Dopo l’indiscusso successo e sei Emmy Awards, della prima stagione di Monster – La storia di Jeffrey Dahmer, Ryan Murphy torna su Netflix con Monsters: la storia di Lyle ed Erik Menendez, che è subito record di ascolti e di polemiche.
La miniserie, scritta e diretta da Murphy e Ian Brennan, conta nove episodi di circa cinquanta minuti ciascuno.
Monsters: la storia di Lyle ed Erik Menendez – Trama
La sera del 20 agosto 1989 José Menendez e sua moglie Marie Louise, detta “Kitty”, sono nella loro villa di Beverly Hills quando Lyle ed Erik, i loro figli, entrano in casa con due fucili da caccia che scaricano completamente sui loro genitori, uccidendoli brutalmente.
Dopo aver cercato di imbastire un alibi, facendosi notare in alcuni locali della città, i due tornano a casa e chiamano la polizia.
Inizialmente i ragazzi riescono a depistare gli investigatori, ma una serie di situazioni alquanto grottesche, al limite dell’assurdo, porteranno all’arresto dei fratelli Menendez.
Seguiranno due lunghi processi in cui il confine tra verità, menzogna ed esagerazione sarà sempre più sottile.
Lyle ed Erik, attualmente, stanno scontando la pena dell’ergastolo senza condizionale in due penitenziari separati.
Recensione
Con questa seconda stagione, la serie tv antologica Monster si conferma il format migliore dell’ampio catalogo true crime Netflix.
Se nella prima è possibile notare un taglio psicologico incentrato sul serial killer Dahmer e le sue vittime, con Monsters: la storia di Lyle ed Erik Menendez la narrazione è esterna e arriva al telespettatore in modo freddo e pragmatico, pur considerando i punti di vista di ogni persona coinvolta nel caso. Gli episodi sono coinvolgenti e scorrevoli, nessuno pecca di lentezza, nemmeno l’episodio del monologo di Erik.
Non sorprende il lavoro maniacalmente perfetto del regista nel ricalcare l’orribile storia vera, sia negli aspetti fattuali che estetici, ma ciò che stupisce è l’incalzare di situazioni assurde che coinvolgono lo spettatore in un vortice di convinzioni e dubbi, verità e manipolazione.
I fatti che portarono all’arresto dei Menendez, le confessioni, le testimonianze, il processo, tutto porta ad un’unica domanda: chi sono i carnefici? Chi sono le vittime? Chi sono davvero i mostri?
Murphy dà allo spettatore la libertà di scelta, lasciandogli l’arduo compito di decidere da che parte stare, almeno da un punto di vista etico.
Conclusioni
Lo spettatore che guarderà i nove episodi, convinto di farsi un’idea dei fatti dietro la tragedia del 20 agosto ’89 o un’opinione precisa su cosa abbia spinto i due fratelli a fare ciò che fecero, resterà deluso.
Nella vicenda di Lyle ed Erik Menendez nessuno è innocente, torbidi segreti e manipolazioni emergono dovunque si guardi, tutti sono protagonisti, non c’è una presenza secondaria, perché ognuno con il suo carico di menzogne ha un peso determinante negli omicidi, nell’arresto e nel processo e questa è, paradossalmente, la parte più disturbante della serie.
Un prodotto televisivo che non santificando le vittime vìola il “politicamente corretto” oggi tanto in voga, in effetti sarebbe stato più semplice investire sull’evidente colpevolezza dei fratelli, invece non sapremo mai chi erano Josè e Kitty e cosa accadeva davvero tra le mura di casa Menendez.
La visione è assolutamente consigliata a chi ama il true crime e a chi è disposto ad ammettere che non è mai tutto oro ciò che luccica.
“È davvero, davvero difficile, se è la tua vita, vederla rappresentata sullo schermo.”
(Erik Menendez)
Le polemiche *
Ben 24 membri della famiglia Menendez, attraverso l’account X di Tammy Menendez, moglie di Erik, hanno sentito la necessità di dare pubblico sostegno ai due fratelli dichiarando in maniera congiunta: “Oggi vogliamo che il mondo sappia che sosteniamo Erik e Lyle. Preghiamo individualmente e collettivamente per la loro liberazione, dopo che sono stati in prigione per 35 anni. Li conosciamo, li amiamo e li vogliamo a casa con noi.” definendo la serie “un grottesco shock drama che ignora le recenti rivelazioni scagionanti.”
A pochi giorni dal rilascio della serie Tammy era già stata portavoce, questa volta del marito Erik, che ha definito il lavoro di Murphy ingenuo ed impreciso.
Ma ciò che ha destato maggiori polemiche e indignazione tra i familiari è la scena in cui i due fratelli fanno la doccia assieme, lasciando intendere un rapporto incestuoso.
Murphy ha difeso l’inclusione di questo elemento, affermando che la serie “presenta i punti di vista e le teorie di molte persone coinvolte nel caso”.
Punti di vista e teorie… non verità accertate, c’è da aggiungere.
Curiosità
Il caso Menendez tornato alla ribalta con l’annuncio ed il rilascio della serie tv ha catturato l’attenzione non solo dei fans del true crime, ma anche di alcune celebrità.
Pochi giorni prima dell’uscita negli Stati Uniti, pare che Kim Kardashian abbia chiesto ed ottenuto di incontrare l’attore della serie Cooper Koch (Erik) e poi i fratelli Menendez ed alcuni detenuti nel carcere di San Diego, dove ha discusso di riforma della giustizia e del sistema carcerario, tema su cui, da avvocato attivista, è impegnata da anni.
“Ho trascorso del tempo con Lyle ed Erik: non sono dei mostri”, sono uomini gentili, intelligenti e onesti. In carcere vantano entrambi un curriculum disciplinare esemplare” “Hanno perso la loro infanzia, non hanno mai avuto la possibilità di essere ascoltati, aiutati o salvati”.
(Kim Kardashian)
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