Come ogni volta che riprendo in mano questa rubrica mi riprometto sempre di essere più costante, poi avvengono cose e purtroppo sono costretta a dedicargli il tempo che trova. Nonostante ciò non è una rubrica che mi sento di voler abbandonare, primo perché è una di quelle che ho notato essere fra le più seguite anche a distanza di tempo e secondo perché piace molto anche a me e sicché lo spazio è mio….
Come sempre, vi lascio il solito disclaimer, e poi, dopo questa breve introduzione, di cui mi direte che non ve ne frega una ceppa, proseguiamo con la recensione del prossimo racconto I Sogni nella Casa Stregata.
Attenzione: questo articolo contiene spoiler. Tuttavia può essere un pratico approccio per chi vuole affacciarsi al mondo di Lovecraft e vuole prendere visione a grandi linee di quello che troverà all’interno. Vi consigliamo, in ogni caso, la lettura dell’opera originale.
Il racconto
The Dreams in the Witch-House, il settimo dei racconti che andiamo a trattare in questo primo ciclo in onore di Lovecraft, non si può non definire un testo fondamentale nella delimitazione di quell’universo creato dall’autore, in quanto estende il concetto di orrore cosmico a una serie di universi extradimensionali. A differenza dei racconti precedenti, ne I Sogni nella Casa Stregata non abbiamo una visione in prima persona, ma un narratore esterno che racconta le sventure che affliggono il povero Gilman.
Come tutti, o quasi, i protagonisti che abbiamo incontrato all’interno di questa raccolta Gilman è dotato di una forte curiosità e una profonda attrazione verso i temi dell’occulto e una serie di universi e fatti che vanno al di là della comprensione umana. Trattandosi egli di uno studente di scienze matematiche, egli crede che tali eventi siano in realtà legati a una serie di formule che sono in grado di piegare i concetti di spazio e di tempo e una serie di leggi fisiche. Proprio per tale ragione, egli prende in affitto la casa e l’appartamento che un tempo era appartenuto alla vecchia Keziah Mason, la quale di diceva essere una strega e che, a suo tempo, condannata era evasa dalla sua prigionia scomparendo in modo strano e misterioso.
L’opinione di Gilman, in merito a quella faccenda, è che in qualche modo, la vecchia, avesse sfruttato proprio quei legami che intercorrono fra le varie dimensioni.
D’altro canto, la stanza stessa che un tempo era appartenuta alla donna presenta una conformazione strana e del tutto peculiare.
La parete settentrionale pendeva visibilmente all’interno – dalla parte esterna verso l’estremità interna – mentre il basso soffitto s’inclinava gradualmente verso il basso nella stessa direzione.
L’accesso a quella parte che doveva corrispondere alla soffitta era visibilmente negato da tempo immemore se non ai topi che avevano scavato le loro gallerie attraverso le travi di legno.
Temi e figure portanti
I sogni, che sono il tema predominante del racconto, erano cominciati in concomitanza con una strana febbre, tanto che Gilman non era in grado di stabilire se gli uni dipendessero dall’altra o viceversa. Fatto stava che quei sogni diventavano sempre più definiti e allo stesso tempo astratti, riportando il protagonista in un universo fatto di forme, luci e strane nebbie dalle tonalità giallastre e verdognole.
A ciò, seguono la comparsa di figure inquietanti come quella della vecchia Keziah, che in un primo momento era stata associata dal protagonista a una donna anziana che aveva incrociato casualmente in alcuni vicoli, accompagnata da quella del piccolo famiglio Brown Jenkins. Questo strano piccolo essere dalle sembianze di un topo con delle inquietanti caratteristiche umane assume un particolare spessore all’interno della vicenda. Egli accompagna costantemente la strega seguendola e aiutandola con quei suoi lunghi denti gialli su un volto umano e quelle piccole mani dalle unghie affilate. È presente quando la donna invita il giovane a firmare il Libro di Azathoth, cosa della quale Gilman ha un ben fondato terrore avendo trovato il nome di Azathoth, accompagnato da quello di Nyarlathotep, all’interno del Necronomicon ed essendo quindi a conoscenza che questi rappresenta il male supremo.
Tuttavia per quanto egli provi a cercare presso il proprio compagno di corsi Elwood o la comunità scientifica a cui ha consegnato una statuetta recuperata proprio in uno di quei sogni, questi continuano il loro ciclo indipendentemente da qualunque cosa egli possa fare per tentare di arrestarli o quantomeno di controllarli. Perfino cambiare stanza risulta essere inutile in particolare con l’avvicinarsi del Sabba delle Streghe, notte nella quale i sogni raggiungono il culmine dell’orrore. Il protagonista si trova infatti, suo malgrado, a prendere parte al rituale di sacrificio di un bambino agli Antichi Dei del Caos, dove vani risultano i suoi sforzi per fermarli seppure, per lo meno, riesce a porre fine alla vita della vecchia megera. Viene ritrovato prima ancora dell’alba, nella sua stanza, in stato confusionale, privo dell’udito che fino a quel momento era stato particolarmente sviluppato.
Ma seppure la vicenda sembra conclusa, la verità è ben diversa. In pieno stile Lovecraft, quando le cose sembrano finalmente essere giunte a conclusione, si apre una nuova porta, in questo caso data dalla morte dello stesso Gilman a causa di un ratto che pare avergli divorato il cuore, scavandosi dei cunicoli attraverso il suo corpo. Un ratto le cui impronte insanguinate assomigliano in modo inquietante a delle piccole mani in miniatura.
Conclusione
Come sempre, dunque, Lovecraft non si smentisce riuscendo a contagiare il lettore con gli stati d’animo di ansia e tensione dei suoi personaggi, lasciando sempre quella via aperta agli eventi che potrebbero in qualche modo ancora proseguire con conseguenze devastanti per quelli che hanno avuto la sventura di intrecciare le proprie vite con le vicende narrate.
Lo stesso personaggio di Elwood, che risulta avere un ruolo marginale all’interno dell’opera, alla fine si ritrova ad avere la vita completamente sconvolta dai fatti accaduti e a vivere nel costante terrore che una parte di quelle vicenda possa ancora avere influenza sulla propria esistenza, per quanto egli possa tenersi lontano da quei luoghi.
Come si è detto alle volte, mano a mano che i racconti procedono c’è sempre un nuovo elemento che va ad aggiungersi a questo mondo fatto di sentimenti di inquietudine, apprensione, malessere, angoscia….
Ed è proprio questo che rende Lovecraft l’autore che tutti conosciamo.
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