È conosciuta come “la dotta”, la “grassa” o “la turrita”, la rossa Bologna è una città giovane e multietnica, dalla forte impronta culturale, divisa però, tra fascino e segreti ben celati tra i vicoli del centro storico, i sotterranei e i portici.
È la Bologna oscura, quella di frate Girolamo Menghi, l’esorcista i cui libri furono inseriti nella lista dei testi proibiti dal Vaticano.
È la Bologna segreta di Luigi Galvani, lo scienziato che ispirò, con i suoi esperimenti sulla stimolazione muscolare attraverso l’elettricità, Mary Shelley, che scrisse Frankenstein.
È la Bologna misteriosa di delitti ancora oggi irrisolti e di strane sepolture in odore di vampirismo.
I delitti del DAMS
Bologna è stata la prima città in Italia ad avere un corso di laurea interamente dedicato alle arti visive e dello spettacolo, il Dipartimento delle Arti, della Musica e dello Spettacolo.
Tra il 1982 ed 1983, ci furono ben quattro delitti collegati al DAMS tanto che fu vagliata la pista della presenza di un serial killer.
Di questi quattro omicidi, di uno solo, ad oggi, è stato scoperto il colpevole oltre ogni ragionevole dubbio, è il caso di Liviana Rossi studentessa al DAMS, soffocata dal suo datore di lavoro in un tentativo di stupro.
Il primo omicidio in ordine cronologico collegato al DAMS è quello di Angelo Fabbri, 26 anni, bolognese d’adozione causa studi, assistente e pupillo di Umberto Eco.
Il 30 dicembre 1982 verso mezzanotte, passa un’ora e mezza circa al telefono con un amico, poi prepara i bagagli, è diretto a Roma per festeggiare il capodanno.
Il suo corpo verrà ritrovato da due cercatori di funghi in Val di Zena, sugli Appennini a sud di Bologna, con una dozzina di coltellate alla schiena inflitte in forma circolare.
L’impermeabile che indossava era intatto, qualcuno dopo averlo colpito, si è preso la briga di rivestirlo e abbandonare il corpo lì.
In quegli anni, le università erano teatro di forti idealismi e conflitti, fu vagliata la pista politica ma senza risultato.
Lea Polvani, il cold case della grotta di Croara
Leonarda ha 28 anni, è sposata e vive a Casalecchio di Reno (Bo), all’epoca dei fatti aveva ripreso da poco gli studi al DAMS.
Lea scompare la sera del 29 novembre 1983, la sua auto, una fiat 126 è in garage, questo significa che la donna è tornata dal lavoro ed è sparita nei cinque metri che separano il garage dalla sua abitazione.
Il suo corpo viene ritrovato quattro giorni dopo a San Lazzaro di Savena, nella già tristemente nota Grotta di Croara.
Il posto ha la fama di essere utilizzato per le assemblee della malavita e per lo svolgersi di messe nere.
Per il medico legale, Lea è morta la stessa notte in cui è scomparsa. È stata uccisa dal proiettile di una pistola di piccolo calibro, che le ha trapassato il cuore, non è stata violentata, né derubata, e non è stata neppure aggredita.
Un’auto nera fu notata da alcuni vicini sostare sotto casa di Lea la sera incriminata.
Ad oggi nessuna ipotesi investigativa è stata avvalorata da prove concrete e questo delitto rimane avvolto nel mistero.
L’omicidio Alinovi
Francesca Alinovi è insegnante di Estetica al DAMS, promettente critica d’arte, arcinota negli ambienti italiani ed esteri con una propria corrente artistica innovativa, l’Enfatismo
È la terza vittima in ordine di tempo di quella che sembra essere la “maledizione del DAMS”.
Viene ritrovata cadavere il 15 giugno 1983 nel suo loft in via del Riccio 7 a Bologna. È stata uccisa tre giorni prima con 47 coltellate di cui solo una fatale, quella che le recide la giugulare.
Sullo specchio in bagno, gli investigatori trovano una scritta fatta col rossetto: “you’re not alone…anyway”.
La calligrafia non corrisponde né a Francesca né a colui che sarà indagato, Francesco Ciancabilia, 24 anni, alunno ed amante della vittima. Una relazione sbilanciata, con lei morbosamente gelosa ed innamorata e lui sfuggente e dedito all’eroina e a farsi largo nel mondo dell’arte. Arrestato una settimana dopo l’omicidio, Francesco Ciancabilia viene assolto in primo grado per insufficienza di prove, ma in Cassazione la sentenza si ribalta. Viene arrestato dalla Digos di Bologna in Spagna, scontata una pena di dodici anni, oggi è un uomo libero. Francesco Ciancabilia si è sempre dichiarato innocente, d’altronde i dubbi restano.
Chi ha scritto quella frase col rossetto in bagno? Di chi erano gli occhiali da sole Ray Ban ritrovati nel bagno?
Ci sono molte incongruenze, le prove relative all’ora del decesso furono basate sul rolex con ricarica a oscillazione della vittima, in base all’autonomia della batteria in assenza di movimento, un dato non proprio…matematico. L’alibi dell’indagato venne a cadere proprio per la presunta data del decesso ricavata dal numero di ore di autonomia dell’orologio.
Una strana frase compare nel diario di Francesca che scrive:
Maledetti gli uomini per le violenze psicologiche che esercitano sulle donne, per la paura archetipa infinita che suscitano nella loro psiche. Maledetti per la loro volgarità truce e immonda.
Faccio il mio testamento di amore e di morte.
Bologna oscura, la necropoli dei vampiri
Nel 2004, durante gli scavi della nuovissima TAV di Bologna, lato via Carracci, emersero diversi reperti di epoca romana tra cui numerose tombe.
Nell’area dove oggi ci sono i binari 13, 14 e 15, vennero alla luce diverse sepolture decisamente anomale. Gli scheletri rinvenuti si presentavano distesi bocconi, di traverso ma soprattutto martoriati da procedure inusuali.
“Hanno caratteristiche sconosciute nel mondo romano” spiega Maria Giovanna Belcastro antropologo-fisica dell’Alma Mater.
“C’è un cadavere col chiodo infisso all’apice del cranio, altri che hanno cavicchi piantati nell’occhio, in testa e nell’orecchio destro. Altri ancora che sono stati mutilati col taglio dei piedi.
L’idea più probabile è che si volesse impedire il ritorno di questi individui”.
Sepolture analoghe sono state ritrovate nel modenese, a Terni ed a Venezia. Ai defunti era stato conficcato un mattone in gola col chiaro intento di spaccarne la mascella impedendo al “resuscitato” di masticare o suggere.
Nella necropoli dei reietti bolognesi invece, ogni cadavere sembra trattato in modo diverso, inclusi elementi simbolici a noi sconosciuti: c’è un corpo tagliato a metà (presente solo quella inferiore) nel quale è stato inserito un balsamario che conteneva unguenti.
Quello che è certo che chi seppellì queste persone mettendo in atto tali procedure, fu animato dalla paura del loro ritorno e dalla volontà di isolarle per sempre dai vivi, come nella migliore tradizione vampiresca.
Fonte parziale: Archeologia Bologna
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