece, una grande fonte d’ispirazione per me è senz’altro J. Gurney (l’autore di Dinotopia).
Cosa diresti agli autori esordienti che non hanno ancora pubblicato e che lottano per farsi strada nel mondo artistico italiano?
Pubblicate soprattutto e se avete qualcosa da dire. Non puntate al successo commerciale o di critica, bensì all’importanza che riveste per voi la possibilità di trasmettere qualcosa di vostro attraverso la vostra opera, un messaggio, un’essenza.
In mancanza di questo, per me, la letteratura non è arte bensì mero commercio. Perciò insisto sull’importanza di interrogarsi in modo onesto per capire le nostre reali motivazioni: in un mercato editoriale già saturo non ha senso aggiungere altro inchiostro sulla carta solo per riproporre sempre le solite scene e gli stessi personaggi.
Chiediamoci se quel che stiamo facendo abbia un’impronta davvero personale e se lo stiamo facendo in modo ponderato, cercando di fare le cose per bene insomma, o in modo sbrigativo e accennato.
Sono certa che la tua vena creativa non si esaurisce con queste ultime produzioni. Cosa vorresti dirci riguardo i tuoi prossimi progetti?
Uno di essi è il fumetto La Vita di An, già annunciato alcuni anni fa e che purtroppo sto trascinando da più tempo del dovuto. Ritengo che le varie pause che ne hanno rallentato la produzione non siano dovute unicamente a cause pratiche (altri progetti che hanno investito le mie energie) bensì forse alla consapevolezza di non aver ancora perfezionato l’opera a dovere, e finché non ne sarò soddisfatto mi dispiacerebbe pubblicare un lavoro sottotono. Ad ogni modo si tratta anche di un notevole impegno in termini creativi, considerando la mole di disegni necessaria. Detto questo, non vorrei nemmeno fare come Martin con il suo Trono di Spade dal finale eternamente rinviato: mi dedicherò quanto prima a completare il fumetto e chissà se già quest’anno potrà finalmente vedere la luce?
Sto anche lavorando a un romanzo intitolato Il Tempo dei Totem”, sorta di seguito ideale per Il Libro dei Cieli d’Opale, e che condividerà con quest’ultimo i toni particolarmente epici e poetici quasi da antica epopea. Racconterà della Seconda Era del mondo, un tempo dominato dai grandi animali fatati e dalle armate a loro asservite.
Vi è anche un altro spin-off nel cassetto, cui spero di poter iniziare a dedicarmi nei prossimi mesi: La Corte dei Fiocchi, che racconterà l’infanzia di uno dei personaggi più importanti della saga, con gran dispiego di incantesimi ed enigmi da decifrare.
Grazie di cuore per essere stato con noi e continua a farci sognare.
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