Abbiamo invitato sul nostro portale Michele del Vecchio di cui abbiamo recentemente recensito Malanotte. Lettera aperta a una cara catastrofe edito da bookabook.

Buongiorno Michele,
è un piacere averti come ospite sul nostro portale informativo. Grazie per aver accettato questa intervista in merito al tuo libro Malanotte. Lettera aperta a una cara catastrofe. Qui di seguito, ecco le nostre domande per te.

Benvenuto Michele. Malanotte è il tuo libro d’esordio: quali emozioni hai provato a vedere finalmente il tuo lavoro ripagato, le intense ore di scrittura racchiuse in un unico volume?

Grazie, che piacere essere qui! A dirti la verità è difficile raccontare in poche righe il percorso verso la pubblicazione. Non riesco ancora a capacitarmene! È stato lungo e un po’ accidentato, ma appagante. La linea editoriale della casa editrice Bookabook, infatti, si basa sul crowdfunding: i lettori, attraverso i pre-ordini, hanno avuto la parola decisiva. È toccato vendere duecento copie a scatola chiusa per poter passare alle fasi successive: editing e stampa. Non so descriverti l’ansia provata al pensiero di non farcela. E la felicità, infine, nel vedere sullo scaffale il frutto di tanta fatica. Scriverlo, insomma, non è stato che il primo passo!

Milo Jenkins è un personaggio molto particolare, fuori dal comune, con tutte le sue imperfezioni. Ti rispecchi in lui? In qualche modo ti assomiglia?

Come confesso nei ringraziamenti, Milo ha tanto di me. Dalla miopia ai denti storti, compresi i chili in più di cui tanto mi dispiacevo all’età di sedici anni. Se per le sue nevrosi ho galoppato liberamente con la fantasia, di vero ci sono i disturbi ossessivo-compulsivi di entità minore e la tendenza a voler sempre tenere tutto sempre sotto controllo. Ma crescere, per lui e per me, ha significato lasciare un po’ le briglie. E imparare a farsi condurre.

Continuando a parlare di Milo… È un ragazzo piuttosto romantico, con un’idea quasi poetica dell’amore. Al giorno d’oggi il romanticismo sembra quasi svanito nei giovani, e negli adulti si va a perdere nelle spire della vita quotidiana. C’è un messaggio che volevi lasciare ai lettori, conferendogli questa caratteristica? Magari che anche a distanza di anni, e a qualsiasi età, è sempre possibile rispolverare il nostro “io” più romantico?

Milo è un’anima bella. Un personaggio d’altri tempi, che vive d’illusioni dolci-amare e clamorosi voli pindarici. Presumibilmente non ha un profilo sui social. Raramente fa cenno allo smartphone. Quando parla d’amore, cita film come Notting Hill e Prima dell’alba. L’ho caratterizzato senza pensare a un messaggio in particolare da lanciare ma, se leggendo lo hai riscontrato tu, ne sono comunque contento e la cosa mi dà da riflettere. A differenza sua, infatti, l’età adulta mi ha reso cinico e nichilista: se posso, mi lascerò ispirare anch’io dal romanticismo di Milo.

Hai avuto l’idea fantastica di usare titoli di canzoni inglesi come titoli dei capitoli: è stato difficile trovare la canzone perfetta per ogni parte della storia?

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Photo by Colton Sturgeon on Unsplash

Ti ringrazio! Le canzoni incluse nell’indice sono state il mio accompagnamento musicale durante la stesura e il periodo immediatamente successivo. Ho voluto svelarle agli amici lettori per condividere fino in fondo le mie emozioni e quelle dei personaggi, sperando contribuissero anche a creare un’atmosfera più nitida. Spesso ho cercato suggerimenti nelle colonne sonore del cinema o nei consigli degli amici. Le canzoni, come i libri belli, non sono mai abbastanza.

Ho amato molto il personaggio di Adele Agata Valenti; il suo passato e le sue origini me l’hanno resa più vicina, mi è piaciuta molto la sua storia. Cosa ti ha ispirato a creare questo personaggio?

È anche uno dei miei personaggi preferiti, sai? Ci tenevo a portare un pizzico d’Italia anche in questa isola che non c’è. Tanto, se non tutto, deve alle mie origini meridionali. Un po’ siciliano, un po’ campano, mi sono fatto ispirare dal temperamento e dalle favole della mia nonna materna. Moltissime delle credenze di cui Adele è portavoce sono documentate: risalgono alla notte dei tempi, e alla provincia casertana da cui provengono mamma e papà.

Perché hai scelto di ambientare la vicenda proprio nel Connecticut?

È stato un caso. Una suggestione, forse, derivata inconsciamente da horror come The Haunting in Connecticut (in Italia conosciuto come Il messaggero). La cittadina di Eureka esiste, ma in realtà si trova in California. Ho rubacchiato qui e lì, mosso dal desiderio di creare uno scenario dai contorni fumosi. Come ogni adolescente, all’epoca, sognavo gli Stati Uniti a occhi aperti e chiusi. Ora idem.

Ho apprezzato molto il tuo modo di scrivere. Nonostante sia un horror, la tua storia culla dolcemente con una carezza di malinconia. Durante la stesura, c’è mai stato un momento in cui hai fatto più difficoltà a proseguire? O le parole sono scivolate sulla tastiera, morbide e fluenti, lungo tutto il tuo percorso creativo?

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Photo by Gelani Banks on Unsplash

Più abituato a leggere che a scrivere, ammetto di essere stato un autore incostante. Ho lavorato a ruota libera, senza uno schema e senza un metodo. Adesso, per fortuna, seguo una scaletta predefinita; dalle incertezze dell’esordio ho imparato molto, moltissimo. La seconda metà l’ho scritta d’un fiato, nonostante la difficoltà delle scene d’azione: mamma mia, che fatica renderle! La prima, invece, è stata scritta e riscritta nel tempo. Poi, guidato dalla mia editor Roberta, ho uniformato il tutto. La scorrevolezza è stato il traguardo finale da raggiungere, e vado piuttosto fiero del risultato, grazie (tremavo all’idea di un effetto “Frankenstein”!).

Ultima domanda. In futuro scriverai ancora horror? Hai già qualche prossima idea nel cassetto?

Attualmente sto scrivendo, sono a buon punto con una nuova storia: incrociamo le dita. Non si tratta di un horror, ma di un romanzo di formazione che nasconde comunque un cuore misterioso e una natura violenta. Ma sono cresciuto con Stephen King, vivo per le storie da brivido, e l’horror prima o poi tornerà a condannarmi alle ore piccole.

Grazie Michele per averci donato un po’ del tuo tempo. È sempre interessante scoprire l’autore dietro le quinte dell’opera.

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