Dopo aver recensito i suoi romanzi La fiamma azzurra, Il vortice nero, parte 1 e 2 e La Folgore scarlatta abbiamo deciso di intervistare il simpatico autore milanese dalla sfrenata fantasia, Daniele Viaroli. 

La prima domanda che vorrei farti è questa: sicuramente questo lavoro incredibile, è frutto di tante ricerche e di innumerevoli spunti, ma cosa ti ha ispirato principalmente per gettare le basi della storia principale della saga della fiamma azzurra?

Il vortice nero vol.1 di Daniele Viaroli

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Buongiorno a tutti e grazie per questa magnifica opportunità.

Questa è una domanda cui è davvero difficile rispondere, perché la saga è nata proprio come una mescolanza di generi, stili e ispirazioni molto differenti tra loro. L’idea iniziale era quella di scrivere una storia anche leggera, ma che potesse donare un sorriso e un po’ di sana avventura, proprio come un anime o un cartone animato.

Però, mi sono presto reso conto di avere molto da dire e che quei personaggi non potevano esaurirsi così. In particolare, il passato di Skald, Odin e Lili meritava un approfondimento ulteriore.

Credo che, se proprio devo cercare un punto d’origine, sia stato nella figura dello scaldo norreno, ovvero i poeti guerrieri che popolavano il nord Europa, trasmettendo sia l’arte oratoria sia quella marziale. Sono figure che mi hanno sempre affascinato, forse perché condivido in parte il loro percorso.

L’idea di ambientarla in un così vasto Multiverso è nata subito o la creazione del world building è venuta fuori piano, piano?

L’idea iniziale era di ambientarla in un Multiverso che non avesse confini e le cui regole fossero ridotte al minimo. Lo scopo era quello di poter avere un’assoluta libertà creativa, inserendo, aggiungendo o ribaltando ogni cosa. Alla fine, però, si è tradotto in una continua creazione di nuovi mondi, spesso collegati ai personaggi principali, in cui far evolvere la storia o analizzare nuove sfaccettature.

Mi concedo un piccolo spoiler. Ogni mondo creato per la saga è, in realtà, un mondo in cui vorrei, prima o poi, ambientare un romanzo di qualche tipo del tutto slegato dalla Fiamma Azzurra. Vorrei trasformare il Multiverso nel punto di contatto tra tutte le mie opere.

Ci sono mondi immaginari nella mente di ogni scrittore che possono venire alla luce grazie ai propri scritti, sicuramente si nota il tuo grande amore non soltanto per il genere fantasy, ma soprattutto per le arti marziali. Quanto di quei mondi basati sulle tue esperienze di vita si è riversato in questo romanzo?

Tantissimo. Ci sono esempi più ovvi come le figure di Skald e Oni, ma gran parte delle mie passioni permea i vari mondi del Multiverso. Ad esempio, il mondo natale di Oni è studiato per essere un misto tra la Cina medievale e il Giappone feudale, in cui dei monaci guerrieri, la cui filosofia di vita è prossima alle arti marziali, stringono patti con spiriti della mitologia orientale. Oppure Everstorm, visto solo di passaggio nella saga, ha un intero sistema magico che trae origine dal Ba Gua Zhang, l’arte marziale che pratico.

Ma anche Punworld trae origine dalla mia passione per i giochi di parole assurdi e per le freddure, oltre che dal mio amore incondizionato per le opere di Terry Pratchett. Insomma, ho cercato di mettere una parte di me in ogni personaggio e, avendo modellato i mondi attorno a loro, per proprietà transitiva anche nei vari mondi.

Ciascuno dei tuoi figli letterari è davvero ben realizzato, ho amato moltissimo Jake, Odin e Skald, ma anche Kelena, ma per te quale di tutti i tuoi personaggi diresti che è quello meglio riuscito?

Questa è una domanda complessa per un autore, perché li amiamo tutti allo stesso modo. Credo che, per complessità e sfaccettature dell’animo, Skald e Odin abbiano qualcosa in più. Però l’ironia assurda di Benny e quella più dolce di Kobalt sono state uno spasso da scrivere. Pensandoci bene, però, ci sono due personaggi che passano sempre un po’ in sordina.

Il primo è Incursore, in cui volevo trasmettere una sorta d’ingenua bontà, tipica di chi fatica a comprendere il mondo, ma sotto sotto ha davvero capito che nella vita contano solo le persone che abbiamo accanto. Il secondo è Maeve, la cui capacità di andare contro tutto e tutti per il bene dei più spesso viene un po’ sminuita dalle imprese degli eroi più vistosi. Eppure, lei non ha mai smesso di lottare e di credere in un mondo migliore.

Quale dei grandi autori del passato o di quelli contemporanei hanno ispirato il tuo lavoro?

Di sicuro fanno parte della lista Terry Pratchett e Neil Gaiman soprattutto per gli aspetti più ironici e scanzonati. Ammetto, però, di essermi ispirato sempre molto a Stephen King e ai suoi approfondimenti sulle zone oscure nel cuore dei personaggi, persino in un’opera scanzonata come la Fiamma Azzurra.

Anche i grandi maestri d’avventura da Alexandre Dumas a Mark Twain sono sempre stati uno dei miei punti di riferimento principale.

Cosa puoi dirci riguardo gli antagonisti del romanzo? Chi o cosa ti ha ispirato?

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Per quanto riguarda Everett il fulcro dell’ispirazione è stato il professor Moriarty di Sherlock Holmes. Mi piaceva l’idea di un mezzo genio totalmente privo d’empatia, pronto a usare ogni mezzo per raggiungere i suoi scopi. Però non amavo il fatto che perpetrasse un male fine a se stesso, così ho cercato d’approfondire le sue motivazioni e la risposta è arrivata da Skald.

Entrambi sono afflitti dal medesimo male di vivere, ma affrontano la problematica in modo diverso. Everett vi soccombe e individua quel male nel mondo che lo circonda. Skald, invece, preferisce lavorare per crescere e liberarsi di quell’ombra che lo trascina verso la morte. Mi piaceva l’idea di questo incontro scontro tra i due.

Lo Schiacciasogni, invece, trova la sua origine direttamente nel nome. È una creatura costruita apposta per distruggere i sogni e le speranze degli altri. L’idea è nata durante una cena con un amico in cui confessava di temere più di ogni altra cosa il giorno in cui avrebbe dovuto rinunciare ai suoi progetti. Infine, Omega ha semplicemente ceduto alla sua natura guerresca, dando sfogo alla sua furia. Lei ha avuto origine da una delle mie più grandi paure, quella di perdere del tutto il controllo sugli istinti più ferali che albergano in ognuno di noi.

Come stai vivendo il presente da scrittore in quest’epoca dei social media, dove si pubblicano migliaia di libri l’anno che comportano tantissima concorrenza?

È tutto molto strano. Un po’ perché non sono un grande animale da social e ho i miei tempi per muovermi a livello informatico (come ha potuto constatare la povera intervistatrice, scusami Lu). Un po’ perché nonostante la mia incapacità a livello di social la carriera sta andando molto bene, i miei libri sembrano interessare il pubblico e le possibilità aumentano ogni mese che passa. Forse l’aver scritto qualcosa di diverso dall’offerta degli altri autori mi ha avvantaggiato, ma al momento sono molto felice delle opportunità di questa strana, assurda carriera.

Cosa consiglieresti agli autori esordienti che lottano per farsi strada nel mondo editoriale italiano?

Il coraggio di osare. Moltissimi editor e insegnanti di scrittura creativa insistono tantissimo su regole fisse per scrivere bene o su percorsi obbligati per raggiungere il successo. La verità è che non esiste una strada uguale per tutti e che omologarsi agli altri autori di certo non giova a nessuno. L’unico modo per poter sperare di vivere come scrittori è il coraggio d’essere se stessi e la perseveranza di non mollare mai. È un ambiente duro e pieno di cialtroni, ma ci sono professionisti seri e persone che credono ancora nella possibilità di sognare. Perciò non credete mai a chi dice che è impossibile. Ci vuole competenza e talento, è vero, ma laddove non arrivano loro può sempre arrivare il duro lavoro.

Puoi svelarci qualcosa dei tuoi prossimi progetti editoriali?

Il primo in uscita sarà un romanzo epic fantasy, il primo di una saga, in uscita con la Dark Zone per il Lucca Comics. È un lavoro a cui tengo tantissimo perché è stato il primo romanzo di cui mi sono occupato, ancora più vecchio della Fiamma Azzurra.

Al suo interno c’è un personaggio cui sono legatissimo, Alavrill, con cui ho condiviso un percorso di crescita enorme e che per anni ha rappresentato buona parte della mia natura. Ora non più, ma se non fosse esistito lui ora non sarei la persona che sono.

Il secondo è un thriller top secret di cui ancora non posso divulgare troppe informazioni. Posso solo dire che sarà scritto con una tecnica molto particolare e avrà diversi personaggi.

Grazie di cuore per essere stato con noi e continua a farci sognare con i tuoi libri.

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