Abbiamo il piacere di ospitare sul nostro portale Samuele Fabbrizzi, autore di Old Boys edito da Dunwich Edizioni.

Buongiorno Samuele,
ti diamo con piacere il benvenuto sul nostro portale informativo. Grazie per aver accettato la nostra intervista riguardo al tuo libro Old Boys. Ecco le nostre domande per te.

La tua storia è cruenta. Dura e spietata, punta dritto al dunque senza troppi giri di parole. I tuoi protagonisti si trovano espiantati dalla condizione di umani, costretti a interpretare il ruolo di semplici capi di bestiame. Qual è il messaggio generale che volevi trasmettere al lettore con questo ribaltamento di situazione?

 Il messaggio è chiaramente di stampo animalista. Ogni giorno i nostri vizi comportano la morte di milioni di animali. C’è molta insensibilità in merito all’argomento, purtroppo, come se non ci riguardasse da vicino, poiché si ha l’assurda convinzione che l’essere umano non sia parte della natura bensì padrone di essa.

Un tempo si credeva che la carne fosse fondamentale per una giusta alimentazione, ma ormai questo è un concetto superato. Ci sono centinaia di prodotti in circolazione con lo stesso quantitativo proteico e con molti meno grassi, quindi mangiare carne nel 2020 non è più una questione di necessità ma di sciocco egoismo.

Lev Tolstoj scrisse “Se i macelli avessero le pareti di vetro, saremmo tutti vegetariani”.

Photo by Zachary DeBottis from Pexels

 

Personalmente non ne sono convinto. In questo periodo storico reperire informazioni è molto semplice. Ognuno di noi sa bene le torture psicofisiche e le pessime condizioni igieniche alle quali vengono sottoposti gli animali, ma a molti, troppi, non interessa. Perché la carne piace. Perché la società ci ha indottrinato a reputare le bestie inferiori. Perché abbiamo avuto la “fortuna” di nascere uomini anziché conigli, mucche, suini o bovini…

In OLD BOYS ho voluto invertire i ruoli nella speranza di sensibilizzare i lettori e magari convertirli a uno stile di vita VEG.

Nella mia opera, non sono maiali quelli che sovrappopolano un porcile lezzo, privo di luce e areazione, in cui le infezioni e la pazzia sono dietro l’angolo. Non sono oche quelle a cui vengono strappati i capelli per imbottire piumoni e giacconi invernali. E non sono pulcini quelli buttati nel frullatore per essere trasformati in nuggets.
Sono esseri umani.

Come mai la scelta di ambientare la vicenda negli Stati Uniti, più precisamente in Texas?

È una bella domanda alla quale è difficile rispondere razionalmente. Molti dei miei romanzi – quasi tutti, oserei dire – sono ambientati in Texas, eppure non l’ho mai visitato, se non attraverso le pellicole hollywoodiane e gli scritti di Lansdale e Lee.

Mentirei se dicessi di non aver “subito” (in senso buono, ovviamente) l’influenza di registi horror quali Hooper, Zombie e Rodriguez, ma la mia devozione al Texas va oltre il raziocinio.

Non sono mai stato un tipo socievole, nemmeno da ragazzino, quindi posso affermare senza vergogna che i film sono stati i miei migliori amici. E continuano a esserlo. Sono cresciuto a pane (senza glutine) e cinema. Ma avrei potuto ambientare le mie storie a New York, per esempio, o Los Angeles, oppure San Francisco, e invece no: in Texas.

Ho sempre avuto una attrazione inspiegabile per quello stato, per i suoi abitanti (soprattutto i famosi redneck) e la sua storia.

Photo by Alec Sanchez on Unsplash

Credo che il Texas si sposi alla perfezione con il mio stile narrativo fatto di battute frizzanti, dialoghi botta e risposta, scurrilità, umorismo nero e personaggi volutamente stereotipati, spesso un po’ ottusi e dal grilletto facile.

Nel tuo libro troviamo una denuncia piuttosto chiara contro gli abusi dell’uomo sugli animali, in particolare la freddezza con cui le fabbriche alimentari spezzano la vita a tanti innocenti esseri viventi ogni giorno. Ti sta molto a cuore questo argomento?

Sì, da animalista e vegano è un argomento che sento nel profondo. Può sembrare sciocco, ma soffro tremendamente per i soprusi che subiscono gli animali. Durante la giornata e spesso anche durante la notte mi soffermo a pensare alle barbarie di cui si macchia l’essere umano dentro e fuori dagli allevamenti.

Per me è inconcepibile.

Ci illudiamo di vivere in una società civilizzata, eppure esistono ancora circhi, zoo, acquari, parchi acquatici, caccia, palî, corride e combattimenti fra cani. Per non parlare delle tradizioni retrograde come la macellazione islamica, il Yulin Dog Meat Festival, il massacro degli agnelli a Pasqua e gli eventi spagnoli in cui folle di primitivi (perché questo sono) lanciano capre dal campanile, bastonano polli a morte, massacrano e strangolano tori, decapitano oche vive e ne appendono le teste in piazza, schiacciano mucche coi trattori, gettano vitelli nel vuoto e lapidano delle galline. Oltre a questo, quanti crimini sugli animali ci giungono quotidianamente alle orecchie?

C’è da vergognarsi a essere nati “umani”.

Photo by Jaku Arias on Unsplash

Tra le pagine di questa storia hai analizzato l’uomo anche da un altro punto di vista, quello della lussuria, dimostrando che lontano da occhi indiscreti tutti siamo capaci di liberarci facilmente dei nostri freni inibitori, proprio come Mal e gli altri uomini all’interno della fabbrica sotterranea. Con questo volevi insinuare che in qualche modo noi siamo le vere bestie?

 Esattamente.

L’uomo è l’unico animale che pensa il male e lo mette in pratica. Non è questione d’istinto, di natura, l’essere umano ragiona, pianifica una violenza, sceglie di infliggere dolore.

Il finale circonda l’avventura degli Old Boys con un velo di mistero, e lascia presagire che la fabbrica sotterranea degli orrori potrebbe essere ovunque, in qualsiasi momento. Qual è la sensazione ultima che volevi suscitare nel lettore?

Senza spoilerare il finale, volevo che il lettore continuasse a farsi delle domande anche a romanzo concluso. Anziché risolvere la questione ho voluto infittire il mistero. È così che funziona negli States (e un po’ ovunque), giusto? Il popolo non deve sapere. Non importa essere dei complottisti per riconoscere che i cittadini vengono informati solo del 10% mentre il resto viene insabbiato.

Per di più ho voluto inserire delle figure misteriose che compaiono spesso nei resoconti di persone che hanno vissuto esperienze “particolari”.

Ho apprezzato molto la vena sarcastica che percorre tutto il libro, ha alleggerito un po’ il susseguirsi degli eventi. Fa parte del tuo carattere personale, il sarcasmo?

 Il sarcasmo fa parte del mio stile narrativo e del mio carattere.

È per questo che ho tanti amici.

È stato difficile scrivere questo libro? Quale scena ha per te un significato particolare?

Rispondere a questa domanda significherebbe cadere nello spoiler.

Non ho scene preferite perché credo che ogni tassello sia importante per il completamento di un puzzle, ma in quanto a significato… be’, il finale ha molto a che fare coi miei affetti (ho un volpino e ora la famiglia si è allargata).

Comunque non è stata difficile la stesura del romanzo bensì la documentazione. Sapevo già molte cose in merito agli allevamenti intensivi, ma guardare i video e leggere le descrizioni degli attivisti è stata una tortura.

Una volta ottenute le informazioni, è davvero difficile non diventare misantropi.

Ultima domanda. Un lettore è indeciso se avventurarsi nei meandri oscuri di Old Boys: consigliane la lettura con quattro aggettivi!

Quattro aggettivi?

E io che pensavo che il mio stile narrativo fosse già abbastanza sintetico!

Comunque: crudo, frizzante, riflessivo e angosciante.

Grazie Samuele per averci donato un po’ del tuo tempo. È sempre bello scambiare due parole con l’autore.

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